Alla
fine del
Settecento, non
vi è dubbio che
il Lombardo -
Veneto è la
parte d'Italia
più evoluta per
la sua economia
avanzata che
comporta una
maggiore
evoluzione
civile e
culturale (più
la Lombardia che
il Veneto).
Merito di ciò
è indubbiamente
la dominazione -
amministrazione
austriaca che
con il benessere
che garantisce
fa dimenticare
ai più il
ferreo controllo
assolutistico.
Gli austriaci
tornano al
potere dopo la
caduta di
Napoleone nel
1814. Da questo
momento la
scuola torna a
ciò che era
prima della
Rivoluzione con
la sopravvenuta
necessità di
ordinare e
sistemare
l'esistente. La
cosa verrà
fatta con il Regolamento
Normale per le
Scuole
Elementari
del 1818. Le
scuole verranno
suddivise in tre
categorie,
quelle minori,
quelle maggiori
e quelle tecniche
(queste ultime
mai
realizzate).
Figura
2 - Scuole di
carità per
l'infanzia,
incisione del
1837 (Roma,
Collezione
Fainelli).
Le
scuole minori
erano
obbligatorie per
tutti i giovani
(maschi e
femmine) con
età compresa
tra i 6 ed i 12
anni. Erano
organizzate nei
centri minori
sotto la
direzione di un
parroco ed
avvenivano in
classi di fino a
200 alunni (con
un paio di
aiutanti per
ciascun
maestro), fatto
che le qualifica
per la supposta
efficacia.
Le
scuole maggiori
erano
organizzate nei
centri maggiori
per preparare
all'ingresso o a
scuole tecniche
o al mondo del
lavoro.
Le
finalità della
scuola sono ben
chiare nel
Regolamento:
i
maestri
debbono avere
speciale
attenzione ad
insinuare agli
scolari la
gratitudine
verso i
parenti e
l'amore verso
l'arte,
l'amore verso
il Sovrano, e
per la patria,
l'ubbidienza
alle leggi, il
rispetto ai
magistrati, e
la
riconoscenza
soprattutto,
che dovevano a
chi loro
procurava una
gratuita
istruzione, e
cercava di
nobilitare
l'animo loro.
Gli
insegnanti erano
obbligati a
frequentare una scuola
di metodica
ma ciò non
era
sufficiente a
maggiore
qualificazione.
Vi era infatti
il pregiudizio,
che conveniva
mantenere per
ragioni
politiche e di
affidabilità,
dei preti come
migliori
insegnanti.
Come
si può
osservare la
struttura delle
scuole del
Lombardo -
Veneto era seria
ed avanzata ma,
nonostante ciò,
vi era una
grossa evasione
nella loro
frequenza, anche
se la frequenza
(in Lombardia)
era la più alta
d'Italia: il 68%
di maschi ed il
42% di femmine
(in età
scolare) con
punte del 90% a
Bergamo.
Le
cose si
modificarono di
poco dopo i vari
moti
rivoluzionari e
la guerra
d'indipendenza.
Anche qui
aumentò il
controllo che
divenne sempre
più stretto,
anche qui la
scuola era
sempre più
affidata alla
curia.
Nel
1851 vi fu una
riforma che
tentava di
promuovere le
scuole tecniche.
Non ebbe
successo e
questo perché
il male profondo
di tutto il
sistema (e non
solo del
Lombardo -
Veneto) era la
scarsa
preparazione che
si aveva nelle
scuole di base
soprattutto
quando erano in
mano ai curati.
Sta di fatto che
il Lombardo -
Veneto si
presentò
all'unità con
il 64% di
analfabeti,
appena un 4% in
meno che la
media italiana.
Anche
qui, come nel
Regno di Napoli,
si fece fronte
ai disastri
pubblici con
iniziative
private di
grande rilievo
da parte
liberale (che
per gran parte,
come per Napoli,
interessavano
però i figli
dei borghesi
illuminati). Si
misero su le
scuole di mutuo
insegnamento
(1919) sotto la
spinta, tra
l'altro, di
Federico
Confalonieri.
Sorgeranno poi,
sull'esempio dei
giardini
d'infanzia, gli
asili infantili
(1929), che si
estenderanno
rapidamente
anche al resto
d'Italia, meno
che nello Stato
Pontificio e nel
Regno di Napoli.