|
Ho scoperto questo articolo grazie a una segnalazione sul blog di Lia - Haramlik - da cui ho rubato finora ben quattro articoli: sul velo o foulard islamico, sulla maniera in cui quel pezzo di stoffa viene vissuto in Egitto, su Oriana Fallaci, sulla distruzione della Palestina e soprattutto sulle domande ineludibili di uno studente egiziano.
L'articolo proviene dal blog di Leonardo, che mi sembra assai interessante.
Da leggere magari assieme all'articolo di Michael Neumann sull'antisemitismo e alla spiegazione che Fiamma Nait e Deborah Firenstein ci offrono dell'origine del conflitto israelo-palestinese.
"Neocone", ovviamente, significa "neoconservatore".
26 luglio, 2004
Quel mattino Teddi, il Neocone, ebbe un risveglio difficile.
Forse per via della pizza ai peperoni, o della lunga sessione serale al PC –
sì, ma ne era valsa la pena. Il suo pezzo sulla Barriera Difensiva israeliana (Non
è un Muro!) era diventato, paragrafo dopo paragrafo, un vibrante atto
d'accusa contro i pacifisti neofascisti neocomunisti antiamericani e
antisemiti. AmericaIsMyLove, IlikeAmerica e AmericaIsMyCountry lo avevano
lincato immediatamente, il contatore era schizzato, e una ventina di lettori
entusiasti erano venuti a complimentarsi nei commenti. Più qualche idiota di
troll antiamericano e antisemita, prontamente ridicolizzato. Che serata di
gloria.
Poi evidentemente i peperoni, rimasti fino allora in sonno, avevano cominciato
a lavorarlo ai fianchi. A un certo punto Teddi aveva quasi rischiato di addormentarsi
sulla postazione, il naso schiacciato sui pulsanti H e J. In un qualche modo
era riuscito a spegnere tutto e a raggiungere la camera, buttandosi sul letto
senza neanche lavarsi i denti. (Fortuna che Teddi era solito scrivere i suoi
vibranti pezzi già in pigiama). La sveglia era già puntata, ma Teddi non la
sentì. O meglio, non l'avrebbe sentita, se una mano sconosciuta ma ferma non lo
avesse strattonato (e la luce del giorno filtrava già dalle persiane):
"Ehi, dico a lei!"
"Eh?"
"La sveglia è la sua, no? Quella che sta suonando".
"Sì… ma lei chi è, scusi".
"Già, non ci siamo ancora presentati. Mi chiamo Parazzi, ing. Parazzi. Lei
probabilmente conosce la storia della mia famiglia".
"La storia di che?"
"Il famoso massacro dei Parazzi, durante la guerra. I miei parenti furono
tutti sterminati. Io sono uno dei pochi superstiti. Una cosa orribile".
"Mi dispiace".
"Ha detto Mi dispiace per cortesia o perché le dispiace
veramente?"
"Ma… io…".
"Va bene, prendo atto che lei non è molto informato sulla strage dei
Parazzi, e che al di là di qualche svogliata formula di cortesia non sa
andare".
"Scusi, è che sono ancora un po' intontito, vede, mi sveglio e mi trovo
uno sconosciuto in casa…"
"A proposito di questo, devo dire che lei di prima mattina è veramente uno
spettacolo indegno".
"Sì?"
"Ma dico, si guardi, barba sfatta e occhio stralunato. E dormiva sopra le
lenzuola".
"È estate, fa caldo… Se adesso per cortesia mi fa andare in bagno, mi
sistemo un po', e poi…"
"No, non la faccio andare in bagno".
"Che cosa?"
"Vede, il fatto è che adesso in bagno ci abito io".
"Come sarebbe a dire che ci abita lei, scusi?"
"Mi sono introdotto nottetempo, tanto non c'era nessuno".
"Come non c'era nessuno! C'ero io".
"Veramente lei non c'era, era in camera da letto e ronfava senza nessuna
dignità. Bagno, corridoio e cucina erano del tutto disabitati".
"Pure la cucina!"
"Sì, ma non si preoccupi, ho vuotato il frigo. Io non mangio le sue
schifezze".
"Ma scusi, lei è un ladro!"
"Ecco, vede? Il solito pregiudizio contro noi Parazzi. Io l'avevo capito
subito. Evidentemente lei è un complice dei barbari assassini della mia
famiglia".
"No, guardi, lasci stare la sua povera famiglia, io dico che il ladro è
lei! Non si entra nottetempo in casa d'altri occupando le stanze vuote! È una violazione
della proprietà pri…"
"Ueee, che paroloni! Mi pare che non sa di cosa sta parlando, signor…
signor…"
"Teddi".
"Bah, che nome. Vede, la mia povera famiglia ha una lunga storia, che ci
tramandiamo di generazione in generazione. Mica come lei, che manco sa dove
stava il suo bisnonno".
"Veramente sì!"
