Jessica Lynch, plurale
Uso e abuso di una soldatessa
 



Articolo di Stan Goff, da Counterpunch, 13-14 dicembre 2004.

Titolo originale: Jessica Lynch, Plural, The Use and Abuse of a Woman Soldier




Nota introduttiva di Miguel Martinez

Per capire l'impero americano, ci vuole un uomo che ne abbia fatto intimamente parte. Stan Goff ha lavorato per anni nei vari reparti speciali dell'esercito americano - Delta Force, Rangers, e Special Forces - ha partecipato alle invasioni del Vietnam, di Grenada, di Haiti e della Somalia, ha partecipato all'addestramento delle forze armate colombiane e peruviane, ha insegnato scienze militari all'accademia di West Point e ha preso parte a missioni segrete in El Salvador e Guatemala, come racconta nel suo libro appena uscito, Full Spectrum Disorder.

Oggi, Stan Goff combatte contro l'Impero. Ma non è né un pentito né un semplice ribelle alla Rambo. È una persona che è riuscita a smascherare i meccanismi fondamentali del dominio, anche se un lettore italiano potrà trovarsi spaesato di fronte all'insistenza di Goff sui due temi più dibattuti in America, race and gender , "razza e genere". Gli autori migliori sono quelli che riescono quelli che riescono a farti vedere il mondo in una goccia d'acqua; ed è proprio quello che fa Stan Goff, sviscerando nei dettagli apparentemente più insignificanti il racconto mediatico su Jessica Lynch per farci capire in che modo l'Impero stia consumando il nostro pianeta. In questo articolo troviamo tutto, dal motivo per cui una povera ragazza del West Virginia si arruola nell'esercito, alle grandi strutture di paura e desiderio su cui si sorregge il dominio.




Nel suo libro Race Against Empire, Penny M. Von Eschen ha mostrato il modo in cui l'anticolonialismo dei neri [negli Stati Uniti] fu schiacciato durante la Guerra fredda. Da una parte si usò la carota per convincere alcuni dirigenti neri disposti ad adattarsi e a cessare la loro critica del colonialismo; dall'altra, si applicò il bastone dell'intimidazione maccartista contro chi - come Hunton, DuBois e Paul Robeson - non si lasciava piegare. Questa manovra fu consolidata ideologicamente ridefinendo il razzismo come una psicopatologia individuale, impedendo così ogni critica della schiavitù, della cultura di Jim Crow [1] e del colonialismo in quanto sistemi.

Dopo la guerra del Vietnam, si sviluppò un'analoga strategia discorsiva; le critiche anche dettagliate della guerre, in particolare quelle che si concentravano sugli uomini potenti che prendevano le decisioni a Washington, evitavano di chiamare in causa il sistema imperiale statunitense.

L'essenza di questa strategia discorsiva consiste nello spostare l'attenzione del pubblico dal sistema verso gli individui. La concentrazione sui dirigenti politici, però, ci porta troppo vicini al sistema; perciò, dopo il Vietnam, la storia è diventata quella del singolo soldato.

Abbiamo sentito parlare sempre meno del generale Westmoreland o dei presidenti Johnson o Nixon. Le storie sono diventate quelle dei singoli soldati, delle loro angosce e sofferenze. I veterani stessi del Vietnam - molti dei quali non avevano mai partecipato a un combattimento nel Vietnam - hanno finito per accettare questa maniera di ritrarre se stessi come le vittime primarie di una guerra di occupazione in cui erano loro stessi gli occupanti.

Nel suo saggio "Telling the War Story", Susan Jeffords dice:

"Questa tendenza a distaccarsi dalla guerra stessa per avvicinarsi a chi l'aveva combattuta trasforma la guerra da esperienza nazionale in esperienza personale; così tutti gli spettatori possono dimenticare le forze storiche e politiche specifiche che hanno causato la guerra."

