Viaggio nell'Italia dei complotti
 

di Dana Lloyd Thomas
pubblicato qui dicembre 2005



Di Dana Lloyd Thomas, abbiamo pubblicato anche l'articolo Spiritualità alternativa e la nuova intolleranza




Nota introduttiva di Miguel Martinez:

Dana Lloyd Thomas è un mio collega traduttore, ma è sopratutto l'autore di ricerche assolutamente originali sulla storia del rapporto tra esoterismo e politica in Italia nel Novecento.

Non è necessario condividere le sue posizioni fortemente laiche, né le sue simpatie liberali (questo articolo è uscito infatti per la prima volta su La Destra Anno III N. 9-2005) - che però non hanno nulla a che vedere con il progetto dei neocon - per apprezzare la serietà del suo lavoro.

In particolare perché la sua analisi non cerca di colpire un tipo di complottismo (un comportamento che a volte genera quello che potremmo chiamare la fantasia del "complotto dei complottisti"), ma osserva la maniera in cui il complottismo si sviluppa negli ambienti più diversi, da quelli della destra storica alla sinistra, dall'ossesione con le "trame nere" all'islamofobia.

Non tutti i lettori di questo sito saranno d'accordo con quello che lui afferma. Tanto meglio: è confrontandosi con idee diverse dalla propria che si impara.

Sullo stesso tema, potete leggere il mio articolo, Il Grande Complotto Islamonazicomunista: troverete un approccio diverso, ma non contrario a quello di Dana Lloyd Thomas.




"Viaggio nell'Italia dei complotti"

di Dana Lloyd Thomas

1. Dalla "congiura giudaico-massonica" alle trame fasciste

Che cos'è la "teoria del complotto"? Si tratta della convinzione secondo cui, dietro gli avvenimenti umani, ci sia l'operato di una grande congiura da parte di un gruppo ristretto e potentissimo che fa il bello e il cattivo tempo, all'insaputa di tutti. Nessuno ci crede più. Anzi, forse sì….

Qualche esponente politico di spicco, come Rocco Buttiglione e Umberto Bossi, paventano l'esistenza di una "lobby massonica" europea, mentre svariati esponenti della sinistra, ligi alle parole d'ordine di sessant'anni fa, continuano ancora a denunciare "congiure fasciste".

Rispunta, ancora una volta, la teoria del complotto, ma la politica non sa bene come rispondere. E ciò perché, nella cultura dei due schieramenti, sopravvive ancora, in forma più o meno clandestina, il fascino della congiura, non tanto come metodologia di analisi quanto come clava da utilizzare contro gli avversari.

Mentre ha perso ogni credibilità la teoria della "congiura giudaico-massonica", persiste ancora il fascino del complotto nelle più svariate forme.

Di fronte ai teoremi del complottismo, sarebbe facile ribattere che, mentre innumerevoli gruppi di tipo etnico, religioso, economico o politico hanno cercato, in determinati momenti storici, di conquistarsi una fetta di potere a livello nazionale o internazionale, non si possa individuare l'esistenza di una regia unica. Tuttavia, non basta sempre la ragione a soddisfare le esigenze dell'uomo. Oltre alle spiegazioni, esistono le convinzioni profonde, in base alle quali ognuno è portato ad individuare nel mondo reale una fonte del male (e talvolta anche una fonte del bene).

Per questo motivo, il complottismo è ancora duro a morire.

Nella storia ci sono numerosi esempi di ansie sorti intorno a presunte congiure ordite da ristretti gruppi di potere; a costoro si tende ad attribuire ogni male oppure - più raramente - ogni bene. Esistono innumerevoli storie e leggende intorno ad organizzazioni come la Santa Vehme, l'Inquisizione, la Compagnia di Gesù, la massoneria oltreché, in tempi più recenti, su Mafia, CIA, KGB, Opus Dei e altri ancora. Per gli antisemiti, i "colpevoli" erano gli ebrei. La plot theory, o teoria del complotto si prefigge in genere di nutrire un "mito negativo" che potrebbe anche sembrare relativamente innocuo, almeno fino a quando non sia sostenuto dall'apparato statale, specialmente quello totalitario, in grado di utilizzare i mezzi a disposizione per alimentare l'odio, sfruttando potenti simboli e miti.

