Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Indipendenza è stato diviso in tredici parti.
All'introduzione
12. Nazione italiana, Europa, Mediterraneo. Il presente come storia. Coscienza
storica, memoria storica, liberazione.
Abbiamo chiesto molto alla pazienza ed alla concentrazione del lettore, ma ora
possiamo stringere le fila di quanto abbiamo detto. Il lettore avrà notato
che abbiamo detto alcune cose in modo particolarmente irritante. Lo abbiamo
fatto volutamente, ispirandoci al detto di George Bernard Shaw, che scrisse:
"Se volete dire qualcosa, ditelo in modo irritante, perché se non
lo dite in modo irritante, non vi staranno neanche a sentire".
In realtà G. B. Shaw era un grande ottimista, perché faceva dipendere
l'ascolto da una retorica dell'irritazione, rivolta evidentemente a richiamare
l'attenzione. Ma oggi questo principio funziona soltanto per la pubblicità
televisiva. Non bisogna farsi nessuna illusione sul fatto che le cose che diciamo
siano già ascoltabili da un numero rilevante di persone. Si tratta di
un'illusione illuministica, o se si vuole socratica, il pensare che basti che
la verità venga enunciata perché cominci immediatamente a fare
effetto. Esiste in realtà un'economia politica della verità, non
perché il valore d'uso della verità dipenda dal mercato (questo
è appunto il relativismo nichilistico, oggi imperante e legittimato dalle
oligarchie accademiche dell'insegnamento filosofico), ma perché il suo
valore di scambio dipende da rapporti di forza politici e sociali oggi soverchianti.
I gruppi intellettuali ulivisti, polisti e leghisti sono oggi sintonizzati su
altre lunghezze d'onda.
Pessimismo? Ma neppure per sogno. Semplicemente, sobrio realismo metodologico.
Le illusioni sono l'anticamera delle delusioni. Quanto diciamo (e quanto si
sforza di dire la rivista Indipendenza) è oggi contro corrente in modo
quasi insopportabile. Bisogna avere in proposito un atteggiamento calmo e meditato
di ottimismo strategico. È necessario rivolgersi a gente nuova, che si
affaccia ora all'esigenza di comprensione del mondo, e non credere di poter
riciclare gruppi e persone testardamente legati alla propria precedente dogmatica
concezione del mondo. È impossibile sapere se i tempi saranno insopportabilmente
lunghi, oppure se vi sarà un'imprevista accelerazione della storia. Le
eventuali accelerazioni della storia non sono prevedibili in alcun modo, per
cui non ha senso pensare con un orologio in mano. Non è così che
si elabora una teoria nuova.
Rimettiamo a fuoco il punto essenziale: l'identità e la memoria storica
della nazione italiana, costituite essenzialmente da una lingua e da una cultura
comune, messe in pericolo da una americanizzazione del pianeta, hanno oggi di
fronte un nuovo, terzo fattore di possibile nuova identità o di possibile
nuova disgregazione. Si tratta della situazione di integrazione europea, mentre
però permane la subordinazione americana, mantenuta con l'allargamento
della NATO, la cui sopravvivenza alla fine del sistema di stati del comunismo
storico novecentesco getta una luce sinistra sulla sua profonda natura. Ora,
la nazione italiana è inscindibilmente europea e mediterranea. Contro
questa profonda natura storica sedimentata nei secoli le oligarchie politiche
uliviste (ma quelle leghiste e poliste sarebbero ancora peggiori) hanno scelto
unilateralmente un'identità carolingia, peggiorata ulteriormente dal
mantenimento ricattatorio della NATO. Questo implica anche uno stravolgimento
del passato.
Ad esempio, sono esistite per secoli due Italie bizantina ed araba,
ma esse devono essere fatte culturalmente sparire, come se l'ortodossia e l'Islam
non appartenessero all'Europa. L'ossessiva insistenza sull'insegnamento della
sola storia novecentesca, ritenuta da molti ingenui e malconsigliati come una
positiva innovazione didattica, è in realtà l'anticamera per una
permanente manipolazione giornalistica della situazione storica presente. Ma
sapere che ci furono delle Italie bizantina ed araba, e ci furono per dei secoli,
sarebbe un grosso contributo per dare agli italiani una coscienza non solo carolingia,
ma anche balcanica e mediterranea, ed in questo modo si potrebbero prevenire
pericolosi coinvolgimenti neoimperialistici contro i popoli arabi e balcanici.
Vivere il presente come storia, e non farsene schiacciare, presuppone la conoscenza
del passato, compreso quello arabo e bizantino, assai più importante
delle tavole rotonde sul Sessantotto.
Ecco, vorremmo finire qui: la nazione italiana è inscindibilmente europea
e mediterranea. Potrebbe sembrare poca cosa, una conclusione modesta di fronte
alle considerazioni precedenti. Ma non è così, ed è anzi
il contrario. Queste conclusioni sono incompatibili con la NATO e con ogni possibile
futuro imperialismo europeo. Queste conclusioni implicano una rivoluzione culturale
ed un riorientamento pedagogico per il momento ancora impensabili. Esse giustificano
un impegno di lungo periodo, un vero e proprio patto fra generazioni. Per ora,
ci basti averne messo a fuoco il profilo generale.
All'introduzione
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