Dalla Rivoluzione alla Disobbedienza

Note critiche sul nuovo anarchismo post-moderno della classe media globale

I parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in dodici parti.

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1. Il lettore che ha esaminato con pazienza ed apertura di spirito le tre appendici precedenti, dedicate rispettivamente al trotzkismo, al maoismo ed al bordighismo, si sarà fatto un'idea sulla dinamica delle eresie minoritarie del comunismo storico novecentesco in Europa (1917-1991). Ho parlato di dinamica delle eresie minoritarie perché ogni eresia è una risposta determinata ad una ortodossia, e non può essere separata metodologicamente da essa. Quando l'ortodossia tramonta, l'eresia generalmente non la sostituisce (come in genere sperano soggettivamente gli eretici), ma entra in crisi anche lei. Ad esempio, con la fragorosa e vergognosa caduta dei sistemi politici e teorici di Giuseppe Stalin e di Palmiro Togliatti il trotzkismo ed il bordighismo, che si erano storicamente costruiti in polemica con questi sistemi politici e teorici, non riescono affatto a sostituirli, ma continuano a scorrere parallelamente al flusso degli eventi storici. Fuori della Cina, il maoismo certo sopravvive come rivoluzione contadina anti-feudale ed anti-imperialista, ma in Europa e negli USA è condannato a diventare spesso una corrente del marxismo universitario (Charles Bettelheim, Gianfranco La Grassa, eccetera).

2. In questa quarta appendice parleremo però di qualcosa di qualitativamente diverso, ed a mio avviso di molto peggiore. Parleremo di una corrente che ha invece buone prospettive di essere "maggioritaria" per un bel pezzo, anni e forse decenni, e che già ora sta marginalizzando nel cosiddetto "movimento" ogni variante residua del marxismo. Tutto questo non avviene certamente a caso. Si tratta appunto di una nuova fortissima variante post-moderna dell'anarchismo, molto diversa però da quella classica, ottocentesca e primonovecentesca. Il vecchio anarchismo era un anarchismo della produzione, un nobile anarchismo di artigiani, un anarchismo che comprendeva una teoria ed una pratica dell'autogoverno politico e dell'autogestione economica. Nei suoi esponenti migliori esso non rifiutava assolutamente la politica come metodo e come terreno. Rifiutava certamente lo stato, e su questo non vi sono dubbi, ma non rifiutava però la politica nel senso di Aristotele e di Karl Marx, se ovviamente questo termine è ricostruito correttamente. Questo nuovo anarchismo è invece un anarchismo parassitario del consumo, ed adotta non a caso una filosofia antropologica, quella di Foucault e di Deleuze, che è incompatibile con ogni regolazione della politica e dell'economia, perché si riferisce ad una sorta di "io" desiderante integralmente deresponsabilizzato e privo di capacità normativa.

3. Bisogna che il lettore abbia subito ben chiaro il quadro fin dal principio: questo nuovo anarchismo parassitario del consumo della classe media globale, che vuole delle Posse e non dei Partiti, e che ha perciò in testa come culmine antropologico delle bande di giamaicani drogati, è in prospettiva molto forte. È già ora molto forte. Ma constato che non ci sono le condizioni minime perché si capisca perché. E non ci sono perché il metodo marxista, ben applicato, che dovrebbe servire a capire qualcosa, si trova oggi calpestato sotto i piedi di ogni cretino che passa.

In estrema sintesi, ci sono oggi in Italia tre tipi di marxisti, o cosiddetti tali. Primo, coloro che naturalmente parlano di rinnovamento, ma hanno in testa sempre e solo il comunismo storico novecentesco, Stalin, Togliatti, Secchia, eccetera. Secondo, i seguaci autoreferenziali delle grandi eresie ideologiche organizzate del comunismo storico novecentesco (e cioè i trotzkisti, i maoisti europei ed i bordighisti). Terzo, e chi scrive si mette in questa terza categoria, chi ritiene che senza una vera e propria riforma radicale e dolorosa del modello marxista classico non ci sia alternativa all'esodo integrale dal marxismo. Dunque, o riforma radicale del marxismo o esodo integrale dal marxismo.

La terza categoria è disprezzata ed insultata dalle prime due. Su questo non mi faccio la benché minima illusione. Ma in tutta questa farsa l'elemento grottesco sta in ciò, che mentre le prime due correnti (ortodossa ed eretica) concentrano il loro disprezzo su coloro che propongono una riforma radicale del marxismo il terzo gode, ed il terzo è proprio l'anarchismo post-moderno del consumo parassitario della nuova classe media globale prodotta dall'imperialismo. Il successo del libro sull'Impero di Negri-Hardt, da me criticato nel terzo capitolo di questo stesso libro, ne è un segnale inquietante ma anche significativo.

Ed allora, che fare? cerchiamo di fare un discorso chiaro e comprensibile.



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