D.Piero e Daniela, da parte loro, conoscono benissimo i meccanismi conseguenti
questa mentalità ecclesiale e li hanno sfruttati abilmente. Dopo
il fallimento dei primi tentativi di ottenere consenso alla loro unione
all'interno dei pochi intimi dei tempi pionieristici, hanno ripiegato su
un più pragmatico adattamento alla mentalità corrente cavalcando
le "giustificazioni" e stornando i sospetti. Hanno presto capito che le
"giustificazioni" erano lì a portata di mano: bastava non urtare
eccessivamente il senso comune (ecco la "comunità"). Con le debite
cautele i sospetti non potevano mai sorpassare la soglia della chiacchiera
leggera, della mormorazione scontata, del cicaleccio morboso... in una
parola si squalificavano da soli!
Con questa strategia prudente e ostinata insieme, la loro convivenza si
è automaticamente legittimata attraverso le vane edizioni comunitarie,
il sostanziale disinteresse della Curia, l'inevitabile approvazione che
scaturisce dalla consuetudine, e, soprattutto negli ultimi dieci anni,
il successo di Caresto. Di qui quell'autentica mostruosità che è
divenuta Caresto: una sedicente "comunità religiosa", anzi eremo
uome si è voluto chiamare ancor più ambiguamente, in cui
si evadevano sistematicamente tutte le più elementari esigenze comunitarie
e religiose a partire dalla sincerità e dalla parità delle
relazioni per arrivare alla totale assenza di preghiera e di cura spirituale.
Anche l'impossibilità di approdare ad un'effettiva vita comunitaria con altre persone era evidente e andava "giustificata" anche da d.Piero e Daniela! Come? «noi non siamo una comunità, a noi la comunità non interessa, non abbiamo tempo per le attenzioni reciproche... » e via di questo passo.
Tutta la verità ce la fece notare un amico sposato.
Le sue testuali parole: «Caratteristico del matrimonio è che
il gesto d'amore più intimo richiede un pubblico riconoscimento:
io amo lei e lei ama me! Questo protegge dalle ambiguità e dalle
doppiezze tipiche degli amanti. D.Piero e Daniela si sono autocondannati
a nascondere il loro amore, di qui quella riservatezza impenetrabile propria
degli amanti che gli sposi non hanno, perché non devono nascondere
di essere insieme. Loro due invece si! E di qui, contemporaneamente, quello
schizofrenico ma opportunistico ricerca o bisogno di apparire di far comunità
con altri!... Quand'anche non fossero più amanti, saranno sempre
dei complici: una tortuosa e torbida storia comune li obbliga a questo
e sporca e divora tutto ciò che toccano!»