Paradossalmente, l'esistenza di presunte cospirazioni diventa motivo di conforto per i sostenitori di tali teorie, dal momento che si prefiggono a spiegare in maniera lucida gli avvenimenti complessi del passato e del presente. E, visto che la natura inafferrabile dei cospiratori renderebbe inutile ogni contromisura normale, i cultori di tali fenomeni si sentono detentori di una conoscenza segreta, disprezzata dal mondo "profano"; ma al momento giusto verranno interpellati e giustificati nella loro qualità di "esperti".

All'indagine di tipo scientifico, volta ad individuare i ruoli e le motivazioni di coloro i quali detengono le leve del potere - anche nel quadro delle analisi della "politica occulta" che si svolge dietro le quinte - si preferisce la denuncia, più o meno generica, degli appartenenti a determinati gruppi etnici, religiosi e politici.

Tra i cultori della congiura, vista come lotta tra il bene e il male, si tende a favorire soluzioni estreme, magari con il ricorso alla forza e alla repressione. Il tutto giustificato dalla necessità di combattere il "male assoluto".

Inoltre, nella società mediatica, il complotto "fa cassa", confermandosi in produzioni filmiche considerate, forse a torto, più allettanti rispetto a tante storie vere, altrettanto strabilanti.

2. Il complottismo in Italia

Esaminiamo la "madre di tutte le congiure", la più radicata nella cultura italiana tra l'Ottocento e il Novecento: quella che considera come la fonte del "male assoluto" gli ebrei ed i massoni. Tali teorie nascono soprattutto in ambito teologico, per poi diffondersi negli ambienti culturali avversi alla rivoluzione francese del 1789, nella forma elaborata dall'Abbé Augustin Barruel.

Per i seguace della dottrine della controrivoluzione, il Risorgimento e quindi l'Italia stessa nasceva dal "complotto massonico" e, in misura minore, dal "complotto ebraico", dal momento che nella fase unitaria la minoranza israelita acquisisce i pieni diritti di cittadinanza. Esiste il problema della tesi (oggi finalmente respinta dalla dottrina ecclesiastica), largamente diffusa in passato nel mondo cristiano cattolico e ortodosso, in cui si attribuisce agli ebrei una "colpa ereditaria" per la morte di Gesù Cristo.

C'è da constatare che la campagna antimassonica è di indirizzo decisamente politico, nonostante le argomentazioni di tipo teologico. Al processo di laicizzazione intrapresa dal Regno d'Italia, Pio IX rispondeva con il Sillabo, in cui si elencano tutti i presunti mali del secolo decimonono, a partire dalla democrazia "massonica". In seguito, una nuova campagna antimassonica veniva promossa da Leone XIII.

Come spiegare l'estrema violenza della pubblicistica antimassonica, in cui ai "fratelli" si attribuiva praticamente ogni male, fino all'accusa di essere "adoratori di Satana" (tema che emergerà come uno dei tanti "complotti" dei nostri giorni….)? Va ricordato che si tratta pur sempre di organizzazioni caratterizzate, secondo una storiografia ormai consolidata, dalle solide radici borghese, con ben poca propensione all'esoterismo. La Chiesa non temeva affatto una improbabile emorragia di credenti verso le file della massoneria, con la sua classe dirigente elitaria e minoritaria; era impensabile, nell'Italia di allora, una "massoneria diffusa" di tipo anglosassone; nei documenti vaticani emerge piuttosto il proposito di proseguire i tentativi di riconquistarsi un ruolo politico ed economico in seguito alla fine del potere temporale.

