Per agevolare la lettura, questa storia della scuola italiana è stato diviso in venticinque parti.
All'introduzione
Alla parte successiva

 

LA LEGGE CASATI (1859): IL PROGETTO ALLA BASE DELLA SCUOLA DELL'ITALIA UNITA

 

La Legge organica sulla Pubblica Istruzione o Legge Casati (novembre 1859) fu elaborata, insieme a Casati, da A. Mauri e A. Fava e fu varata, nonostante la sua mole (379 articoli), in soli 4 mesi, dato che non dovette passare per il Parlamento a seguito dello stato di Guerra (Seconda Guerra d'Indipendenza). Fu lo stesso Vittorio Emanuele I a promulgarla. Tale legge raccoglie tutte le istanze della Boncompagni, della Cibrario e della Lanza fornendo un assetto organico e gerarchizzato alla scuola, dall’elementare all’università sotto la dipendenza diretta dal consiglio della Pubblica Istruzione nominato direttamente dal Ministro (spettava al ministero dell'Agricoltura e Commercio l'istruzione professionale; l'istruzione universitaria e classica al potere centrale, la tecnica superiore alle province, l'elementare ai comuni).

Tuttavia le novità della legge Casati non furono poche: venne istituita la prima scuola elementare per tutti, di quattro anni con un biennio inferiore (quello obbligatorio e gratuito) ed uno superiore; si insegnavano materie quali la religione, lettura e scrittura, aritmetica e sistema metrico, la lingua italiana, la geografia elementare e la storia nazionale, scienze fisiche e naturali applicabili principalmente agli usi della vita quotidiana. Un ulteriore divisione era tra corsi per maschi e per femmine in cui si insegnavano anche i “mestieri donneschi”. Il Regolamento del 1860 affermava che le scuole devono essere salubri, con molta luce, in luoghi tranquilli e decenti. L’istruzione elementare era a carico dei comuni (che doveva anche fornire la legna da ardere ma non l'inchiostro da acquistarsi con il contributo delle famiglie), restando però di competenza del ministero della pubblica istruzione i programmi e le didattiche. I comuni dovevano anche garantire una adeguata istruzione militare agli alunni e fornire loro istruttori ed armi necessarie. La scuola elementare inferiore, come accennato, sarebbe dovuta essere obbligatoria per tutti ma occorrerà attendere sino al 1877 per ribadire il connotato di obbligatorietà. La scuola elementare fu frequentata prevalentemente dai figli del popolo ed in misura ridotta dai figli della piccola borghesia, che attendevano ad attività commerciali, d’artigianato ed a piccoli impieghi. La media ed alta borghesia la disdegnarono a lungo, provvedendo in altro modo ad un’istruzione classica ed umanistica, preoccupati di trovarsi seduti sui banchi con i figli di operai e contadini.

  A similitudine delle scuole elementari, che dipendevano direttamente dia Comuni, le scuole ad indirizzo tecnico e professionali avevano chiaramente la finalità di formare i futuri operai specializzati da avviare nel mondo industriale che si stava lentamente costruendo nell’Italia post risorgimentale. La legge Casati fondava e caratterizzava l'istruzione quasi esclusivamente sul "ginnasio-liceo", la scuola classica per eccellenza che, si può dire, rimarrà immutata per quasi un secolo. Il liceo era, nella società borghese liberale, il vivaio delle nuove classi dirigenti che poi avrebbero avuto come sbocco naturale l'università. Quest'ultima ebbe varie modifiche tra le quali l'innesto, sul modello delle facoltà di teologia, diritto e medicina, dei corsi di laurea in lettere e filosofia e in scienze matematiche, fisiche e naturali. Con le prime forme d'industrializzazione, con l'introduzione delle macchine, tale modello di scuola rivelò i propri limiti: non preparava i tecnici di cui la società industriale aveva crescente bisogno, soprattutto tecnici intermedi. La scuola in genere, nella sua organizzazione prevalentemente umanistica, non fu in grado di evolversi per corrispondere a tali mutate esigenze, tanto che gran parte delle istituzioni scolastiche destinate a preparare tecnici videro la luce al di fuori della scuola, per iniziativa di diversi ministeri (quello dell'agricoltura, dell'industria e commercio per le scuole agrarie e industriali ecc.), con iniziative che solo nel 1930 verranno riportate nell'alveo del Ministero della Pubblica Istruzione.
La legge Casati, in linea con quanto iniziato dai predecessori, si occupò anche della preparazione del maestro ridefinendo la Scuola normale, poi estesa a tutto il Regno d’Italia, che rimarrà pressoché invariata fino alla riforma Gentile del 1923. Essa stabiliva l’istituzione di scuole normali triennali, ridotte ad un corso biennale per coloro che intendevano insegnare nel corso elementare inferiore, nelle quali materie di insegnamento erano: morale, religione, lingua ed elementi di letteratura nazionale, elementi di geografia generale, geografia e storia nazionale, aritmetica e contabilità, elementi di geometria, nozioni elementari di storia naturale, di fisica e di chimica, norme elementari di igiene, disegno e calligrafia ed, infine , pedagogia. Per accedere a tali scuole normali, bisognava sostenere e superare un esame al quale si era ammessi a 16 anni compiuti, se uomini, o 15 se donne, sanzionando in tal modo la netta distinzione tra scuole maschili e femminili. I problemi della mancanza di insegnanti qualificati si moltiplicavano al crescere dei livelli di istruzione. Nel 1860 solo l'Università di Torino era in grado di licenziare laureati in lettere (ma appena 10). Milano, nello stesso anno, aveva solo matricole (16). Pisa ne aveva 17 e Bologna 1. Tutte le altre Università italiane non ebbero in quel periodo neanche un laureato in lettere. Né più prospera era la situazione dei corsi di laurea in filosofia e in matematica anche per il fatto che tali corsi erano da poco aperti.
Va da sé che il primo ministro che si trovò a gestire concretamente la riforma, Terenzio Mamiani non trovò di meglio, per colmare i troppi vuoti, che procedere a nomine d'ufficio, conferendo patenti abilitanti anche ai non laureati. In questo modo, nel 1860 e nei decenni a seguire, salirono in cattedra gli "amici" del ministero, i patrioti del Risorgimento in attesa di una sistemazione e gli ex preti che avevano scelto di allinearsi con la causa del liberalismo. Solo sul finire del secolo si ebbero i primi laureati in numero ragionevole.

Mentre chiunque avesse compiuto i 25 anni, a patto di possedere determinati requisiti, di adottare i programmi statali e di accettare il controllo statale, poteva aprire una scuola privata, i diplomi e le licenze potevano essere rilasciati solo dalle scuole pubbliche e gli studenti delle private che ambissero tali diplomi e licenze dovevano sostenere esami davanti ad insegnanti di scuole statali.




Per agevolare la lettura, questo testo è stato diviso in venticinque parti.
All'introduzione
Alla parte successiva

Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione
Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori




e-mail


Visitate anche il blog di Kelebek

Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le "sette" e i think tank della destra in Italia | La cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca