Miguel Martínez Il "Terrorismo islamico" ci viene presentato spesso come il principale problema in Italia. I media ci raccontano fequentemente di arresti di "militanti di cellule di al-Qaida" in varie città del nostro paese, catturati appena in tempo, mentre si apprestavano ad assassinare il Papa, avvelenare le acque dell'ambasciata americana o abbattere un McDonalds. Presentiamo qui la recensione di un libro scritto dall'avvocato Carlo Corbucci, che ci rivela che dietro queste terrificanti parvenze, si celano invece storie di tranquilli lavoratori, oppure di ingenui balordi, travolti da un sistema implacabile di pressioni dall'estero, di false informazioni, di inventiva mediatica. Un libro che però ci spiega anche molto sul mondo in cui viviamo. Il libro di Carlo Corbucci ovviamente non gode degli stessi canali distributivi di quello di Oriana Fallaci, per cui ho aggiunto in fondo alla pagina le informazioni occorrenti per acquistarlo direttamente. Sulla questione del "terrorismo islamico" in Italia, si veda anche la magistrale inchiesta di Carlo Bonini e Giuseppe D’Avanzo, disponibile sempre su questo sito. Sul nostro sito, c'è anche: - un articolo sul rilascio di un altro presunto "terrorista" dopo sette mesi di cella d'isolamento.
- Qui potete leggere invece di come un gruppo di somali residenti in Italia siano stati accusati direttamente dal governo USA di "terrorismo internazionale". Sono stati tutti assolti quando gli Stati Uniti hanno ammesso di non avere prove contro di loro.
- La storia di un operaio espulso dall'Italia senza motivo.
- Le mistificazioni mediatiche di Magdi Allam
- Il rapimento in pieno giorno a Milano ad opera della CIA di un egiziano con regolare permesso di soggiorno
- Il commento di Giuseppe D'Avanzo alla sentenza del giudice Forleo in una causa in cui Corbucci era tra gli avvocati della difesa
- Guerra e diritto un'analisi di Giuseppe Pelazza sulle leggi che permettono la caccia al "terrorista".
- Da idraulico a Torino a prigioniero a Guantánamo
Mohammed Aouzar, idraulico a Torino, catturato in Afghanistan, ferito in carcere, torturato, spedito a Guantánamo, torturato di nuovo....
Quando avevo sedici anni, mi trovai coinvolto in una
rissa. Fui portato in commissariato. Rendendomi quasi invisibile, me la cavai
meglio di un passante fermato per errore: più protestava e più gli picchiavano
la testa contro la parete dell’ufficio. Un agente prese invece la mia deposizione. Battendo con un
unico dito sulla macchina di scrivere, terminò la sua fatica e mi passò la
deposizione da firmare. Con mia grande sorpresa, lessi le ultime righe: “dichiaro
inoltre che il coltello rinvenuto sul luogo dei fatti è di mia proprietà”. “Scusi –
chiedo – io non so nulla di nessun coltello”. Fui fortunato: il poliziotto si
limitò a cercare di farmi sentire in colpa, sbuffando che lo costringevo
all’immane fatica di ribattere tutta la deposizione. Altrimenti, a quest’ora
sarei forse il pregiudicato Martinez. Un piccolo
episodio di malcostume, ma che aiuta a capire quello che ci racconta il libro
di Carlo Corbucci, Il terrorismo islamico in Italia: realtà e finzione (Roma, Gruppo Editoriale Agorà, 2003).
