L'eredità intellettuale di Louis Althusser (1918-1990)

e le contraddizioni teoriche e politiche dell'althusserismo

V e ultima parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in cinque parti.

Alla prima parte




18. Cambia il vento, inizia il "piano inclinato" che porterà al 1991, ed il sismografo filosofico di Althusser lo registra. Dal 1976 alla morte gli restano quattordici anni, con in mezzo l'assassinio della moglie in un accesso della sua malattia nervosa. Non verrà messo in prigione, verrà riconosciuto incapace di intendere e di volere, e verrà sequestrato in casa. Gli resta un filo diretto con alcuni amici, e soprattutto con alcuni filosofi che continuano a sollecitarlo ed ad intervistarlo. È questo il terzo periodo di Althusser. Dopo le due riduzioni dello spazio filosofico marxista prima ad epistemologia e poi ad ideologia giunge finalmente la prima vera e propria formulazione filosofica di Althusser, il cosiddetto "materialismo aleatorio", che merita certamente una riflessione apposita.

19. Per l'ultimo Althusser il materialismo aleatorio rappresenta la vera corrente marxista in filosofia. Si tratta di rintracciare una linea genealogica di posizioni, da Epicuro a Marx attraverso Machiavelli, in cui vengono espresse nel modo migliore delle posizioni (e per Althusser la filosofia è sempre un insieme di "posizioni") opposte a quelle idealistiche. Come si vede, siamo sempre alla vecchia dicotomia fra materialismo ed idealismo proposta da Engels negli anni Ottanta dell'Ottocento. La dicotomia però non è più di tipo gnoseologico (sostenitori del rispecchiamento dell'essere materiale nel pensiero contro sostenitori dell'identità logica fra essere e pensiero), e neppure di tipo per così dire metafisico (sostenitori dell'unicità della materia contro sostenitori della dualità di materia e di spirito). Questa volta il criterio è l'insistenza sul tema della casualità, dell'aleatorietà e della pura possibilità dell'Origine e comunque di ogni Evento, storico e/o naturale. Si ha chiaramente una radicalizzazione ma anche una opportuna sistematizzazione della vecchia critica althusseriana al triplice mito dell'Origine, del Soggetto e del Fine. Apparentemente, niente di veramente nuovo. Eppure il nuovo c'è, e sta proprio nella esplicita dichiarazione della Aleatorietà come nuovo Fondamento Metafisico del Marxismo. Tutto questo richiede un insieme di riflessioni, per poterne cogliere realmente la portata.

20. Non bisogna ovviamente che ci sfugga l'aspetto principale della questione. Ed esso sta in ciò, che ponendo l'aleatorietà (cioè la casualità assoluta) come nuovo fondamento metafisico della filosofia marxista Althusser non fa che registrare nel mondo rarefatto dei concetti teorici la fine dell'idea della "necessità" storica del passaggio dal capitalismo al comunismo. Questa idea non era già più credibile da molto tempo, e continuava ad essere agitata in perfetta malafede dagli apparati ideologici e scolastici degli stati socialisti, e ad essere creduta in perfetta buonafede da militanti desiderosi di farsi raccontare delle storie per fortificare la propria fede. Il terzo Althusser semplicemente la registra, e la trasforma in metafisica dell'aleatorietà. Non c'è a mio avviso rottura con il primo Althusser, ma unicamente radicalizzazione e coerentizzazione della propria proposta teorica. Credo infatti che se si portano veramente alle estreme conseguenze le tre critiche all'umanesimo, all'economicismo ed allo storicismo non ne può che risultare alla fine una quarta conseguenza, e cioè l'assoluta aleatorietà del passaggio fra il capitalismo ed il comunismo.

