Cosa succedeva allora nel Kosovo?
Nel mese di luglio del 1999, Dzemail Zeinulah, un rom di Kosovska Mitrovica,
raccontò la sua storia all'Associazione dei Rom della Croazia:
Credo che conosciate la Mahala di Kosovska
Mitrovica. È la nostra comunità, o lo era. Se solo potessi
ritornare… ma a cosa, a ruderi incendiati? Hanno dato fuoco alla mia casa.
E che casa bella che era. Avevo passato tutta la mia vita a costruirla.
Lavoravo per una ditta, ma il pomeriggio, mattone per mattone… e i fiori
attorno alla casa, un giardino, tutto ciò che un cuore poteva desiderare.
Non è successo solo alla mia, c'erano
delle case molto più belle nella Mahala. Molte erano a due piani.
Noi [Rom] avevamo i nostri negozi, un barbiere, un parrucchiere, persino
due fornai. E pensate che adesso tutto ciò è stato saccheggiato
e dato alle fiamme.
Stavamo in piedi lì, sulla sponda
opposta del fiume Ibar; abbiamo visto tutto con i nostri occhi, nuvole
di fumo che salivano, tutto il nostro sudore che si trasformava in fiamme.
Erano più di millecinquecento case. Stavamo lì in silenzio,
senza muoverci, oltre seimila Rom che vedevano le loro vite trasformarsi
in cenere. All'odore di pane cotto di fresco si sostituiva quello di ruderi
bruciati. Continuavamo a guardare, le lacrime scorrevano mentre di tanto
in tanto si udivano i pianti dei bambini.
Siamo un popolo strano, un popolo con una
maledizione: non vogliamo la guerra, ma la guerra vuole noi.
È sempre stato così. E come
ci ripagano generosamente gli albanesi. Noi avevamo mandato i nostri figli
alle loro scuole, parlavamo in albanese. E molti Rom si sono lasciati
censire come albanesi, perché molti non sanno più parlare
il romanè. Ciò faceva comodo agli albanesi perché
potevano far vedere quanti fossero e che il Kosovo apparteneva a loro.
Con quanta generosità ci hanno ripagati: il Kosovo adesso è
loro e solo loro.
È arrivata la NATO e poi l'UCK. Tutti
portavano fucili, mitra, pistole e coltelli. Sanno che i Rom non portano
armi. Hanno fatto irruzione nella nostra mahala, andando di casa in casa.
Ci dissero: andatevene o sarete massacrati.
Di cosa vivrò? Ho perso la pensione,
la casa e ora, dopo centinaia e centinaia di anni, dovrò cercarmi
una nuova patria. Non ci hanno permesso di portare nemmeno il più
piccolo oggetto con noi, solo i vestiti che indossavamo. Chi ha potuto
è fuggito. È rimasto solo il nostro capo derviscio, Aziz
Azemi. È zoppo, come poteva fuggire? È un uomo religioso
e della stessa fede degli albanesi, o almeno così si direbbe. Perciò
Aziz è rimasto nella sua tekké [santuario sufi] e loro hanno
incendiato la tekké e il nostro Aziz era dentro. Abbiamo sentito
dire che tutti coloro che non sono scappati sono stati uccisi.
Noi ci siamo dispersi. Circa duemila di noi
sono andati a finire a Zvecara nel Kosovo, dove ci hanno messi in un campo
assieme ai serbi.
campo di Blace (Macedonia)
Siamo andati a piedi verso Novi Pazar. Certo,
non avevamo pesi da portare, ma il viaggio fu faticoso lo stesso. Mia moglie,
due figli, una nuora e io.
A Novi Pazar ci hanno messi una specie di
campo. C'erano Rom provenienti da tutto il Kosovo - da Pristina, Kosovo
Polje, Tavnik, Podujevo, persino da Djakova. Eravamo a migliaia nel campo.
C'erano moltissimi serbi e montenegrini,
e poi turchi e croati. Facemmo amicizia con una donna. Era slovena. Fissava
il vuoto tutto il tempo, ripetendo, "o mio Dio, esiste la giustizia in
terra? Che male abbiamo fatto? Che male abbiamo fatto?’
Nel campo non ci sono né cibo né
medicine. I serbi patiscono la fame come noi. Non ci sono vestiti, non
c'è un posto per lavarsi e possediamo solo ciò che ci portiamo
addosso.
Vedo il male diffondersi! Il mondo non vuole
saperne di noi. Eppure io so come sono andate le cose prima. Tutti avevamo
antenne satellitari. Abbiamo visto come il mondo ha accolto i profughi
albanesi in Macedonia e in Albania. Il mondo ha pianto per loro. Per noi,
quelle lacrime non esistono; per noi che non siamo fuggiti a comando perché
il mondo s'impietosisse di noi e si schierasse a nostro fianco.
Noi non esistiamo. Questo l'ho capito. Non
c'è ritorno al Kosovo, perché i kosovari non sono i
montenegrini, i serbi, i turchi: solo gli albanesi sono kosovari, e basta!
I politici stranieri dicono che la NATO formerà
una milizia costituita da albanesi, dai membri dell'UCK. La stessa gente
che ci ha derubati, che ha bruciato le nostre case e ci ha cacciati dovrebbe
proteggerci. Da chi? Lo vedo, il male si diffonde, perciò abbiamo
deciso di andare a Sarajevo. Siamo rimasti lì per un certo periodo
con alcuni parenti. Ma la vita era dura anche lì. I nostri parenti
hanno pagato il nostro viaggio, siamo entrati clandestinamente in Croazia."
Devastazione in una casa
rom (di Theo Fründt)