In coerenza con ogni teoria complottistica, si tendeva ad esagerare oltre ogni limite il potere del "nemico". Pertanto, mentre la massoneria si era divisa in più filoni con svariate tendenze politiche e culturali, e mentre la presenza sulla scena politica di importanti uomini politici come Ernesto Nathan e Sidney Sonnino - ebrei e massoni allo stesso tempo - sarebbe rimasto un fatto assolutamente eccezionale, l'ostilità all'Italia "giudaico-massonica" sarebbe coltivata da più parti fino alla anni '40 e anche dopo.

Tra i ranghi dell'antiebraismo "controrivoluzionario", nostalgico dell'ancien régime incarnato dai Borboni e dagli Asburgo, emergevano curiose dimenticanze storiche: da una parte, le clamorose azioni antiebraiche perpetrati proprio dai giacobini francesi; e, dall'altra, i privilegi economici e nobiliari concessi ai banchieri israeliti dalla dinastia austriaca, riverita da taluni come ultimo baluardo della tradizione cattolica.

D'altra parte, va ricordato come per lunghi anni, in larga parte del mondo protestante, tedesco e anglosassone, circolavano tesi sostanzialmente speculari sul "complotto gesuita", per non parlare delle denunce contro il papato, visto anch'esso come vera e propria manifestazione del "male assoluto".

Dopo la fine della Grande Guerra si ebbe una nuova esplosione di complottismo in Europa. In Germania, sconvolta dalla rivoluzione, si andava alla ricerca di un capro espiatorio al quale attribuire le ragioni della sconfitta. Di conseguenza, oltre alla diffusione dei famigerati Protocolli, scrittori come l'ex generale Eric Ludendorf si dedicavano alla denuncia del "complotto giudaico-massonico-gesuitico".

Tra gli assertori più estremistici del complottismo nell'Italia del Novecento, possiamo ricordare il mons. Umberto Benigni, che accusava di "massonismo" persino la Compagnia di Gesù. E, successivamente, vi è il caso dello scrittore Julius Evola e di Giovanni Preziosi, ex sacerdote e giornalista antisemita.

3. Evola e Preziosi

Su Julius Evola si possono dire molte cose, ma è innegabile che fosse il maggiore teorico italiano della teoria della "congiura giudaico-massonica", esposta in numerosi saggi e articoli, soprattutto nelle pagine della rivista La Vita Italiana diretta da Giovanni Preziosi, ex sacerdote, giornalista e polemista antisemita.

Già in Imperialismo pagano, alla stregua di Ludendorf, egli aveva bersagliato massoni e gesuiti come appartenenti entrambi a società segrete di tipo internazionale; ma dopo il Concordato del 1929 avrebbe riservato le sue critiche quasi esclusivamente per la massoneria e per gli ebrei. In seguito, nell'introduzione ai Protocolli, Evola affermava l'esistenza di "una trama assai più vasta di forze occulte pervertitrici, che noi siamo perfino inclini a non esaurire in elementi puramente umani", una proposizione di chiaro stampo teologico.

Tra i fattori favorevoli allo sviluppo della plot theory, Evola citava, in un articolo del 1938 ne La Vita Italiana, la forma mentis cattolica: essa non vedeva la storia "come meccanismo di cause naturali, politiche, economiche o sociali ma lo svolgersi di una specie di piano (il piano "provvidenziale"), contrastato da forze avverse e dai loro emissari storici, forze che assumono o la designazione moralistica di "forze del male", ovvero quella religioso-cristiana di forze anticristiane o forze dell'Anticristo". Nel pensiero evoliano, però, al dualismo teologico tra il bene e il male si doveva sostituire quello altrettanto netto di tradizione-antitradizione per arrivare a conclusioni analoghe.