21. Il principio della aleatorietà, ovviamente, ha soprattutto un carattere storico retroattivo, che riguarda sia le scienze naturali che le scienze sociali ed il marxismo. Per quanto riguarda le scienze naturali, esso ribadisce il carattere completamente casuale ed aleatorio della nascita della vita sulla terra, contro ogni tipo di Principio Antropico difeso con l'uso di statistiche, per cui le probabilità di origine casuale della vita sarebbero minime, se non inesistenti, dato l'intreccio di condizioni che la rendono possibile, con l'implicita conseguenza della rilegittimazione di un demiurgo creatore. Il Principio Antropico, al di là dell'uso sofisticato delle ultime frontiere della fisica contemporanea, è in realtà una riproposizione sofisticata delle tesi del Timeo di Platone. Con questo non intendo certo dire che bisogna condannarle senza esaminarle. E tuttavia, una volta esaminate, mi sembrano più convincenti le tesi aleatorie di quelle antropiche, che sono in realtà antropocentriche.

Per quanto riguarda le scienze sociali ed il marxismo, il materialismo aleatorio di Althusser è confermato dalle recenti tesi di Robert Brenner sul carattere completamente casuale ed aleatorio della nascita del capitalismo in Inghilterra. Il capitalismo avrebbe anche potuto tranquillamente non nascere, e non era assolutamente lo sbocco inevitabile di uno sviluppo irresistibile delle forze produttive e della tecnologia. Chi crede in questo sviluppo inevitabile, e pensa di essere allievo di Marx, lo è piuttosto di Adam Smith. Del resto, sarebbe stato perfettamente possibile che popoli di nomadi avessero precocemente distrutto le prime civiltà idrauliche del Nilo e della Mesopotamia, ed allora non saremmo neppure qui a giocare con il computer. Annibale avrebbe potuto entrare a Roma e distruggerla, ed allora l'Europa sarebbe oggi un mosaico di celti, germani, etruschi e baschi, non avremmo avuto probabilmente nessun cristianesimo ma altre forme imprevedibili di politeismo e di monoteismo, eccetera. In America non si parlerebbe inglese e spagnolo, ma maya, quechua, aymarà ed irochese. Infine, nessuno sarebbe ancora andato a rompere le scatole agli aborigeni australiani.

Quanto dico può sembrare solo una parentesi scherzosa. Non lo è affatto. I marxisti hanno infatti sempre secolarizzato la teoria della provvidenza di Agostino di Ippona, per cui i greci ed i romani erano certamente cattivi, perché pagani ed idolatri, ma erano stati provvidenziali nel fare il loro impero pagano, perché poi quest'ultimo era diventato l'involucro geografico, politico e linguistico della nuova città di Dio cristiana. L'ultimo esempio di questa secolarizzazione imperiale provvidenziale è il libro Impero di Hardt e Negri, pubblicato in lingua italiana nel 2002.

Contro ogni tipo di provvidenzialismo, e contro ogni grande narrazione storicistica, il materialismo aleatorio dell'ultimo Althusser non è poi così cattivo. Esso vorrebbe essere l'antidoto definitivo verso ogni possibile filosofia della storia. In realtà si tratta della filosofia della storia di chi non crede nella filosofia della storia, neppure in quelle varianti assolutamente non teleologiche e non necessitate a cui a suo tempo Kant, Hegel e Marx hanno prudentemente aderito. E questo è il punto su cui portare la nostra attenzione.

22. Il principio della aleatorietà sembra inaugurare una nuova stagione del marxismo della possibilità contrapposta alla vecchia stagione del marxismo della necessità. Il vecchio marxismo della necessità aveva saputo fondere insieme in modo catastrofico il determinismo e la teleologia, riuscendo nell'impresa di unire due difetti diversi. Del resto, già Antonio Gramsci aveva perfettamente capito che il determinismo economico è la religione delle classi subalterne. Ma personalmente ho forti dubbi sul fatto che il terzo Althusser sia la risposta migliore possibile a questa nuova stagione del marxismo della possibilità. Lo studioso francese Michel Vadée, in quello che resta forse il migliore studio recente sul rapporto fra Marx e la possibilità, ricorda che nel vecchio significato di Arstotele il "possibile" prendeva le due varianti distinte del katà to dynatòn, ciò che è semplicemente possibile nel senso appunto di contingente, non necessario, aleatorio, e del dynamei o n, ciò che è essente-in-possibilità, e porta dentro di sé la potenzialità di sviluppo ontologicamente accertata. Si tratta di principi filosofici diversi. Althusser sceglie semplicemente il katà to dynatòn, in un significato di piena contingenza, e questo a mio avviso dà luogo ad una possibile metafisica dogmatica della casualità.

