Invito ad una discussione radicale sul marxismo

VI parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve è stato diviso in sette parti.

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6. Il terzo dubbio iperbolico: il crollo implosivo catastrofico del comunismo storico novecentesco

Vi è poi un terzo dubbio iperbolico molto diffuso, che però per me non è tale e si basa su di un equivoco radicale. Si tratta del fatto che l'indiscussa dissoluzione, tragicomica e grottesca, vergognosa e senza onore, del comunismo storico novecentesco come sistema internazionale di stati, partiti e società (1917-1991) avrebbe smentito e falsificato alle fondamenta ogni progetto alternativo al capitalismo di tipo socialista e comunista. Non è così, ed è anzi il contrario. Il comunismo storico novecentesco, anzi, è un fenomeno storico cui è possibile integralmente applicare l'apparato concettuale di Marx. Il discorso sarebbe lungo. Per farla corta, limitiamoci all'applicazione dei quattro concetti scientifici fondamentali di Marx (modo di produzione, forze produttive, rapporti di produzione, ideologia).

In primo luogo, a proposito del modo di produzione, le società guidate dal partito-stato del comunismo storico novecentesco (abbastanza simili nonostante le varianti, da Cuba alla Jugoslavia, dalla Cina all'URSS) devono essere interpretate non come un modo di produzione post-capitalistico, ma come una particolare ed inedita formazione economico-sociale. Questa è la chiave concettuale per risolvere il famoso problema della "natura sociale" dell'URSS e dei sistemi a cosiddetto "socialismo reale". Bisogna dunque utilizzare due diversi concetti, uno risalente a Marx (modo di produzione) ed uno a Lenin (formazione economico-sociale). La separazione fra i produttori associati e le condizioni della produzione, mediata da un apparato burocratico di tipo partitico-statale (al di là del fatto, su cui ritornerò più avanti, che questo apparato separato debba essere definito una nuova classe sfruttatrice oppure un semplice ceto politico a carattere non-classistico) non permette di parlare di modo di produzione post-capitalistico, se vogliamo usare i concetti nel senso marxiano autentico. Ma non si trattava neppure di una semplice variante del modo di produzione capitalistico (e quindi a suo tempo ebbe ragione Sweezy, non Bettelheim), perché questa nuova formazione economico-sociale mancava di troppe caratteristiche strutturali del capitalismo (mercato dei capitali e della forza-lavoro, disoccupazione strutturale ed esercito industriale di riserva, trasformazione del plusprodotto in plusvalore, trasformazione del plusvalore in profitto, ecc.). Insomma, si trattò di una inedita formazione economico-sociale uscita dalla congiuntura storica irripetibile del 1917, che comprendeva diversi elementi modali, di tipo asiatico (proprietà dello Stato e non dei privati, con connessa mummificazione sacrale dei faraoni fondatori come simbolo dell'unità simbolica proprietaria dello stato sacerdotale), schiavistico (lavoro forzato di massa di milioni di persone private di ogni diritto), feudale (casta separata signorile dei membri del partito separati dal resto della popolazione, inquisizione ideologica con connessa separazione fra ortodossi ed eretici) ed infine capitalistico (permanenza, sia pure deformata, della forma di valore e del feticismo della merce). Il punto fondamentale è che questa formazione economico-sociale (e non modo di produzione) è inedita. Chi ne ripropone il modello, in modo esplicito ed implicito, non fa che fare perdere tempo ed energie.

In secondo luogo, a proposito dello sviluppo delle forze produttive, è ormai chiaro che Marx (e soprattutto Engels) era in errore quando pensava che il capitalismo sarebbe stato superato perché incapace di svilupparle oltre ad un certo punto. Il capitalismo è il sistema economico-sociale ideale per svilupparle, ed il problema non sta nel fatto che è incapace di svilupparle, ma che le sviluppa in modo barbarico, cioè catastrofico sia verso le comunità sociali particolari che verso l'ecosistema complessivo. Resta infatti vero che il Rosso ed il Verde devono trovare un'unità, ma questo per ora non può avvenire sulla base dei ceti politici analfabeti attuali. La storia del Novecento dimostra che le formazioni economico-sociali del socialismo reale furono in grado in un primo momento di fare una sorta di "accumulazione primitiva" della base industriale (Russia 1929-1956, Cina 1949-1966), ma in un secondo tempo, dovendo passare all'industria leggera di consumo di massa non riuscirono più a farlo, e questo non certo per incapacità tecnica o gestionale, ma per il semplice fatto marxista che l'industria dei consumi crea e rafforza nuovi ceti sociali potenzialmente incontrollabili dal partito. La vittoria del capitalismo "normale" sulle formazioni economico-sociali del socialismo reale (che mi rifiuto di chiamare "di transizione", secondo un uso improprio diffusosi fra i confusionari fra il 1956 ed il 1991, dal momento che non stavano proprio transitando da nessuna parte), compiutosi nel fatidico 1991, è proprio avvenuta sulla base delle forze produttive, secondo il più classico modello di Marx. La controprova è la Cina dopo il 1976, che ha deciso di competere con il capitalismo sulla base dello sviluppo capitalistico delle sue forze produttive.