"Nella storia - proseguiva Evola - presso la grande corrente del cristianesimo, che rappresenterebbe la vera spiritualità, vi è una corrente satanica, malefica, eternamente avversa alla prima, che s'incarnò prima nelle dottrine iniziatiche dell'antichità, poi serpeggiò nelle varie eresie medievali e in ordini cavallereschi sospetti, come quello templare e gioannita, a tacer delle sette dei "fedeli d'amore", ed ha sboccato, infine, nelle sette più moderne degli "illuminati", nella massoneria, nell'ebraismo rivoluzionario comunista e anticristiano". Dopo questo riassunto, Evola giustificava la posizione intollerante, poiché al di là dell'effettiva verità storica, questa tesi in qualche modo "calzava".

Com'è noto, il testo preferito di Evola su questo argomento era La guerra occulta di Léon de Poncins e Edmond Malynski. Questi autori tracciavano nella storia europea un processo di decadenza dell'antico ordine gerarchico fondato su clero, aristocrazia e monarchia, indicando come tappe fondamentali la Rivoluzione francese del 1789, i moti del 1848, la guerra del 1914-1918 e, naturalmente, la rivoluzione bolscevica; per loro, il processo rivoluzionario era da attribuirsi principalmente ai massoni ed agli ebrei.

Dal punto di vista teorico, Evola condannava la massoneria quale portatrice di vestigia di antica tradizione iniziatica, ormai incompresa, abbandonata e spesso deviata; tale decadenza si sarebbe manifestata anche nella "sovversione" politica, ritenuta pericolosa poiché, secondo Evola, sarebbero ancora efficaci le tecniche, di tipo psicologico o metafisico che fossero, praticate dalle logge per rafforzare il proprio potere. Essendo prive di una direzione spirituale superiore, queste tecniche potevano essere utilizzate da uomini senza scrupoli.

Di tutto questo non si paralava affatto nella legge del 1925 che limitava la libertà di associazione. Dopo la chiusura delle logge, la propaganda di regime, nell'intento di far dimenticare il ruolo svolto da numerosi "fratelli" nel primo fascismo, sosteneva che l'appartenenza ad una fratellanza internazionale potesse rappresentare un pericolo per l'autonomia nazionale i massoni venivano accusati di essere portatori di valori democratici, egualitari e antifascisti.

Tuttavia, secondo Evola, in quanto antinazionalista, la sostanza politica della "sovversione massonica" andava piuttosto ricercata nella matrice rivoluzionaria giacobina, nemica dell'Europa reazionaria della Santa Alleanza.

Evola sosteneva anche l'identità fra massoneria ed ebraismo sul piano dottrinale, etico e politico: l'etica egualitaria ebraico-massonica si opponeva ad ogni struttura gerarchica e ciò avrebbe comportato la promozione di movimenti rivoluzionari. Infine, concludeva in questi termini: "Inoltre il risentimento dell'Ebreo contro il Cattolicesimo si accordava a meraviglia con l'odio massonico contro Roma e col simbolo di un Tempio, che porta un nome ebraico, il quale, in ultima analisi, ha il significato di centro di raccolta di tutte le forze di un fronte internazionale avverso all'autorità supernazionale cattolica".

Va pure detto che Evola si cautelava contro la monomania di quanti vedevano negli ebrei e nei massoni gli unici fautori della sovversione mondiale; anzi, poteva risultare utile alla sovversione stessa creare "capri espiatori" su cui attirare l'attenzione del pubblico. Rilevava inoltre che il peso politico della massoneria fosse stato ben più importante nell'Ottocento che non nel ventesimo secolo. Tuttavia, tali puntualizzazioni non incidevano sul ragionamento complessivo, e alla fine emergeva inesorabilmente una forte impostazione manichea di condanna senza appello. Secondo la teoria del "razzismo spirituale" non solo gli ebrei ma chiunque incarnasse lo "spirito semitico" poteva risultare meritevole di subire il rigore delle leggi repressive.

Rispetto ad Evola, Giovanni Preziosi, autore di Giudaismo bolscevismo plutocrazia massoneria, risulta più virulento e allo stesso tempo meno originale: le sue fonti principali sulla "congiura mondiale" si trovano nei Protocolli e nella pubblicistica di lingua inglese. Per il resto, seguiva una metodologia chiara e semplice: individuare il nemico da abbattere nelle persone dal cognome ebraico e/o dall'affiliazione massonica, vera o presunta.

