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Sent: Monday, April 14, 2003 8:44 PM
Subject: Movimento Solidarieta'


La nuova fase della "quarta guerra mondiale"

La guerra in Iraq, iniziata al grido di "cambiamento di regime", non
si conclude con la "caduta del regime". Infatti, la fazione dei
'falchiconigli' considera questa solo la prima campagna della Quarta
Guerra Mondiale (dove la terza sarebbe stata la Guerra Fredda). L'ex
capo della CIA James Woolsey ha detto e ripetuto che la prima
campagna è diretta contro "i fascisti" dei partiti Baath in Iraq e in
Siria. La seconda colpirà "gli islamici della Shia" in Iran e poi
toccherà al movimento "Wahhabista" in Arabia Saudita e in Egitto,
dove esiste nella forma più moderna.
Il primo a parlare di "quarta" guerra mondiale fu Eliot A. Cohen un
mese dopo i fatti dell'11 settembre 2001. Disse che parlare di
"guerra al terrorismo" è troppo vago e che "Il nome più preciso è
quarta guerra mondiale ... Il nemico qui non è il 'terrorismo' ... ma
l'Islam militante ... L'Afghanistan costituisce soltanto un fronte
della quarta guerra mondiale, e le battaglie lì ora in corso sono
solo una campagna ... l'Iraq è il candidato ovvio non solo perché ha
aiutato Al Qaeda, ma ... produce armi di distruzione di massa". La
campagna successiva, ha poi aggiunto, sarà rivolta contro l'Iran: "Il
rovesciamento del primo stato rivoluzionario musulmano teocratico da
rimpiazzare con un governo moderato o secolare, però, non sarebbe una
vittoria meno importante in questa guerra dell'annientamento di bin
Laden".
Cohen è un influente esponente del Defense Policy Board e undici anni
fa lavorò insieme a Wolfowitz sotto l'allora segretario alla Difesa
Dick Cheney alla pianificazione e alla valutazione della prima guera
nel Golfo (Desert Storm). Il suo libro "Supreme Command" figurava
sulla lista delle letture di George W. Bush nell'estate 2002.

"Vittoria militare": menzogne alla Goebbels
I servizi televisivi che mostrano una bella vittoria americana in
Iraq appartengono al repertorio della "menzogna totale" del ministro
della propaganda nazista Joseph Goebbels. Il bilancio militare di
Rumsfeld in Iraq è catastrofico. Le città sono piombate nel caos e
nell'anarchia: saccheggi, incendi e vandalismi indiscriminati. Anche
gli analisti militari riconoscono che i concetti della "rivoluzione
degli affari miliari" (RMA) che Rumsfeld ha voluto introdurre in
questa guerra sono falliti miseramente.
L'idea centrale della RMA è decapitare il nemico e paralizzarlo. La
guerra è iniziata con i bombardamenti supermirati alla leadership
irachena, ma è stato un buco nell'acqua. Il secondo aspetto dell'RMA
è che tutte le forze sono massicciamente appoggiate da un'aviazione
preponderante. L'Iraq non aveva un'aviazione e la sua difesa aerea è
stata decimata già prima della guerra; ciò nonostante l'appoggio
aereo alle truppe di terra USA si è rivelato insufficiente. Il terzo
aspetto della RMA è quello della logistica fornita "appena in tempo"
dove serve. Il fallimento di questo aspetto ha mietuto molte vittime
tra gli americani. Infine la sbandierata "battaglia di Bagdad" non
c'è mai stata perché le truppe irachene si erano già ritirate.
Poi c'è il fallimento della strategia politica che pretende di
mettere in piedi un governo con elementi delle forze di opposizione.
Ahmed Chalabi, leader del Congresso Nazionale Iracheno non è
minimamente riconosciuto da nessuno in Iraq. Altri esponenti dell'INC
cercano di instaurare alleanze indipendenti con leader tribali e
intellettuali. La comunità sciita è in fase di ristrutturazione. Il
10 aprile è stato brutalmente assassinato l'Ayatollah Abdul Majid
Al-Kho'i su cui contava tanto Tony Blair. L'episodio fa ben capire
come vengono trattati i collaborazionisti.
L'economista e candidato democratico USA Lyndon LaRouche ha proposto
al Presidente Bush l'unica via d'uscita ragionevole da una situazione
in cui si prospettano solo guerre e caos: dichiarare che la guerra in
Iraq è finita e ammettere che è stata un disastro. Poi procedere ad
una vera cooperazione internazionale mirata alla ricostruzione
dell'Iraq e al tempo stesso intraprendere passi per promuovere il
processo di pace tra Israele e Palestina. Bush deve inoltre
licenziare in blocco la banda dei 'falchiconigli' che nella sua
amministrazione che continua a promuovere la guerra permanente.

Nel mondo reale: l'economia crolla
Giunti alla seconda settimana di aprile, i pretesi "successi"
militari non sono riusciti a incoraggiare investitori e consumatori
americani. I dati sui consumi dei privati e sulle vendite al
dettaglio sono negativi o contraddittori e gli investitori aspettano
i dati trimestrali delle grandi corporations che vengono resi noti a
metà aprile. I dati confermeranno che nel primo trimestre 2003 i
profitti sono continuati a crollare a picco. L'incontro primaverile
tenutosi a Washington tra i banchieri centrali del G7 non ha prodotto
idee nuove.
Il segretario al Tesoro John Snow ha ammesso che i problemi
dell'economia non nascono soltanto dalle "preoccupazioni per la
guerra". Ha accennato a debolezze più fondamentali ed ha fatto
riferimento al rischio di una nuova recessione. Il Washington Post
del 4 aprile ha notato come il presidente Bush sia già quasi in preda
al panico dopo che i suoi consiglieri economici gli avrebbero
spiegato che il suo "stimolo" comincerà a farsi sentire solo tra nove
mesi, mente "la ripresa è necessaria nel secondo trimestre dell'anno
prossimo, altrimenti sulla rielezione di Bush scende il sipario".
La situazione dell'occupazione negli USA desta molto allarme. Il
tasso ufficiale stranamente è immutato dall'inizio dell'anno, ma il
Bureau of Labor Statistics ha reso noto che a marzo sono stati persi
108 mila posti di lavoro e ben 350 mila a febbraio (secondo un
controllo di cifre precedenti). Anche il Wall Street Journal ha
finito per esprimere la difficoltà ad accettare la discrepanza tra
queste cifre e un tasso di disoccupazione ufficiale che è passato dal
5,7 al 5,8 per cento tra gennaio e marzo.
Il giornale spiega quindi che è nato un nuovo tipo di "sommerso", il
part-time, soprattutto dal computer di casa, e le condizioni
"scoraggianti" imposte per legge a chi vuole figurare a pieno titolo
tra i disoccupati.
Secondo le stime dell'EIR i disoccupati relegati sotto altre
categorie sono 4,76 milioni nel "Want a Job Now" e 4,70 milioni nel
"Part-Time for Economic Reasons". Aggiungendo questi agli 8,45
disoccupati ammessi, il totale salirebbe a 17,91 milioni e cioè
all'11,9%.

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