EDITORIALE
• Shock the monkey di Giuseppe Genna
Ci risiamo. Quel gioiello white trash che
è il governo Bush manifesta un'arsura di gola che sembra
inestinguibile: ha sete di sangue, ha appena finito di sorseggiare
plasma al popolo irakeno e ancora vuole bere: bere sangue.
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AMICI DI CARMILLA
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Maggio 07, 2003IL PINOCCHIO D'EGITTO (Quinta parte: I parà)
di Valerio Evangelisti
Eccoci all’epilogo. E’ con un po’ di tristezza che mi congedo da Magdi Allam e dalle sue colorite fantasie, capaci di conferire alla guerra all’Iraq la stessa aura onirica e folle di cui Fellini sapeva rivestire, al cinema, la Rimini natale o la Roma antica. Abbiamo vissuto grazie ad Allam, sulle pagine de La Repubblica, un episodio bellico che poco aveva a che fare con quello autentico, ma molto più appassionante per intrighi e retroscena di fantasia, con Saddam Hussein assurto alle dimensioni di un Mangiafuoco dalle risorse infernali e dalla bocca smisurata (di qui il mio riferimento a Pinocchio; non certo inteso, come qualcuno ha maliziosamente arzigogolato, a dare a Magdi Allam del bugiardo matricolato o del vu cumprà della disinformazione a sfondo scandalistico). Naturalmente, nel tessere le lodi di questo artista, ho dovuto
semplificare. Ho quindi risparmiato al lettore molte vicissitudini dei
sosia di Saddam Hussein, prima identificati come tali e, a distanza di
pochi giorni, negati a favore del Saddam autentico (per esempio, in due
articoli dedicati all’ultimo “bagno di folla” del dittatore); certe
rivelazioni un po’ contraddittorie, ma tutte egualmente sicure, sul suo
nascondiglio (individuato in tv da Magdi Allam in certe gallerie sotto
Baghdad, e il giorno seguente, sul suo giornale, nella natia Tikrit,
dove il tiranno sarebbe tornato spinto dalla nostalgia; salvo poi
scoprire dalle cronache che non si trovava in nessuno dei due luoghi);
alcune considerazioni di grande acume sulla calda accoglienza fatta dal
clero sciita agli anglo-americani, purtroppo smentite dalla banalità
dei fatti; la giusta individuazione, nella comparsa di alcuni esuli
iracheni in divise di fantasia, del fattore che avrebbe mutato le sorti
del conflitto. Nessuno osi dire che Magdi Allam avanzava ipotesi
infondate e vagamente deliranti. E’ solo che gli eventi non si sono poi
conformati alle sue costruzioni liriche. Spesso l’artista e il mondo
seguono due verità diverse, senza che si possa dire che quella poetica
abbia minore autenticità. Il suo radicamento nella psiche dell’autore è
concreto e non può essere messo in discussione. “[Saddam Hussein] ha deciso di usare la sua gente come scudi umani per proteggersi dall’attacco americano. Ha fatto circondare Baghdad con una trincea colma di petrolio in fiamme e una recinzione di filo spinato elettrificato. Gli osservatori stranieri pensano che l’abbia fatto per impedire agli americani di entrare. La verità è che Saddam vuole impedire ai sei milioni di abitanti di uscire.” La chiave interpretativa è tanto plausibile che già il giorno dopo, 31 marzo, Allam la fa direttamente propria, senza più chiamare in causa fantomatici funzionari. In un articolo allarmante in cui postula l’avvenuta fusione tra i comandi di Al Quaeda e dell’esercito iracheno, sotto una “leadership a due teste” formata da Bin Laden e Saddam Hussein (poco importa che l’unico gruppo vincolato ad Al Quaeda sia poi stato scovato nella clandestinità garantita dalla no flight zone anglo-americana, e che alcuni detenuti liberati dalle carceri irachene abbiano più tardi detto di essere stati arrestati perché accusati di connivenza con Bin Laden), Allam enuncia e rafforza le perfide finalità di Saddam: “Ha cinto d’assedio sei milioni di abitanti di Baghdad, creando una trincea piena di petrolio che brucia e un reticolato di filo spinato elettrificato. La popolazione sarà lo scudo umano dietro il quale si proteggerà dall’attacco dell’esercito americano.” Qui, suppongo, alcuni spettatori della tv saranno rimasti perplessi.
Erano se non quotidiane, quanto meno molto frequenti, le immagini di
auto che entravano e uscivano da Baghdad, indifferenti alla fumana
nera. Che si trattasse di uomini di regime, in possesso di speciali
lasciapassare? Ehm, no. Infatti il 7 aprile i media del mondo intero
annunciano che da quel giorno, dopo la prima incursione americana, il
governo iracheno ha imposto il coprifuoco: non si può lasciare Baghdad
dopo le 18 del pomeriggio. Fino a quell’ora gli “scudi umani” possono
transitare in entrata e in uscita. “La seconda unità è inserita nell’arma dell’Aeronautica. In entrambe queste unità gli aderenti vengono addestrati all’uso delle armi sofisticate, a paracadutarsi, a resistere alle condizioni ambientali estreme. Quando vanno in missione sanno che si tratta di operazioni suicide e che non torneranno indietro. Indossano la divisa mimetizzata tipica dei parà.” Qui uno non può fare a meno di grattarsi il cranio. Cavolo: è
risaputo che da oltre un decennio l’Iraq non possiede alcuna aviazione.
Quella che aveva è rimasta parcheggiata in Iran, sotto buona custodia.
E’ vero che alcuni giornalisti australiani avrebbero fotografato alcuni
Mig 25, ma, a parte il fatto che la notizia non ha trovato conferma, si
tratta di caccia, non idonei ai lanci col paracadute. Escluso per lo
stesso motivo anche qualche vecchio elicottero, da dove si sarebbero
lanciati i terribili paracadutisti di Saddam? Dall’orlo della vasca da
bagno? O il mondo mente, o Magdi Allam conta balle.
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