1. Valuta mondiale di riserva: la genesi
Domanda: l’attuale moneta mondiale di riserva – il dollaro –
è il risultato di un insieme di processi puramente economici? La risposta
univoca è: NO.
Come è accaduto che proprio il dollaro sia giunto a svolgere
tale ruolo?
E’ evidente che l’evoluzione dell’economia, ed in
particolare del sistema finanziario, perno dell’economia contemporanea,
procede entro un contesto multidimensionale. Passiamo rapidamente in
rassegna le tappe dell’ascesa del dollaro ad una posizione di sovranità.
2. Le tappe dell’ascesa degli USA
Gli USA hanno incominciato a muoversi sistematicamente verso
una posizione egemone nel mercato mondiale già a partire dal 1919.
Secondo il belga Luc Michel (Nazionalismo economico contro l’economia
mondiale, Elementy, n.4, 1993):
«I primi concorrenti che fu necessario superare
furono gli Inglesi, la cui presenza politico-economica si estendeva
sull’intero pianeta. Le operazioni degli Americani si succedettero l’una
all’altra. Le basi militari inglesi sparirono dalle Bermude, Giamaica,
Antigua, Bahamas, St.Lucia e St.John’s, ed al loro posto apparvero basi
militari americane. Anche in Islanda e Groenlandia fecero la loro
comparsa gli americani, sebbene in precedenza questi paesi si trovassero
entro la sfera di influenza inglese. Gli USA concessero all’Inghilterra
enormi crediti (gli interessi sui quali erano già somme favolose),
ricevendone l’accesso alle sfere finanziarie e commerciali chiave.
Consolidamento dell’alleanza politica con il Canada, controllo sui
capitali inglesi collocati presso imprese americane, infiltrazione a
Singapore, nella costa occidentale dell’Africa e fino al Golfo Persico
(isola del Bahrein)… La vicenda arrivò persino ad una inaudita
interferenza negli affari di uno stato sovrano — il rappresentante del
presidente Roosevelt, Harry Hopkins, presenziava alle sessioni riservate
del gabinetto ministeriale inglese.
Il processo di “decolonizzazione, stimolato dagli Stati
Uniti, fu in realtà la via dell’instaurazione dell’egemonia
continentale Americana.
Nel 1945 i massimi vincitori della guerra mondiale furono
gli USA. L’unico concorrente degli USA, l’Unione Sovietica, era stremata
da una guerra durata cinque anni sul proprio territorio e indebolita
dalla perdita di milioni di vite. Oltre all’evidente divisione del mondo
fra USA e URSS e all’asservimento dell’Europa occidentale da parte
dell’America, Jalta significò anche la “defenestrazione» degli alleati
“europei” dalla scena politica mondiale (Churchill mise in rilievo
proprio questo). Da quel momento gli USA dominarono incontrastati nel
mercato mondiale. Non restava loro altro da fare che rimodellare questo
mercato mondiale a propria immagine e trarne il massimo vantaggio ».
« Nel 1944 tutti gli economisti occidentali, tanto
liberali quanto marxisti, prevedevano una inevitabile crisi
dell’industria americana, legata ad una inevitabile ristrutturazione
dell’economia con il passaggio dalla guerra alla pace. E a dispetto di
queste previsioni, accadde qualcosa di completamente opposto. Grazie
all’espansione economica degli USA in Europa ed ai giganteschi
investimenti previsti dal piano Marshall, gli americani salvarono la loro
posizione, preparando per se stessi un eccellente futuro mercato di
smercio.
Il complesso militare-industriale, che nella logica
delle prognosi economiche, avrebbe dovuto diventare un intralcio allo
sviluppo economico e industriale, divenne al contrario il fattore garante
del successo. Nessuno si aspettava che il periodo del dopoguerra si
sarebbe rapidamente volto verso la guerra fredda. Assumendo su di sé la
responsabilità a livello planetario della lotta contro il comunismo, gli
USA si sostituirono definitivamente all’Inghilterra nel mondo
capitalistico, facendo della propria potenza militare il principale
garante della stabilità economica. Poco alla volta,
grazie alla preminenza del settore militare-industriale gli USA poterono
definitivamente sbarazzarsi dell’ultima crisi borsistica del 1929. Il
livello della disoccupazione si ridusse di 4,5 volte in rapporto
all’anteguerra, officine e fabbriche lavoravano al 100% della propria
capacità (prima della guerra: al 75%).
