Regno di Sardegna
[Le lezioni, secondo l'articolo 12 del Regolamento], «principieranno alla mattina colla recitazione delle orazioni del mattino, e termineranno coll'agimus tibi gratias. S'impiegherà la prima mezz'ora nell'insegnamento delle lezioni del catechismo della diocesi. La scuola del dopo pranzo principierà colla recitazione dell'actiones nostras, e terminerà con quella delle orazioni della sera. Quella del dopo pranzo del sabbato verrà tutto impiegata nell'insegnamento del catechismo, e della dottrina cristiana, e terminerà colla recitazione delle Litanie della Beata Vergine».[Secondo l'articolo 15] «II Maestro, o Maestri delle scuole comunali si concerteranno col Parroco, affinché o nel luogo della scuola, o nella parrocchia abbino i fanciulli il comodo di sentire la messa prima della scuola, e quello di confessarsi una volta al mese; essi porteranno almeno ogni bimestre la fede di confessione. Nei giorni di festa gli scolari assisteranno al catechismo; ed alle funzioni parrocchiali nella loro parrocchia».
Principio fondamentale della scuola piemontese è quello di un'educazione volta al supremo fine di fabbricare dei sudditi fedeli e obbedienti alla Chiesa e allo Stato, anziché a quello di formare delle personalità intellettualmente e moralmente compiute e capaci. Tutto ciò che ha un lontano sentore di liberalismo o comunque di progressismo, è esecrato e bandito. Vigono i sistemi inquisitoriali più rigorosi; la sferza e la delazione sono in uso legale. Si stimolano gli scolari ad ambire al premio di essere chiamati a sferzare i propri competitori. I pochi insegnanti laici sono sorvegliati rigorosamente e posti sotto la costante minaccia della destituzione per ogni minima causa.
In tale legge l’istruzione veniva divisa in 3 gradi: universitario, classico o secondario (suddiviso in tre corsi: grammatica, retorica, filosofia; in esso vengono insegnate le lingue antiche e quelle straniere, gli elementi di filosofia e di scienze preparatori agli studi universitari), tecnico o speciale (scuole professionali per l'avvio al lavoro; tali scuole avranno considerazione continuamente crescente e saranno sostenute dallo stesso Cavour), primario o elementare (inferiore e superiore, ciascuno di due anni), tutti posti sotto la tutela pedagogica ed amministrativa del Ministero, che subentrava al controllo dei Gesuiti. Per questo la legge Boncompagni fu il primo tentativo radicale di laicizzazione dell’ordinamento scolastico, estendendo il controllo del governo anche alla scuola privata ed a quelle ecclesiastiche ed aprendo ad una problematica che sarà sempre fonte di problemi: la libertà d'insegnamento. Con una circolare del 1851 si istituirono anche le Scuole provinciali di metodo che a loro volta sono suddivise in Scuole di metodo, istituite nelle grandi città al fine di formare i maestri per il corso superiore delle elementari, e in Scuole inferiori di metodo, da istituirsi nei centri minori per la preparazione dei maestri del corso elementare inferiore. Va aggiunto che la Scuola di metodo con tutte le sue ramificazioni è rigorosamente riservata alla formazione dei maestri, anche se si comincia a delineare il problema della formazione delle maestre. Nel 1849, Domenico Berti istruisce privatamente nella sua casa di Torino alcune giovani donne e consegue un tale successo che, l’anno successivo, a causa dell’elevato numero di richieste di partecipazione, deve chiedere al governo dei locali per tenervi lezione. Dal 1852 la scuola di Berti diventa triennale e prevede anche un convitto per le ragazze che non risiedono a Torino. Viene inoltre istituita una biblioteca itinerante e, dal 1854, è annesso alla scuola un corso elementare per le esercitazioni di tirocinio. La necessità di preparare le ragazze all’esame di patente magistrale viene sentita anche a livello statale, tanto che il 21 agosto 1853 il ministro Cibrario emana un regolamento in base al quale le scuole di metodo assumono il nome di “scuole magistrali” e vengono suddivise in maschili e femminili. La preparazione è caratterizzata da un programma di abilitazione all’insegnamento carente ed estremamente ridotto, riconducibile all’istruzione religiosa, a poche ed ormai obsolete istruzioni per insegnare le tecniche del leggere, dello scrivere e del far di conto e, infine, per insegnare il modo di mantenere la disciplina.
Di interesse è il riconoscimento che la scuola deve essere diretta da gruppi di persone (Consigli) e non da singoli (anche se la cosa cadrà con la Legge Lanza del 1857) e che, per la prima volta la scuola elementare non è considerata come una cosa a sé stante ma come base per tutti per poter accedere a qualunque altro studio.
Ma malgrado ciò le innovazioni pedagogiche furono blande, si centralizzò soltanto il controllo, l’insegnamento della religione rimase garantito dalla presenza nelle scuole di un direttore spirituale nominato dal vescovo e le innovazioni chieste dai liberali rimasero inascoltate, inoltre moltissimi insegnanti, soprattutto a livello elementare, erano dei religiosi. Era confermato il primato dell’indirizzo umanistico e delle discipline classiche, furono appena introdotte le discipline scientifiche e matematiche. Il movimento ideologico che ispirò la legge Boncompagni, avrebbe voluto contrapporre alla pedagogia dei gesuiti una pedagogia di matrice militare sul modello dell’accademia ma ben presto questa si rivelò una mera velleità ed anzi il processo di laicizzazione si mostro più lento del previsto.
Con la legge Lanza del 20 giugno 1858 viene istituita la scuola normale che, secondo i piani di attuazione previsti, nell’arco di tre anni avrebbe dovuto raggiungere le dodici unità (sei maschili e sei femminili).
Concludo il paragrafo riportando alcuni quadri statistici relativi alla scuola nei vari Stati preunitari (Fonte: Genovesi, Storia della scuola in Italia dal Settecento a oggi, Laterza 1998):
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