Anche noi siamo diventati deprogrammatori



Abbiamo appena avuto l'onore di prendere parte al rapimento di una giovane donna  che chiamerò Fadija. Chiamatela come preferite - liberazione, deprogrammazione, sequestro di persona. Precisiamo, visto che qualche lettore non lo ha capito bene, che si usa il termine "deprogrammazione" qui in senso volutamente ironico, visto che Introvigne accusa tutti i suoi critici di essere "deprogrammatori". A scanso di equivoci, sono profondamente contrario alla "deprogrammazione", che comunque non si è quasi mai praticata in Italia e che in altri paesi è - fortunatamente - una questione del tutto superata.

Per il racconto completo, si veda la sezione di questo stesso sito dedicato all'espulsione dei Roma o "zingari" dal Kosovo.
Di Miguel Martinez. Novembre 1999.

L'episodio getta una luce interessante su un'altra questione: il conflitto tra "critici delle sètte" e "apologeti delle sètte", a cui è dedicata buona parte del nostro spazio.
In questo articolo, racconterò brevemente come abbiamo liberato Fadija. Seguirà una nota sul conflitto critici/apologeti e infine un'analisi dei diversi punti in contatto fra le due questioni.
Prima di andare avanti, desidero precisare che l'intera operazione è stata compiuta con il consenso della ragazza. Le spese, davvero irrisorie, sono state tutte a mio carico, considerato lo stato di totale indigenza in cui vive la famiglia.
Fadija è una Rom (ciò che le persone comunemente chiamano "zingari") del Kosovo, che all'età di sedici anni si è sposata con Kadim, un uomo grosso e brutale che abita a Zagabria. Lo aveva già lasciato una volta, ma era tornata a causa dei loro bambini. Fino a un mese fa, non abbiamo avuto più notizie da lei; in seguito, grazie a una serie fortuita di coincidenze, abbiamo appreso cosa stava accadendo.
Per undici anni, Fadija è stata qualcosa di peggio di una schiava. Kadim era solito tornare ubriaco la sera e malmenarla. L'aveva costretta ad avere sei figli per ottenere gli aiuti statali per famiglie numerose. Kadim stava inoltre per avviarla alla prostituzione. Oltre al ricatto dei figli, l'obbedienza veniva assicurata dal fatto che la famiglia abita in una palude isolata oltre l'estrema periferia di Zagabria, dalla presenza dei sei fratelli maschi di Kadim e infine dalla distruzione dei documenti di Fadija. Kadim fra l'altro di recente ha accoltellato una donna e violentato un'altra.
In compagnia di Leila, sorella di Fadija, mi sono recato a casa di Kadim per toccare con mano la situazione. Kadim è riuscito a presentarsi molto bene. Una figura ursina ma cortese, la moglie che sorrideva e rideva. L'unico segno che qualcosa non andava era dato dal silenzio dei bambini. All'alba, la moglie che sembrava così felice mentre si trovava sotto sorveglianza mi indicò un'ampia chiazza di sangue sulla parete, segno di un recente pestaggio, e mi disse sussurrando che era pronta a fuggire all'istante...
Le autorità croate sono rimaste del tutto indifferenti. Secondo loro, si trattava di una faccenda "privata", "di famiglia." Leila è una ciganka dalla pelle scura e parla serbo... in Croazia.
Grazie a una straordinaria combinazione di ingegno e fortuna e al sostegno di un'eroica femminista croata, siamo riusciti a trarre in inganno Kadim e a portar via Fadija - Leila schiacciava il pedale dell'auto fino in fondo, mentre un folto gruppo di amici e parenti di Kadim ci dava la caccia.
Abbiamo condotto Fadija in un nascondiglio ben protetto, con una psicologa, un medico e il sostegno di altre donne che avevano vissuto orrori analoghi.
Non so se ce la farà. È una delle persone più coraggiose che io abbia mai incontrato. Però suo marito ha i bambini. Oltre a schierare i suoi in Croazia, in Slovenia e forse anche in Italia alla sua ricerca, Kadim ha dato avvio a una campagna di pubbliche relazioni, a quanto pare con discreto successo, lamentandosi presso la polizia e gli assistenti sociali di essere stato abbandonato con sei bambini.
