Note critiche sul bordighismo

Contributi per una discussione da proseguire

I parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in nove parti.

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1. Questo breve resto critico dedicato al bordighismo è il terzo ed ultimo di un sommario "trittico" le cui prime due parti sono state consacrate al trotzkismo ed al maoismo. In tutti e tre questi contributi la parte storica è stata ridotta al minimo, e questo non certo per disprezzo verso la conoscenza storica, che è anzi preliminare ed irrinunciabile, ma perché si è voluto espressamente concentrare l'attenzione sulla teoria, nel doppio senso dei presupposti epistemologici, impliciti ed espliciti, e sulla conseguente ricaduta ideologica, la sola visibile a livello di identità, appartenenza ed organizzazione militante. Chi si ferma al solo livello delle manifestazioni ideologiche di appartenenza (e cioè il 90% degli storici detti erroneamente "marxisti") assomiglia all'antropologo che, riscontrando che la tale tribù primitiva crede che un coccodrillo sacro determini le sorti del mondo, finisce con il credere veramente che un coccodrillo sacro determini effettivamente le sorti del mondo.

Ho voluto evitare per quanto ho potuto questo coccodrillocentrismo. Nello stesso tempo, è bene ricordare che il mio giudizio su questi tre fenomeni storico-ideologici non è lo stesso, è molto differenziato, e non deve pertanto essere annegato in un solo calderone.

A proposito del maoismo, indipendentemente dalla sua importanza cruciale nella storia della Cina, ritengo che si sia trattato del tentativo teorico più serio di riforma radicale del modello complessivo del comunismo storico novecentesco. Il maoismo è infatti giunto a due conclusioni imprescindibili ed irreversibili, la concezione multilineare e non unilineare ed eurocentrica dello sviluppo storico mondiale, ed infine la comprensione del fatto che un partito comunista che "cambia di colore" diventa un elemento organico e strutturale della gestione politica del capitalismo più totale. A mio avviso, e non l'ho per niente nascosto nel mio contributo, si tratta di due condizioni necessarie ma non sufficienti, e cioè solo del 50% del problema complessivo, che richiede soluzioni teoriche molto più radicali e "discontinuiste" rispetto alla tradizione marxista novecentesca (dall'autonomia della conoscenza filosofica dall'ideologia al riconoscimento della funzione non-rivoluzionaria strategica della classe operaia di fabbrica, eccetera).

A proposito del trotzkismo, indipendentemente dal sincero coraggio e dalla autentica devozione rivoluzionaria del suo fondatore e di moltissimi dei suoi dirigenti e militanti (che non ho mai messo in discussione), si tratta a mio avviso di una teoria di "media portata" (middle-range theory), una teoria che si ferma a metà strada, perché intende criticare globalmente lo stalinismo vincitore con un apparato categoriale secondinternazionalista "di sinistra" che non può veramente cogliere la dinamica (che invece il maoismo coglie molto meglio, sia pure anch'esso in modo parziale).

Il bordighismo, invece, è tutta un'altra faccenda. Le sue ragioni di interesse stanno altrove. Vediamo.

2. Le ragioni che rendono interessante il bordighismo, nonostante la sua estrema modestia storica e numerica, e che ne fanno un oggetto veramente meritevole di riflessione spregiudicata, stanno in ciò, che il bordighismo rappresenta nel modo più puro e perfetto, ed a mio avviso insuperabile, una forma di settarismo estremo integralmente autoreferenziale, pienamente "sferico" nel suo non avere nessuna fessura critica possibile. Questo fondamentalismo marxista "sferico", che come vedremo più avanti è sorto del tutto indipendentemente dal pensiero di Marx, perché ha la sua genesi teorica nella radicalizzazione di un paradigma meccanicistico e crollistico completamente interno alle correnti di sinistra della Seconda Internazionale (1889-1914), rappresenta potenzialmente una possibilità di esistenza per ogni posizione marxista radicale. Per questo, ed a mio avviso quasi solo per questo, il bordighismo è interessante. Esso porta alle estreme conseguenze una possibilità evolutiva che riguarda tutti i marxisti. I marxisti possono essere infatti talmente scoraggiati dalla realtà effettuale delle cose, che generalmente manifesta le più oscene e pittoresche vittorie storiche del capitalismo in tutte le sue varianti (da quelle hard neoliberiste a quelle soft keynesiane e socialdemocratiche), da essere tentati da due sbocchi apparentemente opposti ma complementari. Da un lato, l'abiura per stanchezza ed opportunismo ed il cambiamento di campo con vari travestimenti e con diverse strategie retoriche di razionalizzazione ex post. Dall'altro, la chiusura autoreferenziale ed autistica in un universo parallelo che rotola a fianco di quello reale senza interferire mai con esso, ma semplicemente mimandolo in un gioco di specchi e di ombre. Studiare e riflettere sul bordighismo è allora interessante. Il bordighismo non è infatti un affare di "scemi". Bordiga era uno degli intellettuali italiani meno scemi del Novecento, infinitamente meno "scemo" della stragrande maggioranza degli intellettuali conformisti e creduloni del vecchio PCI 1945-1991. Voglio insistere sul fatto che il bordighismo non è una tentazione degli scemi, ma di persone spesso coraggiose ed intelligenti che ragionano però con schemi meccanicistici tratti da una superata concezione ottocentesca della scienza fisica (e tuttavia ancora dominante), schemi che essi pensano di poter applicare alle scienze sociali e più in generale al processo storico complessivo. È questo il punto essenziale che il lettore non deve mai perdere di vista.



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