Metà dei profitti mondiali appartenevano ora
esclusivamente agli USA. L’America poteva ora imporre nel mondo un
ambiente economico tale da risultare vantaggioso anzitutto per se stessa.
Grazie alla “guerra fredda” gli USA non incontrarono alcuna difficoltà di
ordine morale o politico a rimodellare l’economia mondiale in conformità
ai propri schemi».
(Dominic Barukh, La riconversione della produzione
americana)
Nel 1945 gli USA avevano raggiunto gli obiettivi che
si erano proposti agli inizi del XIX secolo.
Come non ricordare le parole del senatore Beveridge, araldo
dell’imperialismo americano alla fine del XIX secolo: « Il destino ha
predeterminato la nostra politica – il commercio mondiale deve essere
nelle nostre mani. Le nostre navi commerciali solcano tutti gli oceani.
Abbiamo creato una flotta da guerra corrispondente alla nostra potenza.
La legge americana, l’ordine americano, la civilizzazione americana
regnano su tutte le rive, fino a quelle più lontane ed immerse nell’oscurità
dell’ignoranza e della barbarie, ma esse giacciono prospere e felici
sotto il controllo di forze date a noi da Dio ».
François Perroux, eminente economista francese, scrisse:
« I rappresentanti del liberalismo neoclassico vissero
nell’epoca del formarsi delle nazioni. Nel quadro di tali nazioni,
secondo la loro teoria, l’interesse economico si riduceva alla massima
libertà di scambio. La divisione del lavoro fra le diverse nazioni, a
loro avviso, sarebbe in teoria proprio il modo più efficace di realizzare
la libertà di scambio… Ma nella pratica le concezioni del liberalismo si
scontrano con la realtà economica, nella quale esiste la già formata
“disuguaglianza delle strutture”, ed a causa di tale ineguaglianza le
nazioni più potenti e forti mirano ad assicurare per se stesse il massimo
vantaggio economico a scapito delle restanti altre ».
3. Il contenuto geopolitico del dollaro a partire dal 1947
Se la GEOPOLITICA è responsabile del fenomeno della
globalizzazione del dollaro, occorre riferirsi alla situazione durante il
periodo della “guerra fredda” 1949-1991. E’ in quel periodo il dollaro è
divenuto ciò che è ora – la valuta di riserva mondiale.
Emergendo come polo GEOPOLITICO dell’Occidente, gli USA
hanno sfruttato al massimo soprattutto in quel periodo la “disuguaglianza
delle strutture”. Se nella prima metà del secolo gli USA hanno ottenuto
la posizione strategica della Gran Bretagna in cambio di crediti – vale a
dire, impiegando il meccanismo finanziario – nell’epoca della “guerra fredda”
alla soluzione dei problemi dell’Europa e del Giappone (Asia) venne
offerto non soltanto il piano finanziario Marshall, ma anche la tutela
strategico-militare. Gli USA divennero un polo complessivo, con una
proiezione delle proprie strutture in due terzi del mondo. Il principale
elemento concettuale della geopolitica americana di questo periodo fu
l’esistenza stessa dell’URSS, del campo socialista.
Il «nemico comune», l’imperativo di difendersi dalla
possibile «minaccia sovietica», furono gli argomenti centrali
nell’organizzazione di strutture mondiali sotto il controllo degli USA.
In ciò risiede anche il fondamento dell’imperialismo del dollaro: gli USA
assursero al ruolo strategico (militare) di protettore dei paesi
non-socialisti e di emittente di segni monetari ed ideologici.