Al mio ritorno da Zagabria, sono venuto a sapere che c'era qualcun altro, oltre a Kadim, che mi stava cercando: l'avvocato di Introvigne. Massimo Introvigne è un avvocato egli stesso, che dirige un'organizzazione denominata CESNUR, "Centro studi nuove religioni", che abbiamo analizzato in maniera critica nel nostro spazio. Introvigne è inoltre un dirigente del movimento di destra "Alleanza Cattolica", che associa nozioni medievali sulla "cristianità" politica e l'Inquisizione a un culto assai più moderno della proprietà privata, preferibilmente in grosse quantità.
Il CESNUR presenta ciò che molti chiamano "sètte" come "idee": ciò che conta non è questo o quel gruppo composto da persone reali, con i loro effettivi rapporti umani, ma l'"idea", poniamo, della reincarnazione. Il CESNUR sostiene che qualunque cosa abbia idee "religiose" sia un baluardo a difesa dell'ordine sociale, pertanto dovrebbe essere esentato dal pagamento delle tasse e da ogni indagine critica. Gli ex-membri delle "sètte" che rovinano la bella immagine di tali gruppi vengono etichettati come "apostati" e non devono essere ascoltati. I gruppi poi non "controllano" le persone sotto il profilo sociale: gli individui vi aderiscono e li lasciano liberamente. Se i gruppi violano la legge in modo eclatante, ad esempio commettendo omicidi, i singoli membri possono essere processati, ma mai l'organizzazione in sé.
Questo in estrema sintesi il modello di pensiero che definiremo degli "apologeti dei culti." Esso non viene mai presentato per ciò che è: la legittima opinione personale di estremisti ideologici. Anzi, il CESNUR si presenta come organizzazione "scientifica" e come consulente di istituzioni sia in Italia che all'estero.
Recentemente, ho ricevuto in copia via posta elettronica uno scambio tra Introvigne e altri a proposito del CESNUR. Il CESNUR si è sempre presentato al mondo come se fosse un Ente riconosciuto e finanziato dallo Stato italiano (attraverso la regione Piemonte). Quando abbiamo fatto notare che questo significava che il CESNUR aveva adoperato fondi pubblici per realizzare una "ricerca" in cui veniva affermato che chiunque criticasse Massimo Introvigne era un "terrorista estremo," Introvigne all'improvviso ha cominciato a smentirsi. Adesso pare che sostenga di appartenere a una famiglia assai benestante e di essersi arricchito ancora di più come avvocato esperto di brevetti, e di pagare egli stesso per la maggior parte delle spese del CESNUR dalle sue ampie tasche; ma sostiene anche di spendere ancora di più per le sue vacanze e per la sua collezione di libri antichi. Pertanto, secondo questa nuova versione, il CESNUR non è affatto una sorta di servizio pubblico, ma semplicemente l'hobby privato di un eccentrico milionario.
I due argomenti - la storia di Kadim e quella di Introvigne - hanno diversi punti in comune. La loro analisi rivela la natura dell'intero scontro tra il CESNUR e i suoi critici. Perché il modello di pensiero degli apologeti dei culti non si limita alle "sètte." Proprio perché è un "modello", esso offre un metodo che è possibile applicare a molte situazioni differenti.
Abbiamo detto che l'approccio del CESNUR si basa sulle "idee". Quella di Kadim è certamente una "famiglia" nel senso astratto: un uomo e una donna sposati sia secondo i costumi Rom che secondo la legge croata; una casa; dei figli... Chi pensa secondo il modello apologetico di conseguenza potrebbe facilmente dire che "interferire" con la famiglia di Kadim significa attaccare tutte le famiglie, forse nel nome di un'altra "idea" astratta, ad esempio il "laicismo."
Al contrario del CESNUR, noi guardiamo ad esseri umani in carne ed ossa. Alcuni di questi esseri umani sono più o meno felici nel contesto di una "famiglia", altri sono vittime di situazioni realmente spaventose. "Famiglia" o no, ciò che ci interessa sono le persone reali e i loro rapporti effettivi. Che un certo gruppo sia o meno una "religione" o una "famiglia" o qualunque altra cosa dal punto di vista tecnico, non ci interessa minimamente; ciò che conta è sapere se un dato sistema si fonda sulla schiavitù e la violenza oppure no.
