42. Passiamo al Marxismo. La sua situazione oggi è catastrofica e comatosa, ed i medici continuano a litigare presso il malato scambiandosi insulti, botte e calci nelle palle. Io non vedo per ora nessuna via di uscita, per un fatto assolutamente "strutturale", e cioè che le sorti del marxismo sono in mano a due categorie assolutamente incorreggibili, i professori universitari ed i militanti politici. Cercherò di spiegare perché, anche se so perfettamente di stare scrivendo in turco ed in armeno. Sia chiaro, ed il lettore non si senta per caso insultato se appartiene (come è probabile) ad una delle due categorie. Il mio discorso non è diffamatorio, ma è strutturale, e come strutturale deve essere inteso.
I professori universitari frammentati in migliaia di workshops in cui ognuno parla solo ai propri colleghi di specializzazione non possono strutturalmente favorire una rivoluzione scientifica del marxismo (nel senso di Kuhn) per il fatto che il loro oggetto ed il loro metodo vengono direttamente ricavati dallo statuto della loro disciplina accademica. È qualcosa che va molto al di là dell'opportunismo individuale, del bisogno di produrre materiali che la propria comunità scientifica possa utilizzare per far vincere una cattedra universitaria, eccetera. Si tratta di un fatto inevitabile. Il sapere universitario è una forma sofisticata e formalizzata della divisione capitalistica del lavoro. Chi crede di poter produrre un sapere rivoluzionario anticapitalistico sulla base dell'accettazione della divisione capitalistica del lavoro intellettuale assomiglia a chi, qualche secolo fa, avesse pensato di produrre un sapere antifeudale ed antisignorile sulla base della teologia scolastica e della sintesi di platonismo e di aristotelismo cristiani.
I militanti politici, anche quando fanno distratti omaggi alla ricerca marxista non possono strutturalmente favorire veramente un mutamento di paradigma per una ragione semplicissima. La loro priorità non è mai, e non può essere, l'innovazione teorica, ma è la coesione ed il compattamento del gruppo militante di riferimento. Prendiamo il caso di duecento (200) militanti reclutati in base alla teoria della terra piatta e dell'astronomia geocentrica, e facciamo l'ipotesi di una irruzione traumatica di una nuova teoria eliocentrica che sostiene che la terra è rotonda. Facciamo l'ipotesi che di questi duecento (200) militanti almeno cento (100), traumatizzati da questo terremoto copernicano, cadano nel pessimismo e si ritirino a vita privata, oppure passino ad altre più rassicuranti organizzazioni geocentriche. Ebbene, l'organizzazione passerebbe da duecento (200) a cento (100) militanti. In questo caso possiamo essere sicuri che i dirigenti politici ad un futuro incerto preferirebbero un presente certo. Essi espellerebbero immediatamente l'innovazione. Nel caso peggiore, direbbero che l'innovatore è un frocio piccolo-borghese narcisista pagato dal padrone. Nel caso migliore, cercherebbero di neutralizzare l'innovazione riducendola ad interessante ipotesi intellettuale non dimostrata, oggetto di educate tavole rotonde.
Mi sono espresso in modo forse un po' provocatorio, ma pro-vocare significa chiamare fuori, e per dialogare bisogna prima chiamare fuori i possibili dialoganti. Vorrei che il lettore mi capisca bene. Io ho amici fraterni e stimatissimi sia fra i professori universitari sia fra i militanti politici. Considero, e sia ben chiaro, la militanza politica una delle più alte forme di vita sociale nel capitalismo. Il consueto disprezzo dei militanti come "poveri illusi" mi è estraneo nel profondo. Chi mi conosce lo sa benissimo, e non mi stimerebbe se non lo sapesse. Ma qui si parla di innovazione, ed il mio discorso è strutturale.
43. Passiamo al Desiderio. Io sono un estimatore personale di Gilles Deleuze, e so perfettamente che egli era animato dalle migliori intenzioni, e cioè riteneva di lottare contro i due massimi autoritarismi repressivi del suo tempo, quello capitalistico e quello staliniano. Ma le buone intenzioni di per sé fanno solo i gattini ciechi. Cerchiamo di capire il perché, stringendo all'osso l'argomentazione.
La nozione di Comunismo in Marx è costruita su quella di Bisogno. Il comunismo è quella società in cui ognuno riceverà secondo i suoi bisogni. Ovviamente, tutti sanno che ci sono bisogni primari (mangiare, bere, vestirsi, abitare), bisogni secondari (mangiare, bere, vestirsi, abitare in modo confortevole) ed infine bisogni terziari (leggere un libro, andare in Madagascar a vedere le proscimmie, eccetera). Il comunismo non parte, come Rousseau, da un concetto naturalistico dei bisogni, ma da quello dei "bisogni ricchi", che possono essere cioè soddisfatti sulla base dello sviluppo delle forze produttive e del general intellect. Io ho conosciuto molti "miserabilisti" ascetici ed invidiosi che si ritenevano erroneamente "marxisti", so bene che Marx li avrebbe presi a calci nel sedere per le rampe delle sue scale, ma non sono mai riuscito a fargli capire che la semplice "invidia per i ricchi" non era un fattore della coscienza comunista. Il comunismo è la società dei bisogni ricchi. Ma per parlare di Bisogni è necessario rivolgersi agli antichi greci, terra sconosciuta per i marxisti. I greci, e non solo Epicuro, si erano già occupati moltissimo dei bisogni, in modo generalmente non repressivo (come fecero poi i cristiani, noti autocastratori, mangiatori di cavallette e residenti su colonne). Il bisogno arricchisce l'uomo, purché l'uomo sia sempre il padrone. Tutto qui. Ma è un tutto qui che implica una rivoluzione mentale gigantesca.