Tale trasformazione si sposa molto bene con gli appelli a "sostenere le nostre truppe" che obbligano il pubblico a cessare ogni critica nei confronti dei dirigenti e ogni tentativo di mettere in discussione i motivi geopolitici, per non indebolire i nostri cari ragazzi in divisa e non incoraggiare chi li attacca. Ci permettono di avere opinioni divergenti prima della guerra, a patto che siano abbastanza superficiali, ma si aspetta che facciamo quadrato attorno alla nostra squadra una volta iniziata la guerra. Ignorando così, nel caso recente dell'Iraq, come vi sia stata una guerra a bassa intensità che non si è mai interrotta da dieci anni a questa parte.

Una macchia Rorschach per gli Stati Uniti

Nella produzione della storia di Jessica Lynch, vediamo una combinazione tra questo approccio personalizzato e l'iconografia usata per le questioni di genere. Idealmente, dal punto di vista dei dirigenti politici, il circuito di ridefinizione è completo solo dopo che la guerra geopolitica è stato tolto dalla sfera sociale e ricostruito in quella individuale. A questo punto l'individuo viene iconografato per reintegrarlo in una mitologia che sostituisce se stessa alla realtà sociale nell'immaginario pubblico.



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Con l'abile regia della stampa mercificata degli Stati Uniti, il pubblico americano è stato rifornito di una serie irresistibile di racconti sensazionali e provocanti che mettono insieme il patriarcato, il razzismo e lo sciovinismo che formano la struttura interna della mitologia nazionale americana. C'è molto da imparare a proposito del modo in cui vediamo l'opposizione binaria maschile-femminile, se togliamo queste storie dal loro imballaggio e identifichiamo le molteplici rappresentazioni di Jessica Lynch.

Come la maggior parte della gente, non so molto di Jessica Lynch. In ogni caso, l'elemento più interessante della saga di Jessica Lynch non è quello che ci fa sapere della Lynch, ma quello che ci svela a proposito degli atteggiamenti americani verso il sesso, la razza e la guerra. L'editorialista del New York Times Frank Rich ha giustamente chiamato la storia di Jessica Lynch una macchia Rorschach americana.

Le colonie interne

Jessica Lynch è cresciuta appena a sud della valle del fiume Ohio, a Palestine nella West Virginia. I fiumi Little Kanawha Hughes scorrono nelle vicinanze, e questa regione dell'Appalachia è diventata popolare tra gli escursionisti e i canoisti che si possono permettere questi hobby che sono invece al di fuori della portata della maggior parte dei "Palestinians" della West Virginia.

Le industrie estrattive, in particolare il carbone e il legname, hanno da tempo colonizzato l'Appalachia. Queste industrie sono diventate sempre più meccanizzate, e gli insediamenti incentrati sul carbone, come Palestine, soffrono di alti tassi di disoccupazione. Il metodo di estrazione basato sul taglio delle cime delle montagne ha ridotto l'attuale forza lavoro impiegato nelle miniere al 10% dei suoi livelli precedenti, mentre ha riempito il terreno di scorie tossiche.

Una volta, il Southern Regional Council [2] pubblicava mappe della povertà che si estendevano dalla West Virginia al Texas, con colori diversi per indicare la percentuale di poveri nella popolazione di ciascuna contea. Esisteva poi un'altra mappa che indicava la percentuale di neri, contea per contea. Se sovrapponiamo queste due mappe, troviamo un'alta correlazione tra le contee nere e le contee più povere lungo il Black Belt, la "cintura nera" dove si produce il cotone, ma anche tra le contee latino-ispaniche e quelle più povere nel Texas. Esiste un unico distretto in cui troviamo una schiacciante maggioranza bianca, ma estremamente povera. Si tratta dell'area che si stende tra le contee di Scott e Fentress nelle montagne del Tennessee nordorientale, attraverso il Kentucky orientale e attraverso tutta la West Virginia. Un'unica contea della West Virginia, quella di Putnam, ha un tasso di povertà al di sotto del 15 percento.

La contea di Wirt nel West Virginia ha solo cinque piccoli comuni, Munday, Elizabeth, Creston, Brohard e Palestine. La contea di Wirt e quella confinante di Ritchie sono più fortunate di alcuni dei loro vicini. Secondo i criteri del governo federale, grossolanamente sottostimati, il tasso di povertà è di appena il 29% nelle due contee. Quelle confinanti di Calhoun e Gilmer Counties hanno tassi di povertà che superano il 35%.

