Per un bilancio categoriale marxista della storia del comunismo storico novecentesco

(1917-1991)

VI parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in dieci parti.

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20. In terzo luogo, e per finire, da un punto di vista teorico tutta la questione del "marxismo" di Stalin può essere risolta in due punti. Primo, la sua errata idea della cosiddetta "putrefazione" delle forze produttive del capitalismo, estrapolata dal momento congiunturale della crisi del 1929, laddove è ormai manifesto che il capitalismo è il sistema economico migliore per sviluppare le forze produttive, perché spinto continuamente dalla concorrenza intercapitalistica (il capitale esiste soltanto nella forma dei molti capitali in concorrenza). Secondo, la sua illusione sul fatto che il monopolio assoluto (ed attenzione, dispotico, non totalitario, facciamo attenzione agli aggettivi che usiamo) del partito in campo economico, politico ed ideologico potesse essere compatibile con lo sviluppo di una società senza classi, laddove invece era il presupposto della formazione di una nuova classe sfruttatrice. E se qualcuno non crede a Costanzo Preve, ritenuto pensatore secondario, creda almeno a Mao Tse Tung, la cui esperienza storica fu indubbiamente maggiore della mia, e che giunse alla stessa conclusione.

21. Su queste basi, l'autorappresentazione di Stalin del comunismo storico novecentesco non poteva che essere ideologica, cioè illusoria. Il socialismo è lo sviluppo pianificato delle forze produttive, attraverso la proprietà pubblica (statale e cooperativa) dei mezzi di produzione. La diseguaglianza delle retribuzioni è dovuta alla permanenza della legge del valore-lavoro, tipica del socialismo. Nel comunismo si avrà l'abbondanza, e quindi l'estinzione della stessa legge del valore. La burocratizzazione è un fenomeno residuale, dovuto al basso livello delle forze produttive ed alla scarsa educazione socialista. L'accerchiamento capitalistico costringe a rinunciare provvisoriamente all'estinzione leniniana dello stato, che deve anzi essere rafforzato contro i nemici esterni ed interni. Ogni nemico interno (ed è nemico chiunque Stalin nomini come tale) è un "nemico del popolo". Ai nemici del popolo si nega qualsiasi protezione giuridica.

Sappiamo come è andata a finire. Qui la cosiddetta falsificazione popperiana ha un corretto ambito di applicazione.

22. La terza interpretazione del comunismo storico novecentesco che voglio esaminare è quella trotzkista. Tuttavia, è bene dividerla per chiarezza in due parti successive, la prima dedicata a Leone Trotzky, ucciso nel 1940 da un sicario di Stalin, e la seconda dedicata al trotzkismo successivo dopo il 1940.

23. Trotzky è stato un grande protagonista storico della rivoluzione del 1917, e la sua opinione sui suoi esiti è indiscutibilmente di grande rilevanza. Politicamente sconfitto a partire dal 1924, Trotzky era a mio avviso del tutto prigioniero dell'incantesimo dell'analogia con la rivoluzione francese del 1789, e di conseguenza interpretava gli avvenimenti cui era contemporaneo con lo schema di quelle categorie storiche (giacobinismo, girondinismo, termidoriani, bonapartismo, eccetera). Questo incantesimo dell'analogia, del tutto improprio e fuorviante, faceva da impedimento alla comprensione della novità degli eventi. Così i bolscevichi diventavano i giacobini, la burocrazia staliniana i termidoriani, Stalin il nuovo Bonaparte, eccetera. Trotzky era completamente digiuno e del tutto disinteressato alla filosofia, e non aveva quindi nessuna obiezione contro il materialismo dialettico, mentre invece sulle questioni artistiche aveva interessanti aperture verso le avanguardie ed il surrealismo. Egli comprendeva bene che il basso livello delle forze produttive in Russia portava con sé un processo di burocratizzazione materialmente fondato sulla ripartizione disegualitaria privilegiata della penuria (egli diceva che quando c'è una coda il poliziotto che la sorveglia si serve per primo, ed in effetti è proprio così), ma questa comprensione lasciava il tempo che trovava. Proclamare che era impossibile costruire il socialismo in un solo paese, e che la burocrazia termidoriana aveva tradito la rivoluzione restava comunque un'affermazione del tutto astratta, dal momento che era comunque impossibile esportare la rivoluzione nei paesi ricchi. Trotzky era così obbligato ad affermare che le rivoluzioni non scoppiavano e non vincevano perché i cattivi burocrati staliniani le tradivano e non le volevano, laddove si vedeva ad occhio nudo che questo non avveniva perché la stragrande maggioranza della classe operaia era socialdemocratica e la piccola borghesia non voleva nessuna dittatura del proletariato, stalinista o trotzkista che fosse. A questo punto la "burocrazia" diventò sempre più una categoria demonologica tuttofare, buona per spiegare tutto ed il contrario di tutto. Ma come in chimica per il flogisto ed in fisica per l'etere, la burocrazia era un vero "concetto fantasma", che stava al posto di un altro concetto rimosso, quello della non-rivoluzionarietà strutturale della classe operaia di fabbrica.

Veniva così edificata una metafisica consolatoria profondamente conservatrice. Eppure Trotzky continuò a difendere il carattere "socialista" dell'URSS, sulla base della proprietà statale e cooperativa dei mezzi di produzione e dell'economia pianificata. Era però necessaria una seconda rivoluzione politica, che espropriasse la burocrazia e riconsegnasse il potere ai produttori associati.

24. Trotzky fu ucciso nel 1940. Dopo la sua morte il movimento trotzkista non riuscì mai ad unire strategia e tattica, con l'inevitabile conseguenza della sua frantumazione in decine di sette trotzkiste rivali, che si richiamavano tutte astrattamente alla stessa strategia (assolutamente inapplicabile), e si dividevano invece ogni qualvolta una scelta congiunturale tattica lo imponeva. I principali teorici del movimento trotzkista, fra cui il primato spetta al belga Ernest Mandel, negarono sempre alla burocrazia comunista il carattere di classe sociale vera e propria, e la connotarono invece come ceto parassitario dotato di interessi particolari. Respinti dalla classe operaia, che in Occidente si divise sempre fra una maggioranza socialdemocratica ed una minoranza staliniana, finirono invece con l'avere maggiore influenza presso intellettuali e studenti, ed aderirono così a partire dagli anni Ottanta ai movimenti ecologisti e femministi. La "lunga marcia" del trotzkismo lo condusse dopo il 1991, e dopo una clamorosa e sostanziale incomprensione del fenomeno Gorbaciov e delle cause strutturali del crollo del comunismo storico novecentesco (ed in questa incomprensione io vedo personalmente il vero fallimento teorico del trotzkismo), a dividersi ancora una volta fra un'ala moderata, fautrice della cosiddetta "sinistra plurale" e del movimento anti-globalizzazione, ed un'ala più radicale, alla ricerca della solita Araba Fenice, il vero partito operaio rivoluzionario trotzkista mondiale, ricostruttore della salvifica Quarta Internazionale.

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