Il secondo punto importante che ci divide dal CESNUR è questo: dobbiamo accordare la nostra preferenza alle narrazioni delle istituzioni o a quelle delle loro vittime?
Nel nostro caso, si trattava in larga misura della parola di Kadim contro quella di Fadija. Una famiglia Rom seduta per terra sotto grandi arazzi, in una casa senza acqua corrente, può apparire piuttosto lontana dalle tipiche foto a colori di persone sorridenti che i culti amano presentare nei loro depliant, ma il risultato è lo stesso. Naturalmente, il quadro potrebbe corrispondere alla realtà. Tuttavia è anche ovvio che Kadim abbia tutto da guadagnare da questa presentazione, che gli agevolerà amicizie e disarmerà i suoi nemici. Invece Fadija rischia la sua stessa vita quando parla. Decidendo di seguirci, ha compiuto un passo in un mondo assolutamente sconosciuto, con costi inimmaginabili.
Questa è la differenza basilare tra noi e Introvigne. Siamo d'accordo entrambi che ogni testimonianza è imperfetta, che tutti possono esagerare, addirittura che singoli testimoni possano essere completamente inattendibili. Ma al dunque, Introvigne crederà ai Kadim di questo mondo e noi alle Fadija.
Se qualche lettore esitasse a credere che gli apologisti delle sètte sono dalla parte dei Kadim, ecco una tipica citazione di un eminente apologeta dei culti, in cui descrive gli "apostati":

"L'apostata ha generalmente bisogno di giustificare se stesso. Cerca di ricostruire il suo passato, di scusare le sue affiliazioni precedenti e di biasimare coloro che erano stati i suoi colleghi più prossimi. Non è dunque raro che impari a fabbricarsi una 'storia di atrocità' per spiegare come […] è stato condotto ad aderire, quindi gli è stato impedito di abbandonare un'organizzazione che oggi disapprova e condanna. Gli apostati, le cui narrative sono sensazionalizzate dalla stampa, cercano talora di trarre profitto dalle loro esperienze vendendo i loro racconti ai giornali o pubblicando libri (spesso scritti da 'negri')."
(Bryan R. Wilson, The Social Dimensions of Sectarianism, Clarendon Press, Oxford 1990, p. 19, citato in Massimo Introvigne, "Il fantasma della libertà: le controversie sulle 'sette' e i nuovi movimenti religiosi in Europa", in Cristianità, n. 264, Aprile 1997, p. 22.)

I sostenitori del CESNUR probabilmente diranno che le questioni sono distinte: Scientology ad esempio è una "religione", il "Kadim-ismo" non lo è. Questo ovviamente deriva dall'assunto di base dell'apologeticismo, vale a dire la nozione secondo la quale, se una cosa entra nel cassetto delle "religioni", non avrà a che fare con nient'altro.
Non siamo d'accordo per due motivi. Che cosa è in fondo il cassetto "religioni"? Non esiste alcun accordo su cosa sia una religione. Introvigne stesso la definisce, all'incirca, così: una religione è qualunque cosa riesca a farsi chiamare tale dalla gente; ma siccome la gente comune non è in grado di giudicare queste cose, per "gente" si devono intendere gli "esperti." E va da sé che Introvigne sia il principale "esperto" auto-nominato d'Italia. In breve, religione è ciò che il nostro decide di chiamare tale.
Comunque, la religione è ben presente in questo caso. La casa di Kadim è decorata con grandi arazzi dove si osserva il pellegrinaggio alla Mecca e da due tappeti di preghiera sulle pareti, mentre il Corano viene preservato in una nicchia dietro una tenda. Di certo Kadim trova giustificazione del suo comportamento in qualche interpretazione dell'Islam. E certamente crede che Allah sia dalla sua parte. Non si tratta ovviamente di una colpa dell'Islam o di qualche altro ente astratto. Avevamo pochi minuti per scappare con Fadija, per cui abbiamo dovuto rinunciare a un gesto importantissimo: lei avrebbe dovuto portare il Corano con sé, per dimostrare come i sentimenti religiosi sinceri e profondi non sempre devono servire per sfruttare e opprimere le persone.