E’ importante sottolineare che in quel momento il dollaro
incominciava ad acquisire una diversa qualità.
L’abolizione del gold standard a seguito della crisi
borsistica del 1929 fece della moneta nazionale una funzione del concreto
saldo commerciale – secondo la teoria di Keynes e il “New
Deal” di Roosevelt. Prosperità dei «grandi spazi economici» («isole
economiche») – nelle differenti forme dello stalinismo e del
nazional-socialismo europeo a partire dal convegno della Gran Bretagna di
Ottawa nel 1932. In questo periodo la “valuta di riserva” non possiede
una chiara espressione, dipendendo dalla congiuntura politica
internazionale. Il che conduce alla seconda guerra mondiale.
Dopo di questa l’economia americana non fa ritorno né al puro
modello liberale dell’epoca di Roosevelt, né al modello isolazionista di Keynes.
Il dollaro acquista una nuova qualità: esso diviene un’unità
GEOPOLITICA, funzione del potenziale strategico e ideologico degli USA,
del ruolo degli USA nel contesto mondiale.
Il sistema finanziario mondiale, la funzione del dollaro in
quanto valuta mondiale di riserva sono inseparabilmente legati alla
concreta situazione geopolitica della seconda metà del XX secolo. Se non
si considera il taglio geopolitico, analizzando i soli processi
economico-finanziari, non si comprende nulla in questo campo.
4. Modello Trilateralista e finanza
La Commissione
Trilaterale, fondata nel 1973, si pose il compito della
riorganizzazione dello spazio economico mondiale in grandi blocchi sotto
il controllo dell’Occidente e degli USA. Il significato geopolitico del
progetto consisteva nel forzato isolamento dell’URSS con l’aiuto della
“strategia anaconda”. A tale fine il mondo intero andava suddiviso in tre
zone geoeconomiche – USA, Europa e regione dell’Asia-Pacifico.
Lo sviluppo economico impetuoso esigeva la creazione di
centri direttivi aggiuntivi, oltre agli USA, ed anche che si preparasse
la legittimazione di nuove strutture di direzione globale (ad esclusione
dell’URSS). Alle tre regioni geoeconomiche designate in quella sede non
era attribuito uguale significato: in posizione privilegiata era la
regione Americana, le altre due restando ausiliarie. L’iniziativa della
Trilaterale proveniva da Rockefeller e George Franklin,
allora dirigenti del CFR.
Là vennero per la prima volta decisi il processo di
unificazione europea e dell’introduzione delle valute dell’Europa e
dell’Asia-Pacifico.
Le valute ausiliarie vennero chiamate a favorire
l’omogeneizzazione economica degli spazi corrispondenti, integrandoli in
paradigmi economico-finanziari tali da assecondare al massimo e
consolidare la posizione privilegiata degli USA, basata sulla
«disuguaglianza geopolitica delle strutture».
L’euro e il potenziale “yen dell’Asia-Pacifico” sono
essenzialmente progetti della Commissione Trilaterale. Fra l’altro, la
perestrojka cinese prese l’avvio negli anni ’80 proprio con contatti del
governo cinese con il rappresentante della Trilaterale George Bertwin, a
capo dell’ufficio europeo.
Al dollaro come valuta mondiale di riserva, provvista di un
insieme di obblighi geopolitici assunti dagli USA e, di fronte agli USA,
da altre potenze, si progettava di affiancare due valute di riserva
macro-regionali complementari
Un processo non rapido, ed ancora in corso.
5. Sincope : il crollo dell’USSR, l’inattesa e straordinaria sfida
dell’unipolarità
La Commissione Trilaterale presupponeva un lento
strangolamento dell’URSS, con il graduale assorbimento dell’URSS entro la
logica dell’atlantismo e l’agevole riconversione dei settori dell’Eurasia
Sovietica nella zona di influenza delle tre regioni macroeconomiche.