Sulla mappa del Consiglio regionale per il sud, solo la zona che comprende l'Arkansas, la Louisiana e il delta del Mississippi e la regione di confine del Texas sudoccidentale sono povere quanto questa zona dell'Appalachia bianca. Queste mappe indicano chiaramente l'esistenza di tre zone economiche in condizioni coloniali nel sud degli Stati Uniti - la Black Belt, il sudovest e la zona carbonifera dell'Appalachia.

Ciò che distingue l'Appalachia dalle altre due è la sua forte identificazione culturale come "bianca".

Carbone, oppressione e ribellione

La schiavitù e il terribile potere politico della classe dei padroni delle piantagioni ha scacciato i bianchi poveri dalle fertili terre delle pianure, costringendoli a cercare la sopravvivenza sulle rocciose pendici delle antiche montagne. Iniziò poi l'era del carbon fossile e l'energia del carbone, intrappolata sottoterra da milioni di anni - e ora sotto la nebbia azzurrina, i piccoli orticelli da sussistenza e i folti e verdi boschi - fu trasformata in valore monetario.

Le sgranatrici meccaniche per il cotone al sud e le manifatture del nord che nascevano dal ventre del cotone prodotto dagli schiavi erano insaziabili nel loro appetito per il carbone. Gli aspiranti baroni del carbone arrivavano con le loro bande armate e il pieno sostegno del governo statunitense, e quella regione dell'Appalachia fu soggiogata a Re Carbone, fratello minore di Re Cotone.

In tutte queste regioni, lo status di terra colonizzata porta con sé una paradossale combinazione di estrema arretratezza e di resistenza progressista, dove troviamo costruzioni di genere arcaici accanto ad altri più evoluti. Ci sono anche forti solidarietà basate su un'oppressione condivisa. La religione millenarista è nata dal senso di impotenza davanti a questa sottomissione, proprio mentre alcuni dei sindacati più militanti del paese, all'inizio anche multirazziali, reagivano alla violenza dei padroni, talvolta con le armi.

L'impareggiabile film di John Sayles, Matewan, ritrae alcune di queste contraddizioni. Ci racconta la storia di un conflitto tra sindacati e padroni, svoltosi nel 1920 nella contea di Mingo, che si concluse con una sparatoria con dieci morti nel villaggio di Matewan. Sayles stesso fa una breve comparsa come predicatore apocalittico, interpretando la cosmologia battista a favore della classe dominante. Il narratore del film è un predicatore adolescente che utilizza la stessa cosmologia nei suoi sermoni a favore del sindacato. Le donne, che non erano né padrone né lavoravano nelle miniere, vengono mobilitate come una specie di cellula di sostegno clandestino durante il conflitto, trasformandosi da osservatrici passive a insorte attive.

Entrare nell'esercito

Molti che prima faticavano nelle miniere, scacciati dalla terra che lavoravano come agricoltori autosufficienti e mandati nei pozzi come proletari sotterranei, vengono oggi espulsi dall'economia grazie a una tecnologia più "efficiente" e alla determinazione con cui i capitalisti del carbone hanno distrutto o addomesticato i sindacati. Come i loro simili in altre colonie interne, i giovani guardano la propria situazione e scelgono dal menù le opzioni che sembrano disponibili. Alcuni trafficano in sostanze stupefacenti e finiscono per diventare tossicodipendenti. Alcuni gareggiano per la manciata di posti pubblici ancora disponibili in un'economia che si restringe. E alcuni vincono un biglietto gratis per uscire dal villaggio, l'offerta di un po' di formazione e di denaro per ottenere un'istruzione e una paga regolare, arruolandosi nell'esercito.

Questa è la vera storia di Jessica Lynch che io mescolerò con alcune deduzioni e ipotesi. Ma si tratta di deduzioni e di ipotesi dal punto di vista di qualcuno che è insieme un soldato e un anticapitalista [3] e non della prospettiva di tutti coloro che hanno ridotto questa giovane donna a un insieme di simboli.