Le fatiche di Evola e di Preziosi, nella comune lotta contro la "sovversione giudaico-massonica", volte a sostenere anche le politiche razziali della Germania hitleriana, ebbero poco esito nel dopoguerra, soprattutto quando furono svelati gli errori delle persecuzioni razziali. Tuttavia, il filone complottista non si era affatto esaurito.

4. Dopoguerra, viaggio nell'Italia dei complotti: fascio, grembiule e martello

Nell'Italia del dopoguerra, stretta tra il dominio americano e quello sovietico, il complottismo "indigeno" coltivato durante il regime è costretto inizialmente ad una vita semiclandestina: gli italiani rimasti fedeli alla teoria della "congiura giudaico-massonica", già in minoranza nel periodo fascista, trovavano sempre meno spazio, e anche tra molti ex esponenti della Repubblica Sociale si avviò un processo di autocritica.

Tuttavia, scomparso il fascismo, si era affermato prepotentemente un altro partito dalle forti connotazioni totalitarie: il Partito Comunista Italiano, alleato di ferro di Stalin. Già di per sé la dottrina della lotta di classe, elaborato al livello teorico dal marxismo e al livello pratico dal leninismo, si presta facilmente ad interpretazioni di tipo complottistico.

Durante il periodo del patto tedesco-sovietico, il movimento comunista si era astenuto da ogni critica al nazismo; allo stesso modo, nel Pci del primo dopoguerra, la linea di Stalin, compresi gli aspetti di follia paranoica, non si discuteva. Pertanto, mentre si esaltava l'Armata Rossa quale liberatrice dei campi di sterminio, ci cercò di minimizzare la campagna antiebraica fomentata da Stalin. In realtà, l'antiebraismo comunista si sarebbe dispiegato in Italia solo in epoca successiva, in relazione alle vicende medio orientali.

D'altra parte, si sosteneva la necessità di lottare contro i massoni in quanto "nemici di classe", rappresentanti della borghesia e dei "padroni". Bersagliata durante il periodo fascista da una vasta mobilitazione poliziesca e culturale, la massoneria italiana, più divisa che mai, non ritroverà più il ruolo sociale e politico di "partito della borghesia illuminata" svolto in passato. Come d'incanto, i massoni, da nemico democratico e antifascista del regime, erano diventate, nelle nuove teorie, fascisti , reazionari e, successivamente, anche golpisti. Una posizione che non dispiaceva a molti cattolici, ligi alle posizioni antimassoniche della Chiesa. Di conseguenza, si apriva l'epoca in cui, per motivazioni politico-teologiche opposte, i cattolici da una parte e, dall'altra, lo schieramento di sinistra, a partire dai comunisti, rinverdirono la teoria della "congiura massonica".

Ma accanto a questo tema, il comunismo aveva elaborato un altro filone molto più redditizio: quello del "complotto fascista". I cittadini erano stati in qualche modo abituati ad attendere il lancio di allarmi sulle oscure trame del nemico di turno. Fu un colpo da maestri: ora, nell'Italia liberata la vera trama era quella fascista! Tutto il resto veniva relegato in secondo piano, a seconda le esigenze del momento: e si trattava davvero di tutto e il contrario di tutto.

Infatti, dalla tipologia di nemici - clericali, socialisti, massoni ecc. bastava aggiungere un trattino e poi la parola "fascista", aggettivo ormai relegato a sinonimo del "male assoluto".

Nonostante le occasionali dispute interne, ad esempio, tra comunisti filosovietici e filocinesi, in cui si davano vicendevolmente del "fascista", si era creata una macchina propagandistica destinata a funzionare per oltre mezzo secolo, superando ogni sogni di un Goebbels. Si giocava sul fatto che una minoranza di italiani non avrebbe accettato, per correttezza etimologica o per fede, l'uso della parola "fascismo", non per indicare il ventennale regime politico di Mussolini ma piuttosto come sinonimo del "male assoluto"..