In questo senso il futuro euro, il dollaro e l’ipotetica
valuta asiatica sarebbero serviti da strumenti di graduale coinvolgimento
dell’economia dell’URSS nel sistema mondiale, con il graduale disinnesto
delle strutture del campo socialista. Anche questo processo venne avviato
sotto la diretta influenza della Trilaterale e dei suoi rappresentanti
gorbacheviani a Mosca alla metà degli anni ’80.
Ma alla soglia degli anni ’90 accadde l’imprevedibile: in
luogo del graduale ciclo di convergenza ed integrazione dell’URSS, questa
improvvisamente si dissolve da sé ed avvia unilateralmente un
attivo processo di autoliquidazione.
Il rublo venne svalutato, per cui senza mezzi termini venne
agganciato al dollaro. Gli USA vennero direttamente coinvolti nel sistema
finanziario post-sovietico.
In parallelo a ciò si autoliquidava rapidamente il
principale elemento della mappa geopolitica del mondo della “guerra
fredda”, la cui stessa presenza costituiva il massimo elemento portante,
sul piano concettuale e strutturale, dell’intera costruzione geopolitica
su cui, fra l’altro, si basava il dollaro.
Incontrando al posto della chiaro e prevedibile «avversario
sovietico» un “buco nero” imprevedibile, caotico, irrazionalmente
aggressivo, non contemplato in nessuno dei graduali progetti
economico-finanziari positivi, gli USA si trovarono inaspettatatamente un
una situazione nuova.
Questa nuova situazione geopolitica coinvolgeva gli USA in
un processo di accelerata, straordinaria unipolarità. Nell’economia USA
questo si accompagnava al surriscaldamento del mercato delle alte
tecnologie, alle piramidi finanziarie, all’ascesa del settore puramente
finanziario a scapito del settore reale. Anche il Complesso
Militare-Industriale, fondamentale nel sistema economico degli USA, si
trovava di fronte ad una situazione nuova, nettamente distinta dalla
precedente.
6. Il nuovo ruolo dei settori geoeconomici
L’imprevedibile ritmo di liquidazione e disintegrazione del
polo geopolitico sovietico (= eurasista) creava una nuova situazione
sulla mappa geopolitica complessiva del mondo, e correlativamente gettava
una nuova sfida al sistema finanziario degli USA. Tale sistema da quel
momento avrebbe dovuto avviare la realizzazione accelerata
dell’unipolarità, ossia della globalizzazione.
Alcune degli stadi pianificati in precedenza scomparivano.
Conseguentemente, sorgeva in linea di principio una situazione nuova ed
inattesa: il dollaro era costretto a diventare valuta mondiale di riserva
rapidamente e senza passaggi intermedi, gli USA acquisivano l’egemonia
incontrastata sul piano strategico, maturava l’esigenza di una rapida
ristrutturazione delle istituzioni internazionali – ONU – che
riflettevano gli equilibri della pace di Jalta, l’America era costretta
precipitosamente a servirsi della «disuguaglianza delle strutture».
Questo si manifestò sotto la direzione dei democratici
dell’amministrazione Clinton. La «fine della storia» di Fukuyama era
venuta troppo presto.
Si creavano problemi economici e logistici di grande
rilievo.
In generale: gli USA non erano pronti ad assumere dall’oggi
al domani il ruolo di globalizzatore unipolare. Questo si esprimeva
- nella
comprensione politica di questo stesso fatto da parte degli
americani (la vittoria di Bush jr);
- nella
crisi del mercato surriscaldato nello stile delle piramidi finanziarie,
con lo scivolone degli indici NASDAQ e Dow Jones ;
- nell’approssimarsi
della catastrofe del dollaro quale valuta mondiale di riserva;
- nell’impreparazione
dei soggetti geopolitici fondamentali ad inserirsi nella
globalizzazione nei nuovi tempi e modi degli USA.
L’assenza del polo eurasista, la trasformazione dell’Eurasia
in un «buco nero» generava problemi geopolitici non valutati in una
prospettiva di breve periodo.
La presenza di un’opposizione convenzionale, formale e
prevedibile a medio termine da parte dell’Eurasia rappresentava l’elemento
principale della strategia americana nella prima metà del XX secolo.