"Non mi interrompa, non mi interrompa, non è gentile da parte sua. Dunque,
vede questo libro che ho qui? È la ristampa di un codice catastale del sec. IX,
e stabilisce senza ombra di dubbio che a quel tempo un mio antenato viveva qui,
in comodato d'uso perpetuo, per cui…"
"E quindi lei è venuto qui sulla base di un documento di secoli fa?"
"No, guardi, io sono un uomo laico e spregiudicato".
"Me n'ero accorto".
"Attento, però, rischia di offendermi. Se le devo dire la verità, non do
molto credito a questi vecchi codici, sono tutte leggende. Il vero motivo per
cui ho scelto di vivere qui è che la posizione è buona, c'è tanto spazio, un
sacco di luce, un bel giardino, e lei è un poveraccio senza dignità che non
chiede meglio di essere estromesso definitivamente".
"Non è vero!"
"Vedrà, vedrà che non mi sbaglio".
"No, no, lei si sbaglia davvero. Primo: io non sono un poveraccio".
"Ah no? Si guardi, sono le otto e non si è ancora tolto il pigiama. Non
può andare in bagno a lavarsi perché per ragioni di sicurezza non la faccio
passare. Non può andare in cucina a farsi il caffè. Teoricamente non potrebbe
neanche raggiungere il pianerottolo per andare a lavorare, ma siccome mi sento
generoso le farò pagare un pedaggio".
"Ah, grazie mille":
"Prego. Vede che possiamo vivere in pace?"
"Ma no, ma neanche per sogno! E poi, scusi, lei dice che qui c'è un sacco
di spazio? Ma non è vero, è un monolocale".
"Per lei è un monolocale. Io lo trasformerò in un superattico,
vedrà".
"E dice che c'è un sacco di luce? Ma c'è solo un pozzetto interno, e ci
cagano i piccioni".
"I piccioni venivano a cagare perché ci abitava lei, vedrà che con me
muteranno atteggiamento".
"E non è in una buona posizione! Assolutamente!"
"Ah no?"
"No, perché il condominio è pieno di amici e parenti miei, e mi basta
arrivare al citofono e fare un paio di chiamate, e ci sbarazziamo di lei. La
buttiamo sul marciapiede".
"Ah, passiamo già alle minacce, eh? Allora, lasci che le spieghi come
andranno le cose. Vede, sul pianerottolo ci sono già i pezzi puntati sulla
tromba delle scale".
"I pezzi? Che pezzi?".
"L'artiglieria. Per quei cialtroni dei suoi vicini non c'è nessuna
possibilità. A meno che non cerchino di circondarmi dal tetto".
"Ecco, già".
"Ma sarebbe una pessima idea, il tetto è minato".
"Minato? Il tetto? È stato lei?"
"Avrò ben il diritto di difendermi, scusi".
"Ma come fa ad avere tutte queste armi, non è mica legale".
"Diciamo che ho uno zio molto potente che… è nel commercio e mi fa… mi fa
dei prezzi di favore. Lui ha molto a cuore la causa di noi Parazzi".
"E non ce l'ha una casa, lui?"
"Scherza? Ha una casa enorme, un giardino immenso, sei bagni, due
terrazze…"
"E perché non la ospita lui, invece di venire a rompere me?"
"Lei non mi capisce proprio, ma non è una novità. Nessuno capisce noi
Parazzi. Anche lei, mi conosce da cinque minuti e già vuole mandarmi via. Ha
detto che vuole "ributtarmi sul marciapiede". Non ha nessun rispetto
per la mia tragedia famigliare".
"Senta, a me dispiace, onestamente mi spiace per la sua famiglia, ma
questo non le dà il diritto di entrare in casa d'altri e puntare l'artiglieria
sui vicini".
"Lei è come gli altri. È un complice di quei barbari assassini. Ma adesso
è finita. È giunta l'ora che i Parazzi abbiano una loro casa".
"Ah, perché lei non è da solo?"
"No, ora conto di invitare tutti i Parazzi superstiti sparsi nel mondo a
venire a vivere qui".
"A vivere qui? In un bagno, una cucina e un corridoio? Sotto un tetto
minato, con l'artiglieria puntata sulla tromba delle scale? E lei pensa che
verranno?"
"Verranno, verranno, questo è l'unico posto dove i Parazzi possano
sentirsi al sicuro. E poi gliel'ho detto, conto di allargarmi".
"Se è per questo, anch'io stavo per chiedere alla mia ragazza di venire a
stare qui".
"Se vuole un consiglio, lasci perdere. Non si riproduca. Lei è un essere
inutile. Si estingua".
"E invece ho proprio intenzione di riprodurmi, e tanto, anche, e quando
questa casa sarà piena di figli miei, la vedremo".
"Sa che fine faranno, i suoi figli? Un po' di loro cresceranno violenti e
indisciplinati, non avranno nessun rispetto per lei che non ha saputo
riconquistare il suo appartamento, e verranno da me a farsi ammazzare. Un po'
di loro verranno invece a lavorare per me… sa, ci sono tante faccende da fare
in questa casa. Un altro bel po', esasperato, andrà a stare a casa dei suoi
vicini, che non sanno dirle di no. Ma a un certo punto i suoi vicini non ne
potranno più, molleranno i suoi figli e le sue cose per strada e verranno qui
da me a firmare una pace separata".
