Fare clic sul link per vedere altri articoli e una nota su Costanzo Preve. Si consiglia anche la lettura dello studio di Roberto Renzetti sul lavoro dei think tank e delle imprese, non solo italiane, che hanno portato alla costruzione delle riforme di Luigi Berlinguer prima e di Letizia Moratti poi.
Per agevolare la lettura, il testo è stato diviso in nove parti.
Negli ultimi duecento anni di storia europea ed occidentale, la cosiddetta
alta cultura si è sempre occupata delle questioni delle riforme scolastiche in
tutte le loro dimensioni (forme e contenuti dell'apprendimento, sistemi di
valutazione, eccetera). Ma negli ultimi vent'anni, nel quadro di una generale
frammentazione dei linguaggi, delle competenze e degli interessi, c'è stata una
catastrofica inversione di tendenza. Oggi il futuro ed il destino della scuola
è in mano ad una eterogenea adunata di politici di professione, sindacalisti,
esperti di mercato del lavoro, distaccati ed altri parassiti professionali,
pedagogisti futuristi culturalmente schizzati ed altri manager. È questo un
evento catastrofico, sostanzialmente inedito nella storia italiana, che tocca
l'identità culturale nel suo delicato meccanismo di trasmissione
intergenerazionale.
In quanto evento politico, è immensamente più importante
della Telecom, della Fiat, delle lotte fra Polo ed Ulivo, fra Prodi e D'Alema, e
via spigolando fra le comparse della politica-spettacolo. Ma di tutto questo non
c'è affatto un'adeguata consapevolezza. Queste note, che giungono probabilmente
troppo tardi, quando ormai "i buoi sono scappati dalla stalla",
vorrebbero andare controcorrente. Ancora una volta, ripeto che la questione
scolastica non è mai soltanto scolastica, ma è sempre lo specchio ed il
riflesso della più ampia questione dell'identità culturale nazionale in un
mondo che si dichiara globalizzato, laddove si tratta soltanto di un mondo
rimondializzato in senso capitalistico ed imperialistico.
Per capire quanto sta avvenendo non solo in Italia ma (con diverse modalità)
nell'intera Europa è necessario non perdersi nella variopinta selva degli
infiniti particolari organizzativi e didattico-pedagogici, ma occorre cogliere
l'essenziale, cioè il minimo comun denominatore storico-strategico del
problema. In breve, quanto sta accadendo è un evento storico di portata
secolare, la distruzione dall'alto del liceo europeo nato circa duecento anni fa
a cavallo di Illuminismo e di Romanticismo. Questa distruzione, che è ad un
tempo una Rivoluzione dall'Alto ed una Rivoluzione Passiva, è attuata da un
soggetto sociale relativamente nuovo (di cui parleremo nel prossimo cruciale
secondo paragrafo), che agisce però per conto di giganteschi poteri forti,
economico-finanziari, che semplicemente non hanno più bisogno, non vogliono e
non desiderano più un sistema scolastico formatosi al tempo della Cultura
Borghese e dello Stato Nazionale.
Non si può ovviamente negare che il vecchio liceo europeo, sorto fra il 1790 ed
il 1820 a partire dalla Germania hegeliana e dalla Francia napoleonica, fosse un
liceo di classe. Esso era ovviamente una scuola di classe, ed in particolare
della nuova Classe Borghese Emergente, che come tutte le classi sociali attive
ed egemoniche pensava il proprio dominio all'interno di categorie
ideologicamente universalistiche. Ma questa genesi storica è assolutamente
normale, e non deve diventare il pretesto populistico e luddistico per buttare
via il bambino universalistico con l'acqua sporca particolaristica (chi agisce
così deve allora essere conseguente con la sua idiozia sociologica, e buttare
via anche il rifiuto della tortura e dei roghi delle streghe, oltre ai diritti
di libertà di vario tipo, tutti fenomeni culturali sorti in una genesi
particolaristica).
La nuova classe borghese emergente europea, che voleva
togliere alle chiese cristiane (non importa se cattoliche, protestanti o
ortodosse) il monopolio dell'istruzione secondaria, produsse il liceo europeo
unificando i lati migliori della cultura illuministica (con la sua esaltazione
della storia e delle scienze matematiche e naturali) e della cultura romantica
(con la sua esaltazione della classicità, della letteratura e della centralità
dell'educazione non solo razionale ma anche sentimentale).
Lo ripetiamo: non c'è alcun dubbio che la genesi storica del liceo europeo sia
stata una genesi di classe, esattamente come peraltro per la produzione
industriale e per i diritti politici liberaldemocratici. Occorre ricordare bene
questa genesi indiscutibile, perché essa permette di comprendere le lontane
radici ideologiche dell'affabulazione apparentemente egualitaria, livellatrice e
democratica dei post-comunisti nichilisti alla Luigi Berlinguer, che distruggono
il vecchio liceo borghese, credendosi molto riformisti e molto rivoluzionari,
semplicemente perché siamo in una fase storica post-borghese del capitalismo.