I "misteri italiani"

Affrontiamo ora quell'area grigia della pubblicistica che si occupa dei "misteri italiani", alimentata dalla carta stampata e soprattutto da internet, in cui rientrano numerosi temi, anche importanti, della recente storia italiana: il disastro di Ustica, il sequestro Moro, le stragi, i servizi segreti deviati…. A tale riguardo esistono indubbiamente tante, troppe questioni irrisolte. D'altra parte, vista la fatica richiesta per leggere (e soprattutto interpretare) la vasta mole degli atti giudiziari e parlamentari a disposizione, risulta spesso più facile lanciare tesi "ad effetto" che si ricollegano ai principali politico-culturali del complottismo. Di competenza, riemergono, specie nella giungla dei siti internet, le tesi più logore di presunte "congiure" di tipo sionista, fascista, massonico e via discorrendo.

Veniamo poi ad un altro "mistero italiano" dagli inattesi risvolti politici: il "complotto satanista" e il problema delle "sette". Si direbbe che nessuno, a parte qualche americano fuori di testa, ipotizzerebbe una congiura satanica a livello nazionale o internazionale. Ciò almeno dal punto di vista razionale. Sorge però una difficoltà: dal momento in cui si parla del satanismo nel quadro della teologia cristiana, da curioso fenomeno di costume, con qualche brutto episodio delinquenziale, si passa al piano escatologico, tale da evocare la lotta cosmica tra il bene e il male. A titolo di esempio, Don Baget Bozzo ipotizza, ne L'Anticristo, un collegamento tra politica e attese millenaristiche: "Il fatto che la potenza politica di Satana si sia manifestata con il suo massimo vigore nel XX secolo, indica che sono più vicini i tempi di quell'ultimo potere tirannico che il ritorno di Gesù Cristo annienterà?".

Vi è stato però un episodio ben più preoccupante: la stesura del "Rapporto sulle sette" del 1998, inviato dal Ministero dell'Interno alla Commissione Affari Costituzionali della Camera. E' normale il fatto che in un Paese come l'Italia, in cui la criminalità organizzata rappresenta un vero e proprio macigno che mieta vittime e frena lo sviluppo sociale ed economico, il governo di centrosinistra abbia voluto dedicare risorse pubbliche alle indagini sui "nuovi movimenti magici e religiosi"? Evidentemente, ancora oggi, questi "nuovo movimenti", oltre a religioni ben radicate nei secoli come l'Islam, suscitano ancora il riflesso "complottista" in una parte della classe politica e amministrativa, nonostante i trascorsi storici della schedatura fascista degli acattolici.

Immaginiamo, invece, il finimondo che scoppierebbe per un analogo rapporto, magari promosso dal centrodestra, sul mondo del giornalismo, del sindacato o del volontariato…ma come al solito ci troviamo di fronte al consueto doppiopesismo della convenienza politica.

La "politica occulta" e le lobbies

Veniamo quindi al problema delle lobbies ossia i gruppi di pressione. Tra i vari protagonisti del potere o aspiranti tali, al modello cospiratorio dell'epoca preindustriale si è sostituito ormai da tempo quello di agire più o meno all'interno del sistema per trarne il massimo vantaggio.

Il più clamoroso regime change di tutti tempi, ossia la caduta dei regimi comunisti in Europa, è avvenuto praticamente senza colpo ferire, D'altra parte, con qualche degna eccezione (le repubbliche baltiche), è avvenuto il traghettamento quasi integrale della vecchia classe dirigente comunista nelle nuove strutture democratiche. Un esito scandaloso e non del tutto chiarito, ma tuttavia da analizzare nel quadro di concrete dialettiche del potere, e non di qualche fantasmagorica congiura.