In terzo luogo, a proposito della natura dei rapporti di produzione, la formazione economico-sociale del comunismo storico-novecentesco mi sembra un modello classistico al 100%. Chi lo nega, o si limita a parlare di deformazioni burocratiche, di corruzione o di ceti degenerati, mostra di non disporre di un concetto veramente marxiano di classe. Perché una classe sfruttatrice esista non c'è necessariamente bisogno della trasmissibilità ereditaria familiare della proprietà, o di un corpo di commercialisti e notai. L'antico Egitto non disponeva di commercialisti e notai, eppure era egualmente una società classista, simbolicamente sanzionata dalla mummificazione dei suoi faraoni (da Tutankhamen a Lenin, Stalin e Mao). Su questo punto ritengo che la nuova classe sfruttatrice dell'apparato del partito-Stato si sia formata sotto Stalin su basi sociologicamente proletarie ed operaie (cosa che i trotzkisti non capirono mai), si sia stabilizzata e consolidata sotto Krusciov e Breznev, ed infine si sia riconvertita sotto Gorbaciov e Eltsin in settore locale di una nuova classe capitalistica globalizzata, ovviamente con specifiche ed irripetibili caratteristiche russe, sioniste e mafiose. La stragrande maggioranza dei militanti comunisti, ottusi ed ingannati, non ha mai neppure lontanamente capito la dinamica sociale dialettica di questo maestoso processo sociale, perché non hanno mai saputo e voluto applicare il metodo marxista al marxismo stesso, o almeno a chi si dichiarava ideologicamente tale, che pretendeva così di sottrarsi alla legge di gravità. Una storia complessivamente tragicomica, in cui però il comico, ed anzi il grottesco, prevale nettamente.

In quarto luogo, e per finire, a proposito dell'ideologia, anche in questo caso il concetto marxiano di ideologia come falsa coscienza socialmente organizzata (e dunque non solo come illusione personale) appare integralmente applicabile. Ci si chiede come sia stato possibile che in 74 anni (1917-1991) la formazione economico-sociale inedita del comunismo storico novecentesco non sia mai riuscita a rendere l'ideologia flessibile (e cioè pluralistica), cosa che tutti i normali capitalismi non fascisti riescono tranquillamente a fare. Anche a questa domanda è possibile rispondere sulla base di una corretta applicazione del metodo di Marx. Il normale capitalismo imperialistico di tipo liberaldemocratico sottomette a sé la famosa opinione pubblica della società civile attraverso un Campo Pluralistico Amministrato (CPA), che è come una struttura antisismica flessibile nelle costruzioni, in quanto permette alle contraddizioni intercapitalistiche di venire allo scoperto, ed in più permette di cooptare nel sistema attraverso la ben nota triplice gratificazione (potenza, ricchezza, onori) la stragrande maggioranza del ceto intellettuale potenzialmente di opposizione o almeno di protesta e contestazione. La formazione economico-sociale del comunismo storico novecentesco non può invece permettersi un campo pluralistico amministrato, per il semplice fatto che il monopolio del potere economico-politico della nuova classe dei burocrati del partito-stato verrebbe messo in pericolo (contestazione dei piani quinquennali, contestazione del sistema dei salari che paga l'operaio più del medico, ecc.), ed allora si instaura una sorta di Flusso Ideologico Omogeneo (FIO), che scorre quotidianamente dall'alto verso il basso. Questo flusso ideologico omogeneo è darwinianamente molto più debole e rigido del campo pluralistico amministrato, ed alla lunga deve darwinianamente soccombere di fronte ad esso, perché aliena integralmente gli intellettuali come gruppo sociale sottomettendoli a burocrati ignoranti e crudeli.

Concludiamo allora su questo punto. Mentre due dubbi iperbolici sono giustificati (natura umana e capacità intermodale operaia e proletaria), questo terzo dubbio iperbolico è ingiustificato, perché l'uso delle quattro categorie marxiane principali basta ed avanza per spiegare quello che è avvenuto nel Novecento.

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