Un giornalista e il ministro degli interni inventano i Musulmani Buoni. Unione
delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia – ONLUS Nel Nome di Allah, il Compassionevole, il
Misericordioso In merito all’appello sottoscritto da alcuni
musulmani e musulmane d’Italia e pubblicato giovedì 2.9 su un grande quotidiano
nazionale, per il rispetto che dobbiamo alla nostra comunità e all’opinione
pubblica italiana, siamo costretti ad esternare alcune considerazioni di metodo
e di merito. La
domanda che la maggior parte dei lettori usi a seguire le dinamiche della
comunità islamica in Italia si sono posti è: “Come mai l’UCOII, la maggiore
organizzazione islamica presente in Italia, quella più impegnata con continuità
e coerenza nel dialogo con la società civile e in quello interreligioso, non è
tra i firmatari di questo appello?” Si
potrebbe agevolmente e correttamente rispondere che non abbiamo firmato perché
nessuno ci ha informato di questo “manifesto” prima che venisse pubblicato. Inoltre
e soprattutto non ci è parso corretto il metodo seguito da questi fratelli e
sorelle nella redazione e nella pubblicazione del “manifesto” che non avremmo
comunque potuto sottoscrivere se non proponendo correzioni o almeno riducendo
la superficialità e la parzialità che lo caratterizza. Per
l’ennesima volta ribadiamo di essere fautori di una linea di assoluta chiusura
nei confronti del terrorismo e che non riteniamo il sequestro dei civili non
armati gesti azioni lecite, neppure nelle durissime condizioni di svantaggio in
cui la resistenza irachena o cecena si trovano costrette ad operare. La
pretesa poi di poter condizionare le scelte di politica interna degli Stati di
cui sono originari i sequestrati è grottesca oltre che aberrante. Entrando
nel vivo della questione è bene chiarire immediatamente la nostra posizione in
merito a ciò che fa sfondo al “manifesto” pubblicato giovedì: è la definizione
di un quadro istituzionale di relazione tra il potere politico e la comunità
islamica in Italia. Mettendo
momentaneamente da parte (ma è lecito?) il dettato costituzionale che impone
allo Stato di regolare i suoi rapporti con le comunità religiose “ sulla base
di intese con le relative rappresentanze” (art. 8), si possono individuare
forme e percorsi idonei a condurre ad una leale e proficua relazione tra i
cittadini e i residenti musulmani e la Repubblica italiana. Novità
tratteggiata da questo governo, la Consulta proposta dal ministro Pisanu. Dal
gennaio del 2003 infatti, il ministro parla del suo progetto di convocare una
consulta dei musulmani “moderati”, senza peraltro mai spiegare le funzioni di
tale organismo e soprattutto quali siano i parametri per rientrare in quella
moderatezza che requisito fondamentale per poterne far parte. Dopo
il primo lancio (intervista del Gennaio 2003) rispondemmo: bene, ci spieghi il
ministro le sue intenzione e valuteremo l’apporto che potremo dare a tale
progetto. Nessuna risposta. Nel
maggio successivo (altra intervista del ministro) alla quale reagimmo con una lettera
aperta di 2000 parole pubblicata quasi integralmente su L’Unità. Fin de non
recevoir. In
questo documento, che troverete in allegato, esprimevano tutte le nostre
perplessità sul tipo percorso, sulla mancanza di trasparenza e rifiutavamo una
volontà di esclusione nei nostri confronti che sembrava chiaramente trasparire
nella pedissequa accettazione del ministro della pagella
musulmani-buoni-musulmani-cattivi stilata dal giornalista. Dopo
di ciò venne la questione del crocefisso a Offena e fummo l’unica
organizzazione islamica nazionale che espresse solidarietà ai concittadini
cattolici per l’offesa recata al loro simbolo religioso. In
occasione la strage di Nassyria e il nostro presidente fu l’unico esponente
islamico a partecipare al funerale dei caduti. Quando
