Somos semejantes Il vero Patriota d'Occidente ama parlare della civiltà cristiana. Ma è un cristiano o non piuttosto un cristianista? di Lucio Brunelli, tratto dal settimanale Vita
26/10/2001
Un nuovo genere di cristianesimo s'aggira per l'Europa, quello militante.
Un nuovo genere di cristiani s'aggira per l'Europa. Sono i "cristianisti".
Ne circolano varie specie, alcuni indossano la tonaca, altri giacca e
cravatta. C'è la versione aristocratica e quella scapigliata. Ma in comune
tutti i cristianisti hanno il piglio del cattolico da combattimento. Basta
chiacchiere ecumeniche, occorre un'identità forte. Si sentono minoranza. Ma
non calano le brache, loro. In politica stanno di preferenza col
centrodestra, in economia sono ultraliberisti, a livello internazionale,
ferventi americanisti.
E fin qui di anticonformismo non sembrerebbe essercene molto. Ma la vera
novità dei cristianisti non è la scelta dello schieramento. È il pathos che
ci mettono. Lo spirito di militanza. E soprattutto la forte motivazione
ideologico-religiosa. Dalla teologia dell'unicità di Cristo Salvatore
discende senza dubbi un atteggiamento belligerante verso l'Islam. Dalla
critica ortodossa del pelagianesimo viene l'accusa sprezzante a quei
cristiani che si dedicano prevalentemente alle iniziative sociali in favore
degli "ultimi". Dalla denuncia dell'irenismo teologico si arriva
all'entusiasmo (non solo approvazione, ma entusiasmo) per le spedizioni
militari alleate.
Tutte queste caratteristiche sono l'essenza del perfetto cristianista.
Fenomeno nuovo, senza dubbio, almeno relativamente agli ultimi anni.
Minoritario ma non quanto si crede, perché si innesta (estremizzandole) in
tendenze dottrinali e politiche che trovano spazio anche in alcuni settori
della gerarchia ecclesiastica.
Il vero punto di lontananza con i cristianisti non è una differenza di
vedute politiche. È questo uso del cristianesimo come un vessillo
ideologico. È sbagliato sostenere che Cristo è l'unico salvatore dell'uomo e
che le religioni non sono equivalenti e interscambiabili? No, è la dottrina
cattolica. Ma un conto è percepire il cristianesimo come "contenuti di
Verità" da impugnare contro gli altri. Un altro è riconoscere gratuitamente
quell'unicità in una Presenza dal volto umano, e riconoscerla in forza di
un'attrattiva. Sembra una quisquilia teologica. Ma non lo è. Dal primo
approccio deriva, o può derivare più facilmente (la storia insegna), un
atteggiamento rigido, di compiacimento e superiorità. Insomma un
atteggiamento integralista. Può capitare invece di percepire il
cristianesimo non innanzitutto come "contenuti di verità" ma come il fascino
di una presenza unica, che ti attrae e ti persuade innanzitutto per
l'impatto umano che ha. Per la corrispondenza sorprendente con le esigenze
della ragione e del cuore. Proprio perché assolutamente gratuita
(sovrannaturale) e non dovuta, questa Presenza ti fa sentire tutto tranne
che "migliore" di altri. Proprio perché nella sua essenza più profonda è
un'attrattiva misericordiosa, tutto può essere tranne che imposta.
Conseguenze umane, anche psicologiche, che costituiscono il più efficace
antidoto contro la pretesa integralista. Per restare all'esempio attualissimo dell'Islam. I cristianisti irridono e giudicano dei traditori quei cattolici come Andreotti che, sulle orme del Concilio Vaticano II, si sforzano di tessere una trama di rapporti e amicizia con i paesi musulmani. Ai cristianisti infatti interessa la presunta purezza della loro ideologia
cattolica, non la vita concreta dei singoli cristiani. Ignorano quanti
sacerdoti siano stati "salvati" in situazioni difficili e senza pubblici
proclami proprio grazie a quella trama di rapporti. Per non parlare
dell'evoluzione di regimi considerati in passato "terroristi"come la Libia e
l'Iran. Evoluzione resa possibile proprio grazie a una diplomazia paziente e
ispirata a un sano realismo cattolico. Se fossero i cristianisti a guidare
Chiesa e nazione, ci sarebbe da tremare. Per tanta irresponsabilità pari
solo a tanta presunzione.
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