Lenin è morto ottanta anni fa (1924-2004). Ottanta anni
sono un buon periodo storico per fare un bilancio. Inoltre, la mummia di Lenin
non è ancora stata seppellita, ma Lenin ha da tempo cessato di essere il Grande
Ideologo della legittimazione del Socialismo Reale. I sacerdoti, dopo aver
bruciato sul rogo per settanta anni i dissenzienti, i pagani e gli eretici,
sono passati dall’altra parte a celebrare i riti di nuove divinità vincitrici.
Classico. Come Marx, Lenin è oggi “inattuale”. Anzi, lo è ancora di più, perché
Marx può sempre prestarsi a chiacchiere generiche sull’emancipazione umana o
sullo scandalo del divario fra ricchi e poveri, e diventar così un testimonial
prestigioso ed innocuo del movimento No Global. Lenin no. Lenin è uno che
ci ha provato, e non si è limitato ad operazioni mediatiche ed a proclamazioni
testimoniali.
Per questa ragione Lenin è particolarmente odiato. Lenin è
uno che ci ha provato, e per questo la sua memoria deve essere diffamata ed
esecrata. Le considerazioni che qui svolgo sono già da me state svolte in altri
contesti. Ma qui vengono riepilogate, riformulate e riproposte in modo
sistematico, cosa che probabilmente il lettore dotato di spirito critico
apprezzerà.
La
“leggenda nera” di Lenin, simbolo di un secolo diabolico da cui congedarsi
Gli storici definiscono “leggenda nera” (leyenda negra) la
teoria per cui gli spagnoli avrebbero di fatto genocidato i popoli amerindi
dell’America Latina. Non sono uno specialista di quella storia, e quanto dico
deve essere preso con beneficio d’inventario. A me sembra che gli spagnoli
volevano prima di tutto sottomettere e schiavizzare, mentre gli anglosassoni
intendevano invece sgomberare il terreno e quindi direttamente genocidare. Se
sbaglio mi si corregga. D’altra parte, poiché una immagine vale spesso più di
mille pagine di teoria, basta guardare le facce di George Bush e di Hugo Chavez
per sapere quale dei due modelli coloniali ha saputo integrare di più i
dominati. Ancora adesso chi guarda i telefilm americani vedrà negri in
tutte le salse, negri poliziotti, negri pompieri, persino negri dirigenti, ma
non vedrà mai coppie miste di neri e di bianchi. Ci si chieda il perché, e si
comincerà a capire qualcosa di più del mondo contemporaneo a direzione
ideocratica imperiale americana.
Oggi Lenin è il protagonista principale, insieme a Hitler
e Stalin (i poveri Mao e Mussolini sono obbligati a sedere in seconda fila!),
della “leggenda nera” del novecento, secolo diabolico in cui l’utopia della
virtù si è rovesciata in terrore (Hegel, Merleau-Ponty, Furet, eccetera), ed in
cui il comunismo non è stato che l’applicazione politica del livellamento
fordista al mondo sociale. Poiché noi italiani ci distinguiamo sempre per
essere feroci e buffoni (ma spesso non sappiamo che gli altri se ne accorgono,
e se non lo dicono è solo per educazione!), questa teoria è italiana come la
pizza e l’alta moda, ed ha trovato in Marco Revelli il suo esponente più
determinato. Il “pentimento” degli ex Lotta Continua, questo sgradevole
fenomeno sociologico, morale ed editoriale, ha evidentemente una durata di
molti decenni.
In realtà il novecento non può essere seriamente staccato
dai secoli precedenti. Il seicento ha cominciato a proporre un modello di
razionalità scientifica (Galileo) e filosofica (Spinoza), certo pieno di
difetti per il suo inevitabile meccanicismo, ma comunque pieno di promesse. Il
settecento ha esteso ed applicato questo modello di razionalità cercando di
mediarlo con la conoscenza storica. L’ottocento, bene o male, ha prodotto per
la prima volta una teoria emancipativa universalistica, piena di comprensibili
difetti economicistici, storicistici ed utopistici, ma nello stesso tempo
suscettibile di essere migliorata in un secondo tempo (Marx). Il novecento,
infine, non è stato solo il secolo di Auschwitz e di Hiroshima, ma è anche
stato il secolo “in cui ci si è provato” a cambiare il mondo (Lenin). Questo
primo tentativo di cambiamento è storicamente fallito, ma non per questo deve
essere anche filosoficamente delegittimato.
Ancora una volta ripeto la vera ragione dell’odio verso
Lenin. Lenin deve essere maledetto perché ci ha provato. Certo, le “anime
belle” che non si sporcano mai le mani non commettono mai errori o crimini. In
proposito, la gente che si crede “colta” non capisce assolutamente la natura
delle proposte apocalittiche alla Marco Revelli, e crede che si tratti solo di
un “congedo” filosoficamente elaborato dal solo novecento fordista-comunista.
Errore. Ciò da cui si vuole prendere congedo non è il solo novecento
fordista-comunista, ma è l’intero progetto conoscitivo-emancipativo della
modernità europea. Il “pentimento” della povera banda di Lotta Continua
(Adriano Sofri, Marco Revelli, eccetera) è solo il punto di infiammazione
patologica di una epidemia molto più diffusa, l’irrazionale congedo dall’intero
progetto moderno, un progetto ad un tempo conoscitivo ed emancipativo.
Questo progetto è un progetto pratico, e la pratica è
un’attività trasformatrice. Chi trasforma, dunque, deve a volte distruggere per
ricostruire. Chi parla solo di frittata non deve rompere nessun uovo, ma chi
vuole veramente cucinare una frittata deve necessariamente rompere le uova. Non
ci si inganni sull’attuale retorica della Non-Violenza. E’ evidente che in
linea di principio la Non-Violenza è meglio della Violenza. Bella scoperta!
Fare l’amore è meglio di soffrire di un tumore! Una carezza è meglio di un
colpo di scure! Convincere tutti è meglio di incarcerare anche solo una
minoranza riottosa! E così potremmo continuare in una sagra delle banalità.
La retorica della Non-Violenza, oggi, al di là di essere
un evidente segnale di integrazione simbolica nel sistema politico delle
oligarchie finanziarie attuali, rappresenta il trionfo della “teoria parlata”
sulla “pratica giocata”. Finalmente si può parlare di frittata senza dover
anche spiacevolmente rompere le uova. Chi non capisce che siamo di fronte ad
una crisi epocale della razionalità moderna, e ritiene che si tratti soltanto
di un tragicomico momento congiunturale che caratterizza i codici di
riconoscimento di gruppi relativamente esigui (anche se sovrarappresentati
mediaticamente) di politici, giornalisti ed accademici, non coglie
adeguatamente i tratti del tempo presente. Niente di nuovo. Tipico della
“sinistra” è non cogliere mai il senso tragico della storia. Ci deve sempre
essere un “lieto fine”, sempre una “proposta”, sempre una “soluzione”.
Ebbene, si ritorna sempre al punto di partenza, come nei
giochi di dadi in cui si viene puniti perché si è capitati nella casella
sbagliata. Lenin ci ha provato, dunque deve essere demonizzato. Marx ha
solo scritto, ma non ci ha veramente provato. Fra i due demoni, dunque, Lenin è
il peggiore.
Alla parte successiva
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