23. L'aspetto principale della questione, tuttavia, sta nel fatto che Althusser ha ragione nell'essenziale contro i deterministi ed i sacerdoti di una inesistente necessità. Si riprende così la tradizione di Epicuro, e non quella degli stoici antichi. Il comunismo può così essere pensato come "libera deviazione" (clinamen, parekklisis) della riproduzione capitalistica, e non più come "necessità" (ananke) di questa stessa riproduzione. La possibilità torna ad essere una "occasione" (tyche), e questo spiega l'apologia sistematica che fa Althusser di Machiavelli. Questo tipo di impostazione va nella stessa direzione della valorizzazione delle cosiddette "categorie modali" (ad esempio la possibilità) fatta dall'ultimo Lukács nell'ontologia dell'essere sociale. La convergenza fra Althusser e Lukács, ovviamente negata dai dogmatici e dai "tifosi" di entrambi gli schieramenti, è palese al di là del loro rapporto con Hegel e con la dialettica. Ma qui ciò che conta non è la propria genealogia filosofica di riferimento, unico interesse di coloro che definirei esperti di "araldica filosofica", ma il fatto di dover rispondere razionalmente agli stessi problemi, in questo caso la crisi irreversibile del vecchio modello di marxismo.

24. Possiamo ora chiudere questo breve saggio con alcune riflessioni sul presente e sul prossimo futuro dell'althusserismo. La massima cautela è ovviamente necessaria, perché ogni previsione resta per forza di cose incerta e discutibile.

In primo luogo, il marxismo che si ispira ad Althusser resta tuttora un prodotto teorico per molti aspetti superiore a quanto offre il mercato delle idee. Pensiamo solo alla genericità disarmante della cultura del movimento anti-globalizzazione, che considera il motto "un altro mondo è possibile" come il sostituto di un'analisi marxista seria del capitalismo contemporaneo. Pensiamo ancora alla recente sintesi di Hardt e Negri intitolata Impero, in cui il problema della rivoluzione è virtualmente risolto con l'evocazione di moltitudini biopolitiche disobbedienti in cui non vi è più nessuna differenza di principio fra umani, animali ed organismi cibernetici. Il modello interpretativo proposto da Althusser, nonostante l'eccessivo ruolo dato alla politica ed all'ideologia, è comunque pur sempre mille volte superiore rispetto a queste genericità.

In secondo luogo, voglio qui ripetere quanto già ampiamente ricordato nei paragrafi precedenti (e svolto più dettagliatamente in altra sede), per cui il modello teorico di Althusser, insieme con l'ontologia dell'essere sociale di Lukács, resta il punto più alto della teoria di ispirazione marxista prodotta nel quarto periodo della storia della filosofia marxista (1956-1991). Ma questo punto più alto nel frattempo è stato sorpassato da una nuova fase storica apertasi dopo il 1991. In questa fase storica occorre a mio avviso essere molto più radicali di prima, anche perché ormai non esiste più nessun collegio di cardinali marxisti sostenuto e legittimato (e dotato del braccio secolare di una inquisizione poliziesca armata) da gruppi di burocrati. Questa quinta fase assomiglia per molti aspetti alla prima (1875-1914), nel senso di essere costitutiva di un paradigma completamente nuovo. Non parlo qui della politica e dell'economia. Ma per quanto riguarda la filosofia sono convinto che non ci si possa più fermare a mezza strada in compromessi e mezze misure. Occorre credere nella filosofia, tornare alla grande impostazione filosofica classica, e non vergognarsi più di parlare di fondamento logico-ontologico della verità e della realtà. Ma Althusser non credeva in questo, non voleva questo, e per quanto ha potuto si era sempre opposto a simili sviluppi. Questo è oggi, in breve, il problema.



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