24. In linea generale, il criterio teorico con cui Engels si muove è quello di non lasciare alla conoscenza filosofica uno spazio distinto, e tanto meno fondazionale, rispetto alla conoscenza scientifica. In questo, egli non tradisce affatto Karl Marx, ed anzi gli è fedele. Detto questo, egli oscilla fra tre distinte definizioni dello spazio filosofico. La prima è quella delle leggi generali del pensiero e della conoscenza umana. la seconda è quella della conoscenza scientifica del mondo. La terza è quella della concezione proletaria, operaia e socialista del mondo. Le prime due sono concezioni di tipo positivistico integrale, la terza è di tipo ideologico. Per poterle accettare, bisogna prima ammettere alcuni presupposti, fra cui quello per cui la concezione scientifica del mondo e quella proletaria si identificano in ultima istanza. Questo presupposto, ovviamente, si ispira ad una visione storicistica del progresso. Il proletariato è così definito come l'"erede" della borghesia, un tempo progressista e rivoluzionaria, ed ora reazionaria e conservatrice. Una simile impostazione, a mio modesto avviso, è tautologica, e non permette di definire con precisione i quattro significati di progressista, rivoluzionario, reazionario e conservatore. Questo "buco" teorico è poi sempre regolarmente riempito dai significati ideologici volta a volta dati dai capi politici e sindacali del movimento operaio. Questa genericità e questa vaghezza diventano così funzionali ad un uso manipolatorio della teoria di riferimento.
25. E tuttavia non è questo il punto essenziale della proposta filosofica di Engels. Il punto essenziale sta nei suoi "assi cartesiani ortogonali" con cui Engels delimita il suo spazio filosofico, l'ascissa e l'ordinata del suo spazio teorico. Ed essi sono appunto due, la dicotomia "ontologica" fra Materialismo ed Idealismo e la dicotomia "metodologica" fra Dialettica e Metafisica. Non ha senso criticare Engels se non si criticano i suoi assi cartesiani ortogonali, e cioè il suo spazio teorico in base a cui si orientava. Questo spazio teorico non c'è in Marx, ed è dunque tutta farina del sacco di Engels. La sua è una proposta indubbiamente geniale, come avviene per tutte le proposte semplici. A mio avviso, si tratta di una proposta assolutamente sbagliata, che non deve essere criticata solo nei particolari, ma che deve essere criticata radicalmente nel suo insieme. Essa infatti struttura uno spazio filosofico che è integralmente illusorio, una bussola con cui non si può navigare senza finire infallibilmente fuori rotta. Vediamo.
26. Iniziamo dalla prima dicotomia, quella fra Idealismo e Materialismo. La genesi diretta di questa dicotomia è una storia della filosofia scritta in tedesco dal positivista Ernst Laas, in cui questo illustre professore di università dicotomizzava l'intera storia della filosofia occidentale in termini di scontro fra Platonismo e Positivismo. Engels modifica (ed a mio avviso migliora) questa dicotomia di Laas, sostituendo al Platonismo l'Idealismo ed al Positivismo il Materialismo, senza però modificarne lo spirito e le intenzioni. La dicotomia viene peraltro declinata non in termini ontologici diretti, ma in termini gnoseologici, secondo l'approccio della filosofia universitaria tedesca dell'epoca, dominata dal cosiddetto "ritorno a Kant". L'idealismo affermerebbe il primato del pensiero sull'essere materiale, mentre il materialismo affermerebbe correttamente il primato dell'essere materiale sul pensiero. Questo dà luogo ovviamente alla cosiddetta "teoria del rispecchiamento", per cui è necessario che il pensiero non postuli l'identità fra soggetto ed oggetto (più esattamente, del soggetto conoscente e dell'oggetto conosciuto), ma riconosca la priorità dell'oggetto sul soggetto. Una simile teoria, peraltro, non si chiama materialismo, ma realismo gnoseologico, ed è ovviamente la teoria gnoseologica preferita dalle religioni, per cui il pensiero deve "rispecchiare" la volontà di Dio, o ciò che Dio, ci consente della conoscenza possibile del mondo (Tommaso d'Aquino, eccetera). Presa alla lettera, questa teoria non è l'eredità della filosofia classica tedesca, ma l'eredità della metafisica religiosa medioevale. Nulla di strano, perché dal Settecento in poi la Materia sostituisce Dio come riferimento ontologico e sostanziale e come vero e proprio medium omogeneo di interpretazione globale del mondo.
Secondo la studiosa greca Maria Antonopoulou, che ci ha scritto sopra uno studio voluminoso, questo materialismo "moderno" e borghese, dal Settecento in poi, non ha nulla a che fare con il vecchio materialismo di Epicuro e di Lucrezio. Il vecchio materialismo era l'involucro di un'etica, e non perseguiva la costruzione di un concetto metafisico globale di "materia". Lo stesso atomismo era un'ipotesi fisica assai più che metafisica, mentre la vera metafisica di Epicuro era la categoria di felicità e quella di Lucrezio la liberazione dalla paura della morte. Solo nel Settecento, sulla base anche delle ipotesi della scienza moderna, la Materia diventa veramente una categoria ontologica unitaria, la nuova "sostanza" di base del cosmo. La Antonopoulou fa l'ipotesi, su cui anch'io concordo, che questo non avviene a caso, ma è solo la duplicazione metafisica della contemporanea generalizzazione della forma di Merce, cioè della merce capitalistica che la prima rivoluzione industriale comincia a generalizzare. Al medium sociale omogeneo della Merce corrisponde metafisicamente il medium spazio-temporale della Materia. Lo spazio ed il tempo del capitale devono infatti essere omogenei, appunto perché monistici, globali e totalitari, e non possono essere duplicati e raddoppiati. La Materia è dunque la nuova base sostanziale della Merce, sia come spazio (commercio) che come tempo (profitto).
La Antonopoulou mi sembra nell'essenziale più plausibile di Engels. Il proletariato (materialista) diventa per Engels l'erede della filosofia classica tedesca (idealista). Qui qualcosa non quadra. E per capire che cos'è che non quadra, bisogna leggere il prossimo paragrafo.
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