la Spagna fu sconvolta dall’attentato del 11 marzo scorso fummo fra i primi a
testimoniare all’ambasciatore di Spagna in Italia il nostro cordoglio, la
nostra solidarietà e lo sdegno per un azione che definimmo senza mezzi termini
demoniaca. Durante
la crisi degli ostaggi italiani in Iraq abbiamo svolto un’azione continua e
coerente tesa alla liberazione dei nostri connazionali, con appelli pubblici e
contatti con coloro i quali potevano in qualche maniera propiziare l’esito
positivo della vicenda. Di questo sono testimoni alti esponenti della pubblica
amministrazione e le famiglie stesse dei sequestrati. In
quegli stessi giorni il presidente del centro islamico di Milano subì un
gravissima aggressione le cui reali motivazioni sono da ricercare nella sua
azione intransigente tesa a negare, nella struttura da lui diretta, qualsiasi
agibilità ai fanatici e ai fomentatori di odio. Tutto
questo non per vantare benemerenze o chiedere compensi, Iddio non lascerà andar
perso alcun bene, ma solo per ricordare ai distratti e a chi ha memoria corta
la puntuale presenza della nostra associazione nei momenti cruciali della vita
della comunità nazionale cui apparteniamo a pieno titolo e il senso di
responsabilità e d’impegno che ci caratterizza. Da
un punto di vista del metodo islamico c’è il principio coranico della shura, la
consultazione che ci viene imposto nel Libro sacro a tutti noi musulmani quando
Allah dice: “coloro [...] che si consultano vicendevolmente su quel che li
concerne” (Corano XLII, 38). Il rispetto di tale principio e le relazioni
per lo più cordiali e fraterne che legano la nostra associazione a molti dei
firmatari, avrebbero dovuto suggerir loro di proporci il testo del manifesto in
gestazione per avere il nostro parere ed, eventualmente la nostra adesione. Il
documento finale avrebbe potuto essere sottoscritto in tal modo dai dirigenti
delle principali associazioni dei musulmani presenti sul territorio, a Torino,
Genova, Milano, Bergamo,Brescia, Verona, Padova, Trento, Modena, Bologna,
Ancona, Firenze, Perugia, Roma, Napoli, Bari, Messina, Catania, Cagliari, solo
per citare le più rappresentative delle oltre 150 realtà islamiche a noi
collegate. Avrebbe
avuto ben più peso e spessore e non sarebbe stato visto come un tentativo di
introdurre un’ulteriore contraddizione in una comunità che ne soffre già molte. Un’ultima
parola sui contenuti del “manifesto” che a nostro avviso si caratterizzano per
una singolare indefinitezza oltre alla generica condanna del terrorismo. La
violenza che caratterizza l’attuale congiuntura internazionale è strutturale e
culturale Da
una parte infatti abbiamo l’accentramento nelle mani di un’unica superpotenza
di enormi mezzi di distruzione di massa che vengano ferocemente utilizzati per
assicurare ad una ristretta oligarchia un esagerato tenore di vita e dall’altra
la reazione inconsulta e disordinata di coloro i quali pensano di non avere più
nulla da perdere e che pertanto sono disposti ad usare ogni mezzo per vendere
cara la pelle. Ne
consegue da una parte l’irretimento dell’opinione pubblica facendo ricorso alla
mediatizzazione del terrore, dall’altra il frequente abbandono di ogni residua
umanità in cambio della sofferenza dell’odiato nemico. Vediamo
che gli uni e gli altri usano spesso, bestemmiandoLo, il nome di Dio per
giustificare le loro azioni, crediamo che gli uni e gli altri saranno perdenti
in questa vita e nell’altra. Ogni
generica condanna della violenza degli eserciti o dei singoli, delle coalizioni
e delle bande armate, che prescinda da una sincera analisi del contesto, non
potrà far altro che accrescere la confusione e scaricare sui responsabili come
sugli innocenti e su tutti noi altra ingiustizia e dolore. Roma
3.9.04 Il Consiglio Direttivo UCOII
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