George W. Bonaparte
 



di Maurizio Molinari, La Stampa



LO STORICO PAUL JOHNSON ELENCA TUTTI GLI ERRORI DI NAPOLEONE - UN LIBRO CHE UTILIZZA IL PASSATO PER AMMONIRE IL PRESIDENTE USA

George W. Bonaparte

Le gesta dell’imperatore «da non imitare mai»: strumentalizzando la richiesta di riforme e di libertà diede vita al primo regime totalitario

di Maurizio Molinari

«All'inizio del XXI secolo dobbiamo imparare dagli errori di Napoleone Bonaparte per capire che cosa non si deve fare per guidare un impero». Inizia così il saggio Napoleon (190 pagine, edito dalla Viking Book di New York) con cui lo storico Paul Johnson descrive freddamente il decalogo del non fare per chiunque voglia guidare una nazione egemone nella propria epoca. E’ il terzo libro uscito nell’America di George Bush che affronta, fra politica e storia, il tema di come un impero deve essere gestito, quali devono essere i suoi valori e principi fondamentali. Il dibattito che tiene banco è sulle caratteristiche che il primo impero del XXI secolo deve, o non deve, avere per garantirsi progresso economico e successo politico.

Il primo a gettare il sasso nello stagno fu l’ex Segretario di Stato dell’amministrazione Nixon, Henry Kissinger, con il suo Does Us Need a Foreign Policy? (Gli Stati Uniti hanno bisogno di una politica estera?) nel quale suggeriva a Bush di mandare in soffitta una volta per tutte l’isolazionismo dei repubblicani duri e puri in favore di una nuova proiezione americana nel mondo con primo obiettivo la creazione di una grande area di democrazia e libero scambio dall’America Latina alla Siberia.

Poi è stata la volta del saggista Robert Kaplan, penna di punta di Atlantic Monthly, che con Warrior Politics indicò alla Casa Bianca come via da seguire gli esempi che vengono dai grandi imperi dell’Antichità classica al fine di indovinare come vincere guerre ed anarchia nel nuovo secolo.

Adesso a dire la sua è lo storico britannico Paul Johnson che rovescia l’approccio di Kissinger e Kaplan e anziché dare suggerimenti sul «cosa fare» enumera freddamente gli atti e le scelte che un buon condottiero imperiale non deve «mai» compiere. La riflessione di Johnson ruota attorno alle gesta del còrso Napoleone Bonaparte, l’imperatore di Francia «da non imitare mai» perché strumentalizzando la richiesta di riforme e libertà del suo popolo diede vita al primo dei regimi totalitari dell’epoca moderna, precursore dell’assolutismo e delle dittature del Novecento a partire da Mussolini, Stalin e Hitler. Johnson parla di Napoleon rivolgendosi chiaramente a Bush - pur non nominandolo mai a differenza di Kissinger e Kaplan - ed elenca quindi con freddezza le caratteristiche che un leader non deve avere, pena la perdita dell’impero e la morte in esilio: opportunismo politico, violenza militare distruttiva, carenza di immaginazione, passione per la guerra totale, disattenzione per l’economia, sfruttamento alla cultura nazionale come un’arma.

L’opportunismo politico. Napoleone non fu un ideologo ma un opportunista che sfruttò l’incidente della rivoluzione francese per proiettarsi in cima al potere. I casi di Gran Bretagna e Svezia dimostrano che i francesi ottennero con la forza e con il sangue ciò che avrebbe potuto essere ottenuto con mezzi pacifici. La rivoluzione in Francia portò ad un assolutismo di cui beneficiò solo Napoleone. Invece di prendere esempio da George Washington che trasformò le vittorie militari in progressi civili e rinunciò al ruolo della forza in favore dello stato di diritto, Napoleone ripose sempre fiducia nelle baionette perché la violenza era l’unica lingua che capiva.

Violenza distruttiva. Napoleone travolse l’Europa con le guerre più distruttive che il continente avesse mai conosciuto fino a quel momento, per la prima volta grandi eserciti ebbero un ruolo decisivo sui campi di battaglia ed i loro scontri si trasformarono in guerre di popoli. Prima l’Italia poi l’Europa Centrale ed infine Spagna e Russia divennero vittima delle conquiste di Napoleone. La Germania venne invasa a ripetizione e fu così che si generò un nazionalimo destinato a diventare aggressivo nei 150 anni seguenti.

Carenza di immaginazione. L’acquisto della Louisiana fu il più grande esempio di fallimento. La regione era talmente grande che avrebbe dato origine a 13 Stati degli Usa, la Francia si fece pagare appena quattro centesimi per ettaro per darla via. Se Napoleone avesse esplorato il territorio e creato un enorme dominio oltreatlantico, invece di costruire l’impero con le guerre in Europa, avrebbe arricchio e non impoverito la Francia.
Guerra totale. Con Bonaparte si affermò un nuovo concetto di guerra articolato in nuove istituzioni: la polizia segreta, lo spionaggio su larga scala da parte di professinisti, la macchina di propaganda del governo, la falsificazione di movimenti ed elezioni in apparenza democratiche. Durante la campagna in Egitto Napoleone sfruttò abilmente le informazioni in possesso per far credere a Parigi che la sconfitta subita non fosse davvero tale.

Disattenzione per l’economia. La Francia pagò un prezzo molto alto alle guerre di Napoleone in Africa e in Europa perché nel periodo in cui l’Europa crebbe velocemente i francesi si impantanarono nella stagnazione passando da potenza di prima classe a potenza di seconda classe.
La cultura come arma. Nato quasi italiano, Napoleone divenne francese e sfruttò la cultura francese come una quinta colonna nel campo nemico per sedurre defettori ed anche intellettuali come Hegel. Lo Stato totalitario del 20° secolo in Russia, Italia e Germania, che sovrapponeva cultura, Stato e potere, fu conseguenza dell’eredità del modello di totalitarismo di Napoleone.

Il messaggio di Johnson è paludato ma tagliente: prima di studiarsi le battaglie dell’antichità e progettare la diplomazia dei prossimi 50 anni, Bush farebbe bene a tenere a mente i sei errori che furono fatali a Napoleone Bonaparte ed alla Francia. Al fine di non commetterli mai. Immergere i consigli di Johnson nell’agenda del presidente ne consegue il suggerimento che Bush deve scommettere sull’immaginazione personale e l’affidabilità economica per vincere le sfide che ha di fronte, respingendo chi gli suggerisce di condurre guerre totali in giro per il mondo e di applicare leggi illiberali negli Stati Uniti.

25 luglio 2002







questo articolo è tratto da un elenco di documenti riguardanti i "neoconservatori" o "neocon" americani presenti sul sito di Fisica/Mente. Non rispecchia quindi necessariamente l'opinione del curatore del sito Kelebek. Fare clic qui per la pagina principale di questa parte del sito, dedicata ai neoconservatori.




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