"No, non lo faranno".
"Vedrà, vedrà".
"Ma sono amici miei".
"Certo che sono amici suoi, adesso. Ma da qui a qualche anno lei sarà un
vecchio pazzo sporco fanatico e disoccupato, senza bagno né cucina, e nessuno
avrà molto interesse ad aiutarla. Tante parole, pochi fatti. Invece i miei
parenti avranno bagno, cucina, uno zio molto potente e il dito sul grilletto.
Si fidi di me. E adesso si sposti un po', per favore".
"Che cosa sta facendo con quei mattoni?"
"Che domande, mi sto difendendo. Lei è un individuo pericoloso, peraltro
invischiato nella barbara strage dei miei parenti. Il minimo che posso fare è
tenerla sotto stretta sorveglianza".
"Non ci posso credere! Lei sta alzando un muro! Sta alzando un muro in
camera mia!".
"Dio, che pregiudizi, che ignoranza, che odio. Non è un muro, vede? Vede
questi pali? Vede questi cavalli di frisia? Vede questo filo spinato? È una
barriera difensiva in tecnica mista. Un po' cemento e un po' legno. Lei non ha
il diritto di chiamarlo muro".
"Domando scusa. No, volevo dire… ma perché lo costruisce in camera
mia?"
"Certo che lei è ben sciocco. Se devo difendermi da lei…"
"Ma lo faccia almeno nel corridoio. Aveva detto che la camera da letto
restava a me".
"Ah, allora riconosce il mio diritto a insediarmi nel corridoio".
"No! Io non riconosco un bel niente".
"Lo vede? Lei è contro di me, in partenza. Sotto sotto lei vuole sempre
ributtarmi sul marciapiede. Io vorrei vivere in pace con lei, ma non vedo come.
Onestamente non vedo come".
"Ma io devo uscire di qui! Devo andare a lavorare!"
"Passi dalla finestra. Attento, però, perché se la vedo arrampicato su una
grondaia in atteggiamento minaccioso, sparo. Lei non mi lascia nessuna
alternativa".
"Ma lei è un pazzo!"
"Io non sono un pazzo! Io sono una persona che ha vissuto un terribile
trauma famigliare, non capisce?"
"Lo capisco perfettamente".
"Ma questo non vuol dire che io non l'abbia superato. Ora io sono
perfettamente consapevole di me, e non soffro di nessuna mania di persecuzione!
Sono gli altri che hanno la mania di perseguitarmi! È diverso!"
"Lei è un pazzo".
"Ma non capisce. I miei nonni. I miei zii. I miei cugini. Tutti morti,
tutti. E lei dov'era? Perché non ha fatto niente? E perché non piange con me?
Pianga almeno con me".
"Sento che le sto per dire qualcosa di orribile, di cui in seguito mi
pentirò".
"La dica, la dica, tiri fuori tutto il suo odio, faccia vedere al mondo
che individuo orribile è".
"Forse ha ragione, forse sono un individuo orribile, ma per un attimo ho
pensato: ma tra tutti i suoi poveri parenti, doveva per forza salvarsi il più
strrrrrrrrrrrrrrring!
Rrrrrrrrrring!
Rrrrrrrrrring!
In quel momento Teddi, il neocone, aprì gli occhi, vide la sua camera
illuminata dal sole delle sette, il poster di Ronald Reagan, le viste della
skyline di Mahattan prima e dopo la cura, e anche se non era una camera molto
grande, si sentì inspiegabilmente sollevato.
Doveva aver fatto un sogno orribile, ma non lo ricordava.
Probabilmente uno di quei maledetti troll necomunisti neofascisti antiamericani
antisemiti lo aveva perseguitato nel sonno, con le sue obiezioni capziose,
finché lui non era sbottato e non aveva pronunciato una frase orribile, davvero
orribile, di cui ancora si vergognava. Era strano vergognarsi di un sogno.
Almeno nei sogni uno dovrebbe essere libero di pensare tutto quello che vuole,
senza dover spiegare niente a nessuno.
Dal soggiorno veniva un ronzio familiare. Merda! Il Pc era ancora acceso. Si
era piantato durante la chiusura, macchina di merda. Maledetto Bill Gates.
Ora andava riavviato. Teddi lo riavviò. Il monitor si spense e subito si
riaccese, visualizzando il monumento a Saddam Hussein strattonato dai marines,
mentre la folla applaude. Bei tempi, quelli. Teddi fu quasi tentato a
connettersi. Perché no? È ancora presto. Giusto per vedere se qualche coglione
ha replicato al mio vibrante post…
…ma mentre il mouse si avvicinava all'icona di explorer, Teddi sentì una fitta
lancinante allo stomaco. Maledetti peperoni.
parola di Davide Ognibene. Plink
Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori
|
e-mail
Visitate anche il blog di Kelebek
Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le "sette" e i think tank della destra in Italia |
La cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca
|