Non dobbiamo dimenticare che ogni fenomeno umano può appartenere contemporaneamente a diverse categorie. Una vedova in pensione e un club di appassionati di nautica sono entità diverse da molti punti di vista. Per un postino, tuttavia, sono entrambi indirizzi. Noi non vogliamo negare che Kadim sia un musulmano dal punto di vista religioso, cosa che lo pone nella stessa categoria di milioni di bravissime persone (tra cui Fadija stessa). Ma dal punto di vista del comportamento umano, che è ciò che ci interessa, appartiene alla medesima categoria di ogni altro magnaccia. Il trucco semantico degli apologeti funziona così: se riusciamo a dimostrare che Kadim è un musulmano, egli cessa di essere un magnaccia. E da ciò deriva una conseguenza molto concreta: non si può fare nulla per salvare Fadija, la cui vita diventa una "faccenda di famiglia."
Il CESNUR nega l'esistenza del "controllo mentale". Ma Fadija è "controllata" o no? Certamente, l'incessante violenza fisica a cui è stata sottoposta distingue il suo caso da quello della maggior parte dei "culti." Ma sappiamo anche che Fadija è già riuscita a fuggire una volta. Ed è tornata a causa dei bambini. "Liberamente", senza nessuno che le puntasse una pistola alla tempia. E forse tornerà ancora. Nel corso di undici anni, può formarsi ogni genere di rapporto complesso tra una prigioniera e il suo carceriere, soprattutto quando il suo corpo è stato usato ripetutamente per produrre bambini. Ma io vedo Fadija come una schiava, il CESNUR la vedrebbe come una persona che ha aderito "liberamente" a un contratto matrimoniale che in ogni momento può interrompere con altrettanta libertà.
A questo punto giungiamo alla questione delle leggi. Introvigne, egli stesso un avvocato, ha affermato ripetutamente che le questioni riguardanti i culti dovrebbero essere decise in tribunale; è arrivato addirittura a sostenere che spetta ai tribunali decidere se esiste o meno il "controllo mentale"!
Ora, Fadija potrebbe facilmente avere giustizia. Basterebbe che pagasse un avvocato e ottenesse il divorzio; un giudice alla fine avrebbe deciso la sorte dei suoi figli. Se non lo ha fatto, la colpa è sua.
La vita reale però è un'altra cosa. Kadim ha bruciato tutti i documenti di Fadija. Ciò costituirebbe certamente un reato da parte di lui. Ma come dimostrarlo? E come potrebbe Fadija fare causa a Kadim mentre vive nella sua casa? Eppure, senza documenti, Fadija non può attraversare la frontiera per raggiungere i suoi parenti. Quando è scappata con noi, aveva indosso solo i suoi vestiti - come Introvigne ama dire, i buoni avvocati costano. E non è difficile immaginare da chi il nostro buon legale preferirebbe farsi pagare, dovendo scegliere tra Fadija e un magnaccia di successo.
La famiglia di Kadim vive in una zona totalmente isolata, all'interno di una palude - una situazione di isolamento simile a quella vissuta in una "sètta." E chi mai testimonierà in tribunale contro Kadim? I suoi fratelli che partecipano ai suoi "affari"? Suo padre e sua madre, che lui stesso ha malmenato più volte? I complici che vengono a fargli visita di tanto in tanto? Tutti sappiamo che legge e giustizia non sono sinonimi, ma in questo caso la differenza è sin troppo ovvia.
Il CESNUR sostiene che le persone entrano nelle "sètte" e le lasciano di loro libera iniziativa; però il CESNUR afferma anche che esiste un luogo dove il condizionamento avrebbe effettivamente luogo: il "movimento anti-sètte", costituito da "deprogrammatori violenti", anzi da "terroristi della frangia psicotica" (lunatic fringe terrorists), i quali "socializzano" gli ex-membri facendo loro inventare "racconti dell'orrore" a proposito della loro esperienza passata.
