Nazione italiana, Europa e Mediterraneo

il presente come storia. Coscienza storica, memoria storica, liberazione

V parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Indipendenza è stato diviso in tredici parti.

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5. Il sionismo ed il segreto della sua scandalosa impunità internazionale.
Abbiamo visto come la retorica perdonista, sostituendo il moralismo ipocrita alla comprensione razionale del passato, è funzionale non solo alla formazione di un mercato mondiale omogeneo di consumatori multicolori e politically correct, ma anche ad una cultura superstiziosa in cui i miti storiografici dell'eccezione diabolica e dell'illusione criminale possono sostituire la decifrazione dei meccanismi dei massacri amministrativi (degli stati ideologici, come nel passato quello nazista ed oggi quello americano) e dell'impotenza funzionale a portare a termine una rivoluzione anticapitalistica (dei partiti e delle classi elette del marxismo novecentesco). Tuttavia, la retorica perdonista ha un'importante eccezione. Vi è oggi una forza storica che non chiede perdono per quello che ha fatto (l'espulsione di un popolo innocente dalla sua terra), che non ha nessuna intenzione di farlo neppure in futuro, che terrorizza i suoi vicini, che vìola le leggi internazionali e che gode di una scandalosa, e solo apparentemente incomprensibile, impunità internazionale.
Questa forza storica è ovviamente il sionismo israeliano. Qual è il segreto di questa impunità? Il tema è interessante. Recentemente, il leader laburista israeliano Ehud Barak ha sostenuto che se fosse nato palestinese avrebbe probabilmente fatto il terrorista. Apriti cielo! Nessuno gli ha contestato che la parola giusta per indicare un combattente non è "terrorista" ma è piuttosto "patriota", e non corrisponde a decenza verbale definire un combattente sionista "patriota" e definire un combattente palestinese "terrorista", perché si violano così tutte le regole divine ed umane dell'equità. No, l'orrore è nato dal semplice fatto che ha osato anche solo evocare un simile paragone. Ancora più recentemente, lo studioso conservatore italiano Sergio Romano, autore di una interessante Lettera ad un amico ebreo, ha sostenuto in un dibattito a Torino davanti ad una platea di normali benpensanti di sinistra politically correct e perciò filoisraeliani la seguente tesi, a nostro avviso assolutamente impeccabile: io posso permettermi di essere filoisraeliano, perché sono un uomo di destra sostenitore della politica di potenza, del fatto compiuto e dell'imperialismo, ma voi, anime belle di sinistra, perché consentite ad Israele quello che non consentireste in nessun altro caso?
Ed infatti capita proprio così. Come interpretare questa scandalosa impunità? È necessario provare a farlo, perché senza chiarirsi le idee sul sionismo, questo esempio purissimo di colonialismo imperialistico, è impossibile orientarsi culturalmente nella storia presente.
In prima istanza, è necessario considerare preliminarmente gli ebrei come un popolo ed una nazione come tutti gli altri. Questa è la mossa culturale preliminare, condizione necessaria (anche se non sufficiente) per non oscillare fra i due poli opposti (ma opposti in solidarietà antitetico-polare) dell'antisemitismo (paranoico) e del filosemitismo (schizofrenico). Se cominciamo a pensare che gli ebrei sono un popolo speciale, allora questa loro enigmatica ed oscura specialità porta gli imbecilli a pensare che siano un popolo eletto (da Dio, e perciò titolare di misteriosi privilegi speciali) o un popolo maledetto (perché ha crocifisso Gesù, o perché vuole conquistare il mondo, o perché è al centro di un complotto globale diretto da finanzieri egoisti e da rivoluzionari senza patria, eccetera).