I gruppi di pressione non operano nelle aule parlamentari, ma in tutt'altra sede: una vera e propria "politica occulta". Evidentemente, in questi processi l'occultismo non centra per niente: si tratta semplicemente della consuetudine umana di agire con riservatezza, in primis per non farsi cavalcare dai concorrenti, ma anche per pudore in caso di esiti non favorevoli. In ogni nucleo della società, dalla famiglia alle maggiori organizzazioni economiche e politiche, vige la regola della riservatezza. Oggi come ieri, nonostante i richiami alla trasparenza, esiste una sfera di attività che si svolge in pubblico e un'altra che si svolge rigorosamente in privato. Dalle sedute del consiglio dei ministri e di altri organi governativi, fino al direttivo dell'ultimo partito politico nel più piccolo comune le fasi essenziali del dibattito e della decisione si svolgono "a porte chiuse". Per non parlare dei consigli di amministrazione.

Per chi si muove nel mondo dei partiti come in quello della aziende e delle pubbliche amministrazioni, conta non tanto, o non solo, "chi sei" ma in quali stanze ti riunisci. In una società caratterizzata da contrastanti dialettiche interne, di collaborazione e di scontro, la trasparenza, pur auspicata dalla legge, è tra le ultime considerazioni. Anzi, accanto alla trasparenza nel pubblico, viene sancito nel privato (ma non solo) il trattamento opposto: il diritto alla riservatezza, alla privacy. Esistono tanti, troppi contrasti con la trasparenza auspicabile in democrazia, ma sarebbe sciocco attribuire questa prassi ad "oscure trame".

In merito al concetto di lobby e di gruppi di pressione, Marco Dolcetta, in Politica occulta, sottolinea la diversa percezioni tra gli americani e gli europei: "In Europa si è istintivamente portati a pensare a intrighi, trame, frodi e operazioni comunque al limite della legge. L'americano medio è invece convinto che il sistema delle lobby sia uno degli elementi costitutivi della democrazia, in quanto la libertà di espressione e di organizzazione non può che indurre gli interessi individuali ad esprimersi, organizzarsi e tutelarsi".

Respingere il complottismo non significa chiudere ogni dibattito sulle questioni più controverse della storia e della cronaca. Parlare in maniera schietta dei "poteri forti", in patria o all'estero, non è un compito facile; ma risulterà più facile se si ripongono nell'armadio dei ricordi i vecchi arnesi della teoria del complotto.

In tale quadro, si ridimensionano indubbiamente i riferimenti fatti da taluni personaggi politici alla "lobby massonica" ma anche alle "trame fasciste": sono aspetti che rientrano piuttosto nella "politichetta" di chi non ha altro di cui occuparsi. A meno che qualcuno non si aspetti ancora un ritorno elettorale, confidando nelle reazioni ataviche suscitate da qualche vecchia "parola d'ordine".

D'altra parte, sono ricomparsi i vecchi pregiudizi xenofobici e religiosi in cui si attribuiscono responsabilità collettivi, di tipo nazionale o religiosa, ai più gravi attentati dei nostri tempi. In Europa, il dibattito sul tema dell'avvicinamento della Turchia all'Europa ha indotto qualcuno a parlare del "pericolo islamico". In tal modo, la questione della natura e dei destini dell'Europa è stata ridotta a qualche battuta di "bassa lega". Un ulteriore avanzata del complottismo a sfondo religioso, per ora assai minoritario, non aiuterà certo ad orientare l'azione della politica europea in un mondo complesso e irto di rischi. E, com'è noto, la paura è cattiva consigliera.

Di conseguenza, è auspicabile la fioritura, in tutta libertà, di indagini di tipo storico e sociologico, filosofico e giornalistico; nonostante le residue sacche di intolleranza culturale, è ormai difficile che gli argomenti analizzati e le conclusioni raggiunte possano essere di indirizzo univoco. I complottasti di tutte le risme si mettano l'animo in pace: nelle società avanzate, la visione medieval-totalitaria del "pensiero unico" rappresenta una meta sempre più irrealizzabile.




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