Mettiamo intanto in proporzione il problema, ricordando che l’Italia è il paese
in cui, una ventina di anni fa, una guerra civile tra la Nuova Camorra
Organizzata e altre bande ha provocato un migliaio di morti
(memoria corta, vero?). E ricordando che il terrorismo islamico ha fatto, finora, zero morti nel nostro paese... Cerchiamo
appunto di capire quanto ci sia di realtà e quanto di finzione nel “terrorismo
islamico” che ci minaccerebbe quotidianamente. Riassumo qui una piccola parte degli episodi raccontati
dall’autore. Bombe
al bagno
17
novembre, 2001, quattro carabinieri in borghese fanno irruzione in un piccolo call
center a Piazza Vittorio, a Roma, proprietà di una famiglia proveniente dal
Bangladesh. Vanno dritto al microscopico bagno, e indicano con fare deciso un
oggetto davvero bizzarro: metri e metri di carta igienica, che avvolgono una
bomba a mano e qualcosa che tutti i frequentatori di Internet conoscono – una
fotocopia del montaggio in cui si vede Bin Laden che sodomizza Bush. Plauso dei
media alla grande operazione antiterrorismo. Un’operazione presto dimenticata,
quando venne fuori che i carabinieri erano andati a colpo sicuro grazie alle
“rivelazioni” di una “fonte confidenziale attendibile”, un altro bengalese che
due anni prima aveva accoltellato il proprietario del call center e che
proprio in quei giorni doveva essere processato per il fatto. Non
accettate piantine dagli sconosciuti
4 ottobre
2002, alle due di mattina, i carabinieri di Anzio perquisiscono la casa di un
pescatore egiziano, da diciotto anni residente in Italia. L’operazione sarebbe
stata definita dal Ministro degli Interni una delle “più significative
d’Europa”. Basta guardare come si sono svolti i fatti, per chiedersi cosa siano
state le altre operazioni “antiterrorismo” nel nostro continente. Anche ad
Anzio, i carabinieri agiscono in base alla telefonata di una “fonte confidenziale
degna di attendibilità.” Vanno dritto al bagno – un piccolo locale accessibile
dall’esterno, essendo rotto il vetro della porta - dove trovano sopra lo
scaldabagno acceso una pistola Beretta (del tipo in dotazione alle sole forze
armate italiane e ai carabinieri) e sette panetti di tritolo. Dentro l’agenda
del pescatore un agente trova un foglio stropicciato – la fotocopia di una
piantina del cimitero militare di Anzio, presa, banalmente, da un normale
stradario. Sull’ingresso del cimitero, la parola “porta”, scritta a penna: non
in arabo, ma in italiano. Era la
seconda perquisizione in un anno in quella casa: l’anno prima, gli agenti
avevano sequestrato un libretto dal titolo La mafia in Israele. Perciò
il pescatore fu accusato nientemeno che di “atti mirati a compromettere le
relazioni diplomatiche tra Italia ed Israele e a favorire la guerra”. Per
evitare guai, consiglio a tutti di limitare le proprie biblioteche a Susanna
Tamaro e a Topolino. Gli egiziani vivono in una zona aperta e piena di grotte naturali, dove avrebbero potuto nascondere eventuali armi: e invece, secondo i carabinieri, le terrebbero all'interno della loro piccola casa.
Il pescatore avrebbe potuto forse evitare l'accusa di "terrorismo" sostenendo di usare il tritolo per la pesca di frodo. E invece nega con decisione di saperne qualcosa. Nessun
segno di un detonatore, senza il quale il tritolo ha la stessa pericolosità di
un mucchietto di pongo; in compenso alcune misteriose “lancette di orologio”.