L'imbecillità è sempre politicamente pericolosa. A ragione il grande socialista tedesco Bebel definì l'antisemitismo moderno un "socialismo degli imbecilli". Mai definizione fu a mio avviso tanto azzeccata. Ma l'antisemitismo è qualcosa che precede la modernità capitalistica. L'antisemitismo è una vecchia ossessione del pensiero occidentale (cui è totalmente estraneo il pensiero arabo-islamico), ed è un'ossessione legata al mito della salvezza, ed al campo di amici e nemici che si fronteggiano nella grande lotta per la salvezza stessa. Il massacro amministrativo contro gli ebrei, portato a termine da Hitler e dal nazionalsocialismo, è il punto finale di questa paranoica ossessione tipica ed esclusiva del pensiero occidentale. Questo fa nascere un comprensibile complesso di colpa, anch'esso tipico ed esclusivo del pensiero occidentale. Nello stesso tempo il tradizionale messianesimo ebraico, materializzandosi nel piccolo stato espansionistico, militare ed ultracapitalistico di Israele, si incontra con la parallela ideologia messianica, puritana e veterotestamentaria del protestantesimo americano. Questo incontro è esplosivo, e permette il rovesciamento integrale dell'antisemitismo in filosemitismo. Ed ecco le stupidaggini sugli ebrei come "fratelli maggiori", "popolo eletto", portatori di una filosofia speciale, eccetera. Fra Atene e Gerusalemme si proclama la vittoria di Gerusalemme, ma non è la Gerusalemme simbolo della coesistenza pacifica fra diverse religioni, ma la Gerusalemme in cui zeloti armati di armi atomiche spaventano ed umiliano tutti i loro vicini.
L'odierno filosemitismo (schizofrenico) è dunque il semplice rovesciamento dialettico del precedente antisemitismo (paranoico). La stessa cultura disgraziata ed imbecille che mise le premesse del massacro amministrativo del nazionalsocialismo tedesco, punto culminante della lunga storia dell'antisemitismo paranoico occidentale, è oggi vittima di un comprensibile complesso di colpa, lo scarica sul mondo arabo (non solo islamico, ma anche cristiano) che è del tutto innocente di questa ossessione, e crede di espiare con un altrettanto grottesco filosemitismo, dietro cui ci stanno le ossessioni messianiche da fine della storia del protestantesimo fondamentalista americano, drogato di superstizione veterotestamentaria e perciò continuamente ricattabile da bande di zeloti armati.
Riportato alla normalità, il popolo e la nazione ebraica devono avere un posto sicuro nella fraternità solidale fra i popoli e le nazioni del mondo intero. Riportato alle frontiere del 1967, e dopo aver indennizzato e permesso il ritorno concordato dei palestinesi espulsi nel 1948-49, lo stato israeliano, che ormai esiste ed in cui si è formato un popolo nuovo, il "popolo israeliano", garantito da credibili accordi internazionali e regionali, deve tornare ad essere quel "focolare nazionale" (national home), promesso dalla "dichiarazione Balfour" del 1917 (l'anno inquietante in cui secondo Nolte e Furet sorse l'illusione rivoluzionaria criminale del comunismo storico novecentesco), cosa ben diversa dallo stato espansionista attuale.
Mi rendo conto che oggi considerazioni come queste sono rare, perché vi è la paura di essere accusati di antisemitismo. Ma come già disse il poeta "non ti curar di lor, ma guarda e passa"! È vero che l'antisemitismo ed il filosemitismo non sono entità omogenee. L'antisemitismo è il prodotto di un'orribile paranoia storica e culturale, la quintessenza del rancore e del risentimento che ha già prodotto un gigantesco massacro amministrativo. Il filosemitismo ne è per ora soltanto un patetico ed innocuo rovesciamento, sintomo inquietante e fastidioso dell'incapacità strutturale della cultura occidentale a rinunciare alla pericolosa imbecillità dell'esistenza garantita da Dio di un "popolo eletto", e perciò orwellianamente più "uguale di tutti gli altri".
Il mondo del futuro, per avere un senso, dovrà essere un mondo di popoli e di nazioni eguali nel loro diritto alla differenza. Un simile mondo non può riconoscere "differenze speciali" garantite da un Dio a sua volta "più eguale di tutti gli altri". L'intellettuale ebreo Spinoza, scacciato dalla sua comunità per la sua libertà di pensiero, avrebbe certamente capito questo semplice ed elementare concetto.



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