Nota introduttiva di Miguel Martinez Non credo ai maestri, perché vedo i discepoli. Mi fanno venire in mente il rapporto che esiste tra Mao, che riuscì nel bene o nel male a trasformare il più grande paese del pianeta, e i teneri maoisti del Partito Marxista Leninista Italiano, che ogni anno annunciano il prossimo avvento del socialismo a qualche decina di devoti. Però ci sono state molte persone che mi hanno aiutato a riflettere. Alcune, come Jan Assmann o Theodor Adorno, conosciute solo sui libri. Altre invece, come Roberto Giammanco o Costanzo Preve, sono anche amici. Nell’elenco ci devo mettere anche Sandra e Flavia Busatta. Nomi che probabilmente non conoscerete. Certo, non tutti gli sconosciuti sono geni, ma è significativo che un ripetitore di luoghi comuni come Oriana Fallaci sia nota a tutti, mentre le sorelle Busatta sono conosciute solo un piccolo giro: quello delle persone che si occupano seriamente dei nativi americani o “indiani d’America.” Non che io sia una di queste, ma ho avuto la fortuna di assistere a diverse loro conferenze, organizzate da Franco Venturi del Centro Italiano Studi e Ricerche sull’America Precolombiana (CISRAP) di Verona. Sandra e Flavia hanno una dote preziosa: quella di farti vedere il mondo in una goccia d’acqua. Mentre loro ti parlano di truffatori Cheyenne o di astuti politici Apache, di registi cinematografici che inventano mondi mai esistiti o delle avventure di un indiano Fox in Italia, capisci improvvisamente un’infinità di altre cose. Cose molto importanti per me, che ero appena uscito dal chiuso mondo di una setta neoteosofica (ironizzo sui marxisti-leninisti, ma non sono certo esente da colpe intellettuali). Flavia e Sandra pubblicano una
rivista preziosa, Hako, con monografie che parlano degli indiani reali.
Basta vedere i titoli, come “gli indiani e la Massoneria” o “gli indiani e le
destre”. La rivista è disponibile in un formato PDF poco agevole.
Aspiranti indiani ungheresi alla Crow Sun Dance del 1981 Ho pensato di ripagare in parte il mio debito verso di loro, inserendo su questo sito un articolo di Flavia Busatta, tratto dal numero 22 di Hako, Gli indiani e la New Age, in cui ci spiega, con ironia, semplicità e vasta conoscenza come sia stata inventata la straordinaria fantasia degli indiani “ecologisti e spirituali”. L’articolo è molto lungo, ma vale la pena. Lascio ovviamente ai lettori trarre le loro conclusioni, ma credo che ci sia materiale per molta riflessione e un po’ di autocritica. A sinistra sull’importanza dei fattori che l’ortodossia marxista obbliga ad accantonare con aria di sufficienza; a destra sulla labilità della nozione di tradizione; ai cultori dell’alternativo, su quanto sia moderno il loro immaginario; e a tutti, sulla quantità terrificante di luoghi comuni e falsificazioni su cui basiamo i nostri giudizi. E per tutti, una riflessione sulla maniera in cui il più efficiente imperialismo di tutti i tempi, quello statunitense, ha saputo non solo annientare i molti mondi dei nativi americani, ma anche trasformarne i resti in un perfetto prodotto di consumo per i bravi progressisti della démiculture euroamericana. Tutte le immagini sono tratte dal sito di Hako.
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