Nulla di insolito, considerando che il pescatore commerciava anche in
chincaglierie varie. Ma certamente la cosa più strana fu la scoperta quattro giorni
dopo, da parte della padrona di casa, di una “cintura da kamikaze” custodita in
un armadietto che i carabinieri si erano dimenticati di perquisire. La cintura
in realtà era un marsupio per il pellegrinaggio alla Mecca – i
pellegrini possono solo indossare una specie di lenzuolo, per cui custodiscono
nella cintura i loro documenti e denari. In base
alla piantina e alla cintura, l’accusa ipotizzava che il pescatore volesse
compiere un clamoroso attentato. Non contro qualche commissariato di polizia, o
un consolato americano, o un pullman di soldati. No: il suo progetto sarebbe
stato quello di entrare nel cimitero militare di Anzio e suicidarsi contro
qualche lapide di sessant’anni fa, dimostrando così una volta per tutte il Grande
Complotto Islamonazicomunista. Non solo: i
verbali parlano anche di “piante topografiche dell’aeroporto Leonardo da Vinci
[…] e dei punti vendita di McDonald’s dislocati a Roma”. Un’accusa fantastica:
la “pianta topografica” dei McDonald’s era semplicemente uno di quei depliant
che la multinazionale dà a tutti i suoi clienti, mentre quella dell’aeroporto
era la piantina ufficiale a disposizione di tutti i viaggiatori. L’autore
nota come la sequenza sia sempre la stessa – una “fonte confidenziale”, la
scoperta a colpo sicuro di improbabili armi e di qualche bizzarro documento che
dimostrerebbe una finalità “terroristica”. In realtà sono questi ultimi gli
elementi decisivi: “Se vengono rinvenute armi, la pena è, massimo fino
ad otto anni e, di fatto, processualmente, nei casi comuni, non supera due
anni. Se invece si riesce ad attribuire l’intenzionalità terroristica, allora
la pena sale fino a ventidue anni”. Ma contro i tre arrestati – oltre al pescatore, anche
altri due che vivevano nello stesso appartamentino – pesa un’altra prova: il
fatto che siano incensurati, che vivano in Italia da moltissimi anni, che non
abbiano problemi con i vicini e siano persone molto religiose. Scrive infatti
il Pubblico Ministero: “è noto e scontato come, per simili
operazioni, vengano utilizzati soggetti insospettabili che riescano a
introdursi e ad occultarsi nell’ambiente circostante senza destare sospetto”. Per non
essere considerati terroristi, bisogna quindi darsi alla vita dissoluta?
Nemmeno questo serve: il libro di Corbucci documenta altri casi in cui gli
arrestati sono picareschi delinquentucoli e notori ubriaconi, che non
frequentano alcuna moschea. Ma hanno, purtroppo per loro, nomi da musulmano. E
poi c’è sempre il Pinocchio d’Egitto, Magdi Allam, pronto a spiegare
che i terroristi si comportano da pessime persone proprio per non dare
nell’occhio come musulmani. Eppure i
plausi non mancano mai – nel gennaio del 2003, lo stesso Ashcroft si sarebbe
incontrato con il ministro guardasigilli Castelli complimentandosi per un altro
arresto-bufala, questa volta di cinque sfortunatissimi marocchini che vivevano
in un gelido casolare abbandonato a Rovigo, ovviamente con materiale esplosivo
e le mappe del… Duomo di Verona e della Basilica di S. Antonio a Padova. Diceva
il padre del Patriot Act:
«I recenti arresti e le sentenze di condanna sono una prova tangibile che l’Italia prende
il terrorismo sul serio». Ogni reato
commesso da una persona, casualmente musulmana, diventa terrorismo,
almeno nell’impianto accusatorio. Per fortuna, finora (e a differenza di quanto
sostiene Ashcroft), i giudici hanno quasi sempre saputo riportare i fatti alla
loro giusta dimensione. Così, nel gennaio del 2004, due musulmani di Gallarate
sono stati assolti dall’accusa di aver fatto “parte di una associazione per
delinquere con finalità di terrorismo”. Senza trarne alcun profitto, avevano
messo alcuni immigrati in contatto con ditte italiane che, contro il pagamento
di alcune migliaia di euro, li mettevano fittiziamente in regola. Sicuramente
un reato, anche se il vero crimine non si sa bene se sia quello commesso da
loro, dalle ditte che incassano i soldi o da chi ha inventato il concetto di “contratto
di soggiorno”, in cui il riconoscimento di una persona dipende esclusivamente
dal capriccio di un padrone… L’autore
Un’ultima
nota. Questo è il momento del discernimento, in cui i peggiori danno il peggio
di sé. Scriveva il poeta irlandese Yeats: " La
sanguigna marea s'innalza e ovunque
Storici militanti nascondono la testa nella sabbia, o
addirittura partecipano al linciaggio. Eppure, proprio quando cominci a
disperare della natura umana, ecco che viene fuori un mite avvocato, che non si
è mai interessato di politica. Che si trova coinvolto nella difesa di persone
accusate di quelli che oggi sono i più infamanti reati, in una condizione di
assoluta debolezza: non hanno accesso ai media, non hanno la cittadinanza
italiana, non hanno alcuno schieramento politico disposto a difenderli e
ovviamente non hanno i mezzi economici per pagarsi un difensore. E
difficilmente un avvocato d’ufficio avrebbe osato mettere in dubbio le
affermazioni dei carabinieri. Corbucci si è trovato a svolgere molti ruoli,
tutti a titolo più o meno gratuito – in particolare quello dell’investigatore
in proprio, grazie alle nuove norme che permettono agli avvocati di svolgere
indagini per conto proprio.