Rimosso tale elemento, l’intera costruzione era messa a repentaglio.
L’assenza di una formale e limitata minaccia ad Oriente cambiava
radicalmente sia il significato geopolitico dell’Unione Europea, sia il
correlativo ruolo e missione dell’euro.
L’Unione Europea si sviluppava non in condizioni di scontro
con l’URSS, come si era supposto – e questo argomento era stato decisivo
nel modellare la conservazione dell’influenza americana in Europa, anche
dal punto di vista della visione finanziaria – bensì proprio nel momento
dell’autoliquidazione dell’URSS. Di conseguenza, essa assume una funzione
completamente diversa, rivelandosi un potenziale soggetto geopolitico a
livello planetario. L’introduzione dell’euro acquista un
significato diverso. In linea di principio, si tratta di una sfida al
dollaro in quanto valuta mondiale di riserva.
Il nuovo ingresso dell’Europa sulla scena della storia è
gravido dei più seri scossoni per la globalizzazione nella sua forma
unipolare. Si impone la variante dell’integrazione «regionale o
continentale» o della globalizzazione multipolare, il che in entrambi i
casi va contro quel processo in cui, come trascinati da una valanga e
indipendentemente dalla propria volontà, sono oggi coinvolti gli USA.
Qualcosa di analogo è vero anche della regione
dell’Asia-Pacifico. Qui si somma il fattore Cina. Ma anche il solo euro e
l’Unione Europea erano sufficienti perché il dominio unipolare degli USA
ne venisse seriamente scosso, e conseguentemente venisse indebolito il
dollaro e gli strumenti del sistema finanziario internazionale ad esso
legati.
Nella misura in cui il dollaro è legato alla geopolitica mondiale,
e non soltanto all’economia USA, un mutamento nello schieramento di forze
in quella sfera automaticamente comporta un mutamento radicale nella
funzione del dollaro. Il dollaro cambia la sua natura, e da qui la sua
funzione di valuta mondiale di riserva perde il suo carattere di
evidenza.
Gli USA devono definire ex novo il proprio ruolo nel mondo e
in relazione a ciò rifondare sulla nuova mappa geopolitica la funzione
della valuta mondiale di riserva – il dollaro. L’estrema difficoltà di
tale compito è fuori discussione
L’intero sistema economico degli USA è fondato sulla
ridistribuzione globale del lavoro nella condizione schumpeteriana della
«disuguaglianza delle strutture».
La trasformazione di questo sistema reca con sé serie
conseguenze.
Lo stesso è possibile affermare in relazione alla «nuova
economia», con i settori finanziario-borsistici sovrasviluppati. Gli
attori paradigmatici reali, che sono invariabilmente rimasti fuori del
quadro della «new economy», ma che predeterminano le fondamentali
tendenze di base dei mercati finanziari (esteriormente rappresentati come
indipendenti dai fattori non di mercato, staccati dai fondamentali del
calcolo economico) sono proprio la geopolitica e l’univoco dominio degli
USA. Il carattere ludico di queste tendenze è il mito per i «proletari
della borsa valori», semplici brokers che non vengono ammessi al di là
delle quinte della finanza. dove siedono non soltanto speculatori di
successo, ma esperti del CFR, del Bilderberg Club e della Trilateral – come
George Soros. E’ qui che vengono stabilite le regole del gioco. Il
collasso delle borse o delle valute nazionali non è una questione di
brillanti operazioni, ma di piani dettagliatamente elaborati e preparati.
7. Il tentativo di mettere un freno alla globalizzazione:
il vicolo cieco concettuale di George Bush jr.
Il rafforzamento dei settori europeo e dell’’Asia-Pacifico,
l’emissione di una solida valuta regionale legata alla geopolitica non
globale, ma continentale o insulare (indicativo, da questo punto di
vista, il nuovo – cauto – riferimento al keynesismo delle moderne
socialdemocrazie) restringe la funzione degli USA.