Nel nostro caso, Fadija ha avuto una fortuna eccezionale. Ha incontrato quella che certamente è la squadra più improbabile e improvvisata di deprogrammatori di tutti i tempi - una "zingara" zoppa, una femminista e il sottoscritto. Se Fadija ci avesse detto che non era disposta a seguirci, noi non l'avremmo condotta via, ma unicamente perché se lo avessimo fatto saremmo tutti finiti in carcere e Fadija sarebbe stata riconsegnata a suo marito (come nei casi classici di deprogrammazione, i genitori di Fadija mi avevano comunque pregato di usare la forza se necessario per impedire che la donna facesse ritorno ai suoi figli).
Chi ha seguito il dibattito sulle "sàtte" non avrà mancato di notare come gli apologeti delle medesime sono in genere estremamente conservatori, i quali tuttavia tendono ad adoperare un linguaggio molto progressista quando si tratta di "difendere la libertà religiosa." Il linguaggio, come anche la legge, può essere messo a servizio di qualunque scopo. Ad esempio, il fatto che abbiamo portato via Fadija potrebbe essere presentato a un pubblico "progressista" come una violazione della vita privata, oppure come un atto di razzismo contro i Rom; mentre a un pubblico "conservatore", la stessa azione potrebbe essere presentata come un attacco da parte delle femministe e dei loro sostenitori contro i valori tradizionali della famiglia. Oppure potrebbe trattarsi di un attacco antireligioso contro la concezione islamica del ruolo della donna. Sono certo che il lettore riconoscerà subito l'equivalente di ciascuna di queste affermazioni nei discorsi degli "apologeti delle sètte." Alla sua rozza maniera, Kadim sta già adoperando questa tattica, presentandosi come vittima.
Fadija non avrebbe potuto sopravvivere senza un ambiente protettivo. Un po' il sogno folle del "movimento anti-sètte": una casa segreta in cui persone che abbiano vissuto le stesse esperienze possano affrontarne i timori e curarne le ferite. Se ciò la "socializzerà" nel "fabbricarsi le sue storie di atrocità", possiamo solo ringraziare Dio dell'esistenza di tali socializzatori - socializzatori che operano a proprie spese e rischio, senza nulla da guadagnare. Solo un piccolo commento - Introvigne si è addirittura vantato di aver tenuto riunioni "a porte chiuse" con esponenti delle forze dell'ordine statunitensi, istigandole a prendere misure contro simili persone. Il CESNUR non solo sosterrebbe Kadim, ma addirittura chiamerebbe la polizia per chiudere il luogo in cui Fadija ha trovato rifugio.
Introvigne ci ha chiamati pubblicamente "terroristi estremi" perché non siamo d'accordo con lui. Si tratta di una lieve esagerazione. Io non avrei mai usato la violenza fisica contro Kadim. Innanzitutto, è almeno tre volte più grosso di me. Secondo, non intendo trascorrere anni in un carcere croato. E terzo, non ho alcuna esperienza nell'occultamento di cadaveri, soprattutto cadaveri così voluminosi.
Introvigne ha sempre sostenuto che la sua militanza in un gruppo estremista non ha nulla a che vedere con il suo "lavoro come studioso." Un'affermazione che sembra un po' sciocca se ricordiamo che per puro caso, quasi tutti i membri del CESNUR in Italia militano anche loro nello stesso gruppo estremista... comunque è chiaro che l'apologeticismo delle sètte rientra in un quadro ideologico assai più ampio: l'idea secondo cui le istituzioni hanno sempre ragione, che la colpa è delle vittime e che ogni ribellione costituisce una forma di "terrorismo." Idee che sono state tutte espresse in maniera esplicita dalla sorgente del pensiero introvignesco, Plinio Corrêa de Oliveira, il fondatore del gruppo brasiliano "Tradizione, famiglia e proprietà" (TFP). Introvigne ha più volte negato di ricevere "ordini" da questa organizzazione. Una smentita non richiesta, considerato che non avevamo mai parlato di "ordini." Ciò che conta invece è il fatto che tutto il suo approccio verso queste questioni riflette il modo di pensare della TFP. Gli scritti della TFP esprimono senza falsi pudori le stesse nozioni che Introvigne tende a mascherare dietro sofismi da avvocato e lunghe note bibliografiche.
Cogliamo l'occasione per ribadire l'ovvio. Può non essere importante sapere se un matematico, nel suo tempo libero, è un comunista. Nel caso tuttavia delle "scienze sociali", nelle quali il punto di vista personale è tutto, è di decisiva importanza conoscere tutto il possibile a proposito delle convinzioni ideologiche e del coinvolgimento professionale dell'autore.