Quello di
Corbucci è un libro importante. Sull’argomento caldo degli ultimi anni,
racconta quello che nessun altro in Italia, e forse in Europa, ha ancora
scritto. Diciamo che è la Strage di Stato del duemila, con le
inevitabili differenze tra una ricerca fatta da un unico, coraggioso individuo,
e le inchieste di trent’anni fa condotte da tutto un movimento. Il fatto induce
anche qualche amara riflessione sul razzismo inconscio di tanti. Possiamo
essere tutti lieti che Valpreda abbia avuto la fortuna di essere doppiamente
dei “nostri”, in quanto italiano e di sinistra; una fortuna condivisa dagli
arrestati di Genova. In entrambi i casi, la solidarietà ha permesso di
ribaltare le accuse. Ma se ci si chiama Muhammad o Abd ar-Rahman… Di
particolare interesse sono le note e i commenti che Corbucci fa in base ad anni
di esperienza, sui meccanismi che possono indurre a montare certi casi; sul
rapporto che esiste tra le “fonti attendibili” e i loro referenti; sulle
complesse dinamiche della corruzione; sulla relazione tra attività
investigativa e clima politico; e infine, tra l’attività dei servizi italiani e
di quelli statunitensi; e sul sistema legale del nostro paese. Quasi tutti
i lettori avranno problemi con lo stile dell’autore. Diciamo brutalmente che è
difficile e risente del linguaggio dei tribunali. Ma è un ostacolo che vale
decisamente la pena di superare. Alcuni lettori avranno problemi anche con l’impostazione
filosofica del libro. Corbucci si rifà a una corrente di pensiero che potremmo
chiamare mistico, che vede nell’attuale ciclo della storia un momento
decisamente tenebroso. Il dominio del capitale cerca di annientare ogni forma
di dissenso e liquida la democrazia, proprio mentre accresce vorticosamente
consumo e produzione, producendo un inedito autoritarismo dal volto umano, che
ci vuole tutti complici. A questo
proposito, due brevissimi commenti: Visto che
per fare il terrorista, la cosa fondamentale è avere una mappa, ho deciso di
incastrare me stesso, e chiunque frequenti questo sito. Metto
quindi a disposizione di tutti gli aspiranti iscritti all’internazionale del
terrore questa mappa di Roma, dove viene segnato il percorso più breve per
andare dall’ambasciata irachena, in via della Camilluccia, al McDonald’s
dell’Eur. Considerando
realisticamente i mezzi di cui dispongono i presunti terroristi arrestati
finora in Italia, ho indicato il percorso a piedi. Sono 15,7 chilometri,
percorribili in poche ore, camminando a un buon passo con zainone da venditore
ambulante, contenuto a scelta. Perché
proprio l’ambasciata irachena e il McDonald’s dell’Eur? Che ne so. Sta a voi
spiegarlo quando vi interrogheranno per sapere per quale motivo avete aperto
proprio questa pagina. Un importante aggiornamento. Nell'aprile del 2004, furono assolti sia i dodici presunti "avvelenatori dell'ambasciata americana", sia i pescatori di Anzio (di cui si parla anche in questo articolo). Non solo: il giudice ha stabilito esplicitamente che le armi trovate in casa di questi ultimi non erano loro. Sulle assoluzioni, si veda Angela Lano, "Bin Laden in Italia": finzioni (troppe) e realta (nessuna)".
Per
ordinare il libro: Carlo
Corbucci, Il terrorismo islamico in Italia: realtà e finzione, Gruppo
Editoriale Agorà, Roma, 2003, € 15. Si può
ordinare via Internet dalla Libreria Islamica oppure direttamente dall'editore:
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