Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Indipendenza è stato diviso in tredici parti.
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4. L'industria ipocrita del perdono ed il fittizio superamento simbolico del
vecchio colonialismo imperialistico.
Chi si sarà fatto le idee un po' più chiare sulle due nozioni
di massacro amministrativo (§ 2) e di impotenza funzionale (§ 3) non
avrà certo in tasca la soluzione dell'orientamento storico nel Novecento,
ma almeno si sarà emancipato dalle rappresentazioni fuorvianti e fittizie
dell'eccezione diabolica (il nazionalsocialismo tedesco) e della illusione criminale
(il comunismo storico novecentesco). Chi vuole impedire in futuro i massacri
amministrativi deve imparare a conoscerne bene la dinamica, se non vuole che
si ripetano. Chi vuole in futuro abbattere il capitalismo non deve ripercorrere
vie fallimentari praticate in passato, credendo che la buona volontà
soggettiva possa sostituire una evidente impotenza funzionale, e la fecondazione
possa avvenire per misteriosa volontà dello spirito santo.
Ma non è questa la via seguita dall'attuale cultura dominante, il pensiero
unico della sinistra moderata buonista mondiale. In questo momento esso tende
piuttosto a chiedere perdono delle malefatte del colonialismo e del razzismo
degli ultimi cento anni e più. Tutti chiedono perdono. Clinton chiede
perdono, Blair chiede perdono, il papa polacco chiede perdono. Si chiede perdono
ai neri, agli indiani, alle donne, agli omosessuali, a tutte le minoranze (e
maggioranze) oppresse e colonizzate in passato. Forse che l'accumulazione capitalistica
prende finalmente coscienza delle sue modalità barbariche di svolgimento,
e questo chiedere perdono annuncia una seria inversione di tendenza, una autoriforma
morale del sistema?
Ma neppure per sogno. Oggi il cosmopolitismo da manifesti alla Benetton richiede
un mercato mondiale globalizzato ed integrato, in cui tutti siano potenziali
acquirenti, ed in cui appunto le vecchie e fastidiose distinzioni di lingua,
sesso, razza, colore della pelle, religione non possano più giocare un
ruolo negativo per restringere o deformare ideologicamente la fluidità
e la flessibilità di un mercato globale del lavoro e delle merci. Un'unica
lingua (l'inglese), un unico sesso (l'unisex perverso-polimorfo annunciato dai
concerti rock e dagli efebi adolescenti della nuova Hollywood), un'unica razza
(umana, in cui il carattere più umano dell'umano è il potere d'acquisto),
ed un'unica religione (un ecumenismo monoteistico new age, in cui la divinità
non è più sovrana sulla natura e sull'economia, ma solo sulla
psicologia e sulla richiesta di senso del mondo del consumatore stressato dall'eccessiva
abbondanza di merci).
Dunque, i padroni del mondo chiedono perdono. Si ha così un fittizio
superamento simbolico del vecchio colonialismo imperialistico. Inoltre, chiedere
perdono non costa quasi niente, mentre un mutamento radicale delle ricette economiche
e finanziarie del Fondo Monetario Internazionale costerebbe moltissimo. Con
la sua introduzione massiccia di categorie (falsamente) morali ed anzi moralistiche
nella storia reale il perdonismo contribuisce ad intorbidare la comprensione
delle cause reali e profonde degli eventi.
Come già per i massacri amministrativi (che si stanno ripetendo) e per
le impotenze funzionali (che alcuni sciagurati vorrebbero riproporre), anche
la retorica perdonista sostituisce la comprensione delle ragioni della diseguaglianza
fra gli individui, le classi, i popoli, le nazioni ed i continenti. Ed è
appunto questa la ragione per cui possiamo aspettarci nel prossimo futuro un
asfissiante e nauseante aumento della retorica perdonista. È probabile
che, di fronte a tanta buona volontà e disponibilità a riconoscere
le colpe, alle vittime venga un complesso di colpa se non si affrettano anche
loro a perdonare i colpevoli per le ingiustizie ricevute (come già avviene
oggi, in cui giornalisti ossessivi chiedono ai parenti delle vittime uccise
dai sassi buttati per gioco dai cavalcavia se e quando perdoneranno gli assassini).
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