Il Desiderio, invece, proprio quello che Deleuze e Negri ritengono essere la fonte del comunismo, è proprio l'elemento riproduttore strutturale del consumo capitalistico. Il capitalismo vive di desideri, non di bisogni. I bisogni possono essere soddisfatti, ma in questo modo si avrebbe subito una crisi di sovrapproduzione e di sottoconsumo. I desideri invece sono infiniti, illimitati ed indeterminati per loro stessa natura. È questo il segreto della produzione capitalistica, la sua nevrotica infinitezza. Psicologi heideggeriani come Umberto Galimberti lo capiscono vagamente, anche se hanno scelto l'interiorità all'ombra dell'Inserto Donna de La Repubblica. I cosiddetti negriani invece non lo capiscono assolutamente, e ci si potrebbe aspettare da loro solo un risolino nevrotico di compatimento. Ma tutta la banda variopinta dei loro seguaci continuerà ad andargli dietro, ed anzi si ingrosserà, perché in questo modo possono avere la quadratura del circolo da loro agognata, l'idea di rivoluzione astratta ed il consumo capitalistico concreto. È per questo che sono pessimista.
44. Concludiamo infine con il Potere. Io sono un estimatore personale di Michel Foucault, e so perfettamente che egli era animato dalle migliori intenzioni, e cioè riteneva di lottare contro i due massimi autoritarismi repressivi del suo tempo, quello capitalistico e quello staliniano. Ma le buone intenzioni di per sé fanno solo i gattini ciechi. Cerchiamo di capire il perché, stringendo all'osso le argomentazioni.
Ai suoi inizi, che definiremo protoborghesi, il potere capitalistico era patriarcale, in particolare verso le donne, i figli, i servitori ed i lavoranti. Essendo patriarcale, era ad un tempo paternalistico e repressivo. La psicoanalisi di Sigmund Freud è stata ad un tempo il punto più alto ed il coronamento finale di questa necessità protoborghese di far introiettare in modo autoritario le regole riproduttive del comportamento sociale patriarcale (teoria del Super-Io, eccetera).
Ma solo gli inizi del capitalismo sono stati protoborghesi. Poi lo stesso capitalismo, a partire dalla produzione di massa fordista e poi con la personalizzazione del prodotto, ha dovuto "liberalizzare" la sua stessa morale. Una società dei consumi non può essere veramente repressiva. Il represso non consuma, o consuma poco. Il potere capitalistico, passata la prima fase protoborghese del paternalismo repressivo, diventa più flessibile. Chi ha soldi deve poter ormai comprare tutto, dai bambini cambogiani e thailandesi fino ai prodotti pornografici di élite e di massa. Dio è morto, e la sua morte non comporta assolutamente l'avvento dell'Oltreuomo, come credono i nicciani ingenui, ma l'avvento del Consumatore Indifferenziato. Se la morale protoborghese si basava sul potere patriarcale, la morale postborghese (e l'attuale capitalismo è postborghese, anche se i marxisti non se ne sono ancora accorti, e continuano a pigliarsela con un ormai inesistente "potere borghese") non si basa più sul potere patriarcale, ma su di un self-service di consumi individuali facilitati da Internet.
Il Sessantotto è stata una svolta storica cruciale di questo passaggio da una morale protoborghese, paternalistica e repressiva, ad una morale postborghese del consumo indifferenziato e liberalizzato. In Francia se ne sono accorti alcuni intelligenti pensatori, come Debray e Lipovetsky, in Italia ovviamente nessuno.
Ma torniamo al Potere. I foucaultiani di oggi continuano a comportarsi come se la questione del Potere autoritario fosse la questione principale. Essi sono come sempre in ritardo di un giro, cioè di un'epoca storica, e fanno sempre la guerra con le mappe militari della guerra precedente. Sono, e sempre saranno, la linea Maginot della sinistra. E pensare che lo stesso Foucault avrebbe dovuto in teoria avvertirli, spiegando che oggi le strategie del potere sono orizzontali e non verticali, molecolari e non molari (cioè grosse, nel suo curioso linguaggio). Ma il fucoltismo dei centri sociali è più lontano dal vero Foucault di quanto lo è stato Stalin da Marx.
45. E con questo concludiamo. Telegraficamente, una diagnosi, una prognosi ed una terapia.
La diagnosi è pessima. Non è infausta, cioè mortale, solamente perché sono gli uomini e le generazioni che muoiono, mentre gli esseri umani non muoiono mai, sempre che non ci sia un grande meteorite annientatore di dinosauri e di confusionari. Per quanto riguarda questi uomini di questa generazione, se non cambiano gli scenari storici in modo imprevedibile, mi aspetto l'egemonia provvisoria di Agnoletto, Naomi Klein e Toni Negri. Hanno dietro anche il sistema mediatico ed il sistema politico.
Una prognosi. La loro egemonia è forte nell'immediato, ma è debole anche solo nel medio periodo, per una ragione semplicissima. Essi si basano sul fatto che non c'è più l'imperialismo, e che in questo quadro post-imperialista possono promuovere la Tobin Tax, l'accesso all'acqua, il basso prezzo delle medicine. Sia chiaro che io non disprezzo affatto questo programma riformistico, ed anzi lo sostengo. Ma c'è l'imperialismo, e questo dato ineludibile gli porterà via lo sgabello da sotto il loro mediatico sedere.
Una terapia. La terapia è razionalità, razionalità ed ancora razionalità. In proposito, le dosi di marxismo, anche rinnovato radicalmente, non bastano. Ci vuole un nuovo orientamento culturale. Marx non basta assolutamente. Ci vogliono Platone e Kant, Aristotele ed Hegel. Ma per il momento, non ne vedo neppure l'ombra. Chi vivrà vedrà.