34. Dal 1917 al 1924 Lenin non ebbe certo il tempo per occuparsi di filosofia in modo sistematico. Nei precedenti Quaderni Filosofici aveva comunque mostrato un profondo interesse per la logica e la dialettica di Hegel. Dopo il 1917 propose di fondare una "società di amici materialisti della dialettica hegeliana". Dal momento che la dialettica hegeliana è di fatto inscindibile dalla sua logica strutturalmente idealistica, ci si può chiedere se e fino a che punto Lenin fosse veramente consapevole della inconciliabilità di quanto andava proponendo. Vi è però una contraddizione feconda, che la scuola di Deborin avrebbe in parte recepito, mentre il materialismo dialettico di Stalin avrebbe chiuso questa contraddizione nel modo peggiore.
35. Nel 1921 Nikolaj Bucharin pubblicò il suo Manuale di materialismo storico, primo prodotto sistematico del "marxismo" di tipo comunista. Questo manuale è concepito secondo il modello del primato dell'economia e della deduzione meccanica della sovrastruttura dalla struttura. Lukàcs e Gramsci lo criticarono praticamente negli stessi termini indipendentemente l'uno dall'altro. La rivoluzione russa mostrava di essere stata una grande rivoluzione politica, ma di non avere ancora prodotto una rottura teorica con il marxismo precedente.
36. In URSS si sviluppò in quegli anni un materialismo duro e puro, detto "meccanicistico" o anche "volgare". La sua presunta volgarità stava nel rifiuto integrale e provocatorio di ogni filosofia, considerata una variante colta delle chiacchiere esistenziali e religiose. A molti operai piaceva, perché avevano paura che la filosofia li fregasse con i suoi incomprensibili paroloni. A molti scienziati piaceva, perché il punto di vista spontaneo della maggioranza degli scienziati è che non c'è nessun bisogno di uno spazio conoscitivo supplementare, in quanto la scienza basta ed avanza (punto di vista recentemente ripreso da molti seguaci superficiali di Althusser). In realtà il rifiuto della filosofia non è affatto "volgare", in quanto è semplicemente stupido. Negli anni Venti, in modo più sofisticato, lo stesso rifiuto integrale dello spazio filosofico era praticato dai circoli del neo-empirismo e del neo-positivismo di Vienna e di Berlino. Si trattò di una sorta di messianesimo iperscientifico, legato forse all'idea che in una società guidata dagli scienziati, e non più da politici e diplomatici, non vi avrebbero più avuto porcherie come la Grande Guerra. Ma pigliarsela con la filosofia è come mettersi a picchiare la moglie perché il nostro capufficio ci ha licenziato. Dietro Carnap fa sempre capolino l'immortale impiegato Fantozzi.
37. Dal 1921 al 1931 si sviluppò in URSS la scuola filosofica di Deborin, che resta quanto di meglio fu proposto in quegli anni nel giovane paese dei Soviet. Essa tendeva verso un'ontologia dell'essere sociale, e per questo fu stroncata. Ufficialmente non attaccava frontalmente la teoria della Dialettica della Natura di Engels, e del carattere ontologicamente unitario delle leggi della natura e della storia. Ma di fatto metteva in primo piano la dialettica sociale, e questo poteva essere incontrollabile per l'ideologia.
La scuola di Deborin si basava sulla dialettica di Hegel. In questo contesto si svilupparono gli studi di Rubin sulla teoria del valore di Marx, che a loro volta riprendevano un pionieristico lavoro del tedesco Franz Petri. In questi studi venivano per la prima volta distinti i due aspetti quantitativo e qualitativo della teoria del valore, per usare un'espressione più tardi utilizzata da Paul Sweezy. Da questo filone si originarono molti decenni dopo in Italia le tesi di Lucio Colletti sull'identità fra teoria (qualitativa) del valore e teoria dell'alienazione, che furono per Colletti il pretesto per l'abbandono del marxismo, mentre per Claudio Napoleoni furono l'occasione per proclamare una teoria dell'alienazione universale di tipo ad un tempo cattolico ed heideggeriano.
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