Al posto delle vecchie Alta Borghesia e Piccola Borghesia ci stanno ora due
gruppi sociali nuovi, un'Oligarchia finanziaria transnazionale
deterritorializzata ed una Classe Media Globale del tutto post-borghese e
post-proletaria. Entrambe non sanno più che farsene del vecchio liceo europeo,
ed hanno trovato il sicario nel nuovo ceto politico post-comunista, diventato
oggi in Italia un ceto politico mercenario professionalizzato dopo la rovinosa
ed irreversibile caduta dei sistemi economici, politici e sociali del comunismo
storico novecentesco.
La comprensione di questo fenomeno storico è impossibile per tutti coloro che
identificano Borghesia e Capitalismo, cioè un soggetto storico-culturale
temporaneo con un Modo di Produzione che nella sua riproduzione funziona assai
più come un Processo senza Soggetto (secondo la corretta intuizione di Louis
Althusser) che come un Progetto Finalistico voluto da un improbabile deus ex
machina denominato Borghesia. Questa comprensione è dunque assolutamente
impossibile per il 95% di tutti i cosiddetti marxisti, sia ortodossi che
eretici, che sono appunto unificati viziosamente da quella grottesca forma di
Economicismo che si basa appunto sull'identificazione fra Borghesia e
Capitalismo.
Queste note non sono assolutamente rivolte a costoro, per il
semplice fatto che l'Economicismo è una forma di pensiero irriformabile,
incurabile, autoreferenziale, dotata di una coerenza paranoica che non può
essere scalfita, come avviene per i cultori del satanismo o per i credenti in un
complotto templare-rosacrociano per conquistare il mondo. L'Economicismo non
potrà capire mai come un fenomeno possa essere contemporaneamente a tutti gli
effetti antiborghese ed ultracapitalistico. Ed è appunto questo il caso
dell'attuale distruzione pianificata del liceo europeo, coincidente per di più
con un'asfissiante retorica ultraeconomicistica sull'Europa monetaria dell'Euro.
Da un punto di vista strettamente filosofico, si tratta di una figura
fenomenologica assolutamente interna alla rovinosa dialettica interna
dell'Economicismo, da un economicismo antiborghese e proletario ad un
economicismo postborghese ed ultracapitalistico. Ma è bene chiarire meglio il
significato dei termini che proponiamo.
Questa riforma Berlinguer è una riforma anti-borghese, perché la natura
dell'egemonia borghese sulle altre classi capitalistiche soggette non era solo
economica, ma era anche di tipo culturale. Ma il tipo di classe capitalistica
dominante negli Stati Uniti d'America, come già Tocqueville rilevò in modo
geniale più di centocinquant'anni fa, era caratterizzata, a differenza delle
classi capitalistiche europee, da una natura democratica, non certo nel senso
greco antico del termine, ma nel senso modernissimo per cui il denaro, e solo il
denaro, strumento democratico per eccellenza in quanto accessibile in via di
principio a tutti, rappresentava l'unico elemento di distinzione. Alla fine del
Novecento, dopo tre guerre mondiali vinte dagli USA (includendo anche la guerra
fredda contro il comunismo storico novecentesco), le classi
borghesi-capitalistiche europee adottano il modello capitalistico puro
americano, ed è dunque del tutto logico che smantellino il loro liceo europeo
di classe.
Questa riforma Berlinguer è una riforma post-borghese e post-proletaria per il
fatto che Borghesia e Proletariato sono classi polarmente complementari, e l'una
non può stare senza l'altra. Solo gli sciocchi marxisti dogmatici economicisti
pensano che la Borghesia possa tramontare, o essere ridotta ad una pura funzione
imprenditoriale o tecnico-amministrativa, mentre continua ad esistere una sorta
di ectoplasma sociale chiamato Proletariato Mondiale, l'insieme statistico di
chi in qualche modo vende la sua forza-lavoro. Al tempo del liceo europeo
borghese c'era anche la scuola professionale proletaria per eccellenza,
l'istituto tecnico di origine tedesca (figlio della Seconda Rivoluzione
Industriale e della Seconda Internazionale Socialista). Non è un caso che
anch'esso stia tramontando, sostituito dai veloci corsi di alfabetizzazione
informatica.
Questa riforma Berlinguer è una riforma ultracapitalistica, perché in essa è
palese che la forma dell'impresa, con il suo linguaggio economicistico e
bancario (preside manager, crediti e debiti formativi, eccetera), è rimasto il
solo modello organizzativo e gestionale consentito. Dall'analisi della riforma
Berlinguer risulta con particolare chiarezza il fatto che un modello
capitalistico maturo, avanzato e puro si lascia alle spalle i periodi precedenti
caratterizzati dalla dicotomia Borghesia/Proletariato. Tuttavia, scoperto il
delitto, bisogna ancora scoprire l'assassino. E come nei migliori romanzi
polizieschi, l'assassino non è mai il soggetto maggiormente sospettabile, ma
deve sempre essere cercato fra gli apparentemente insospettabili, o quanto meno
fra coloro che negano di essere tali.
Ma in questo caso il compito del detective è facile. Per comodità del lettore
svelerò subito l'enigma: l'assassino è il maggiordomo.
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