Questa necessità è soddisfatta – almeno in parte –
dall’amministrazione Bush jr. Bush jr. rappresenta il tentativo di frenare
la globalizzazione. Ma questo non serve a risolvere i problemi alla
radice – la geopolitica americana è in “surriscaldamento”, overheated,
l’impero americano è in “sovratensione”, overstretched.
Siamo ad un vicolo cieco concettuale: gli USA non possono
non proseguire in un’attiva globalizzazione unipolare, ma non sono in
grado di proseguire.
Esattamente lo stesso vale per il dollaro: gli USA non
sono in grado di mantenere il dollaro come valuta mondiale di riserva, ma
non possono rifiutare questa funzione del dollaro.
Siamo ad un paradosso – la scomparsa del nemico (URSS) ha posto il
vincitore in una situazione svantaggiosa. Una tipica vittoria di Pirro.
8. Il secondo avvento dell’Eurasia
L’originario progetto della Commissione Trilaterale fu steso
allo scopo di liquidare gradualmente ma inesorabilmente l’URSS (Russia),
smembrandola.
Al contrario, l’URSS si è dissolta non gradualmente ma
bruscamente, è divenuta un “nulla” geopolitico, ha dato impulso
(almeno potenzialmente) all’esistenza storica dell’Europa e
dell’Asia.
In futuro il destino della Russia-Eurasia sarà direttamente legato al
destino degli USA e, conformemente a questo, al destino del
dollaro.
Il collasso del signoraggio americano darà alla Russia una straordinaria
occasione di rinascita.
Ma questo potrà essere conseguito solo mediante l’attuazione di
un’adeguata strategia geopolitica nei confronti dell’Europa e dell’Asia.
Se la Russia getterà il suo restante potenziale strategico – ivi incluso
quello logistico e nucleare – a sostegno di tutte le alternative al
globalismo unipolare, la storia ha una chance di continuare, e il crack
del dollaro diverrà il crack della grande schiavitù geopolitica
dell’umanità sotto il dollaro.
Febbraio 2001
Nota
Trilateral Commission
L’ultimo stadio
dell’organizzazione della rete segreta del mondialismo fu la
creazione della Commissione Trilaterale, che riunisce la “crema”
del Council on Foreign Relations e del Bilderberg Club. E’ detta
Trilaterale dal numero dei partecipanti fondamentali: USA, Europa e
Giappone.
Il centro della Trilateral
Commission è situato negli USA (345 East 46th Street, New York).
La sua fondazione ebbe
luogo nel luglio 1973. Ma la decisione venne approvata nel consiglio
riservato del novembre 1972 dal presidente della Chase Manhattan Bank
David Rockefeller (leader del Bilderberg Club ed ispiratore del Council
on Foreign Relations), da Max Konigt (vice presidente del Comitato per
l’integrazione dell’Europa ‘Jean Monnet’) e George Franklin, formalmente
capo del CFR.
Il primo grandioso
successo della Trilateral Commission fu quello di portare alla presidenza
J. Carter, assoluto sconosciuto fino alla vigilia delle elezioni. Eletto
presidente, Carter collocò alle massime istanze del potere membri della
Trilateral Commission: Walter Mondale, Cyrus Vance, Harold Brown,
Zbigniew Brzeszinski, Michael Blumenthal, Richard Cooper, Anthony
Solomon, Samuel Huntington ecc. In proposito la rivista americana
Penthouse nel novembre 1977 scriveva: «Sarebbe scorretto affermare che la
Trilateral Commission dirige il governo Carter. La Trilateral Commission
è anche il governo Carter».
Il senso dell’operato
della Trilateral Commission, e ugualmente dell’intero mondialismo, può
esprimersi con le parole di James Paul Barbourg, pronunciate di fronte al
senato americano il 17 febbraio 1950: «Che lo vogliate o no, avremo un
Governo Mondiale. La sola questione sarà se ciò avverrà tramite il
consenso o la violenza».
(L. Okhotin, La
minaccia del mondialismo, Den’ 1991).