Infine un commento sulla ricchezza economica di Introvigne, i libri e le vacanze di cui si vanta nella sua corrispondenza. I libri antichi e i viaggi sono tra le cose belle della vita, e chiunque abbia avuto la sfortuna di crescere all'interno di Alleanza Cattolica, la tetra organizzazione di cui fa parte Introvigne, merita certamente di godersi almeno queste.
L'immagine che Introvigne dà di se stesso è di qualcuno che si trova in perenne compagnia di uomini d'affari, accademici famosi, altri avvocati, uomini di Stato, leader di sètte e giornalisti adoranti. Il tipico esempio di sofferenza che egli può realizzare all'istante e che lo riempie di sdegno è il caso del telepredicatore statunitense che spese un milione di dollari per aprire una catena televisiva in Spagna, per poi scoprire che non gli avrebbero permesso di trasmettere semplicemente perché non si era ricordato di ottenere una licenza. Introvigne ha definito questo un episodio di "persecuzione religiosa."
Il mondo di Introvigne sembra un po' una telenovela. Forse è altrettanto onirico. Qualunque debuttante sa che le persone veramente ricche e potenti non si vantano mai delle loro conoscenze o del loro patrimonio. Prima della nascita del nostro sito, Introvigne era solito presentarsi ovunque come "sociologo"; ormai sappiamo tutti come stanno veramente le cose. Qualche dubbio anche a proposito della sua autorappresentazione come avvocato di "grande successo" emerge dal fatto che egli confessa, in inglese, sul sito web del suo studio legale, che gli viene consentita la pratica legale soltanto "localmente", insomma egli sarebbe ciò che un tempo veniva chiamato un "procuratore". Ma sono sicuro che Introvigne stesso potrà spiegarci meglio la faccenda.
In ogni caso, si tratta del mondo in cui Introvigne vorrebbe che gli altri pensassero che lui viva. Ognuno di noi sceglie che tipo di persone ci interessano e quali vogliamo frequentare. Introvigne è felice quando viene associato a telepredicatori, a capi moonisti e a scientologisti miliardari. Si tratta di una faccenda assai personale, ma fondamentale io mi sento vicino a tutt'altra gente.
Ecco Fadija, con i suoi disperati occhi indiani, i suoi denti rotti dai colpi di un forte pugno. Ecco Isnija, che perde i capelli per carenza di vitamine e il cui marito si trova in un carcere tedesco per aver violato qualche incomprensibile legge sull'immigrazione. Ecco Bajram, che domani sarà cacciato dalla sua minuscola ma pulitissima casa perché non può pagare l'affitto. Ecco Llulli, la sua casa bruciata dagli albanesi, in fuga attraverso l'Adriatico. Ecco Murad, la cui moglie ha perso tredici parenti, tutti annegati in mare mentre fuggivano dall'UCK, quando la vecchia nave su cui li aveva caricati la mafia montenegrina affondò.
Ed ecco infine altri miei amici. Lina, che ogni notte riceve minacce di morte da un'impresa multinazionale con la cui "libertà religiosa" aveva interferito cercando di sapere cosa era successo a sua figlia. Ecco Franco, che un giorno, per puro caso, è venuto a sapere che sua moglie era morta di cancro senza cure, perché la stessa multinazionale, a cui lei aveva dato la vita, non era più interessata a lei.
Prima o poi, cercherò di informarmi e di sapere che cosa rende così nervosa in questi giorni l'avvocatessa di Introvigne. Ma in questo momento non riesco a curarmi molto della reputazione, delle ferie o delle collezioni di libri di Introvigne. In fondo, sono sicuro, sanno tutte badare a se stesse nel migliore dei modi.

NOTA: La nostra amica è oggi più o meno al sicuro, per quanto lo si possa essere con una simile vita alle spalle. Il marito invece si trova in carcere per omicidio, avendo nel frattempo ucciso e poi dato fuoco al cadavere di un giovane di Zagabria. Massimo Introvigne continua a fare l'apologeta delle sette, ma la sua avvocata sembra essersi calmata: non la sento da diversi mesi.




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