Lei voleva diventare insegnante. Voleva avere i soldi che le servivano per studiare. Ha firmato ed è entrata in quel mondo contraddittorio che è l'esercito degli Stati Uniti. Poteva andarle peggio.

I pornografi vanno a caccia di gente come Jessica Lynch: snella, bionda, con quell'aria che la faceva sembrare l'ingenua vicina di casa, la cui degradazione eccita i principali consumatori della pornografia: gli uomini. Anche gli uomini ricchi sono pronti a colonizzare le giovani donne come Jessica Lynch usandole come modelle, amanti e mogli-trofeo. Alcuni uomini del suo stesso paese avrebbero potuto cercare di soggiogarla dentro un matrimonio patriarcale.

Quindi, sebbene all'interno della cultura maschilista del mondo militare, avrebbe potuto trovare un elemento di uguaglianza giuridica. Questa credenza porta molte giovani donne ad arruolarsi. Un'addetta ai rifornimenti è un'addetta ai rifornimenti, senza genere [Ndt: in inglese si usa il termine supply clerk che appunto non ha genere]. Poteva avere un certo grado di autonomia all'interno di quel quadro istituzionale, un po' di formazione per il lavoro, la garanzia scritta di un po' di soldi per andare all'università, e un modo per uscire da Palestine. Poteva poi andare a scuola e ottenere un certificato che le permettesse di ottenere un lavoro nel settore pubblico come maestra d'asilo.

Il Mito delle Origini

Era stata assegnata inizialmente alla 507esima Compagnia di Manutenzione a Fort Bliss, nel Texas: senza capirne il significato, era comunque immersa in un'altra regione simile a Palestine, la zona più colonizzata del Texas sudoccidentale. Mentre riceveva la sua prima formazione come addetta ai rifornimenti, i piani per la conquista militare dell'Iraq veniva formulati. Il Kentucky e la West Virginia non erano gli unici posti al mondo ad avere la sfortuna di trovarsi seduti sopra i colossali campi di idrocarburi combustibili necessari per alimentare l'espansione industriale capitalista.

Jessica Lynch aveva 19 anni quando fu mandata nel Kuwait per sostenere la prossima invasione dell'Iraq. Come tanti giovani per cui entrare nell'esercito costituisce una strategia economica personale, non sapeva nulla dell'accumulazione capitalistica o dell'imperialismo. Il suo quadro di riferimento, come quello della grande maggioranza degli americani bianchi, era ciò che Roxanne Dunbar-Ortiz chiama il "mito statunitense delle origini" che dipinge lo sviluppo degli Stati Uniti come una sorta di forza assiomatica del bene, e che viene sottoscritto dando per scontata la supremazia bianca e il "fardello dell'uomo bianco". Nel contesto di questo Mito delle Origini, non ci sono dubbi: invadere altre nazioni per "civilizzarle" e "democratizzarle" è un'azione incontestabile. I giovani, bianchi o no, non hanno ricevuto nella loro educazione gli strumenti per mettere in dubbio tali asserzioni, anzi, il contrario. Con queste premesse indiscusse, fanno semplicemente "il loro lavoro" quando prendono parte a un'invasione.

Jessica Lynch era altrettanto ignara delle dinamiche patriarcali del sistema.

In guerra

L'invasione fu ritardata dalla resistenza internazionale e quella resistenza portò alla perdita del fronte turco e di quello saudita.

Quasi tutte le forze di terra statunitensi furono costrette a muoversi verso nord in Iraq lungo un'unica asse che partiva dal Kuwait e poi si divideva in due colonne lungo i fiumi Tigri ed Eufrate. L'invasione fu lanciata durante la stagione delle tempeste di sabbia. I combattenti della resistenza irachena potevano concentrare i loro attacchi a puntura di spillo lungo un'unica linea di avanzata.

Il 21 marzo, una gigantesca massa di veicoli militari avanzava lentamente in direzione nord ovest lungo l'asse principale dell'avanzata, con le unità che si mescolavano e si intrecciavano tra di loro sul terreno aperto - un incubo in termini di responsabilità per i comandanti delle piccole unità. Jessica Lynch guidava un camion da cinque tonnellate con attaccato un rimorchio pieno di attrezzature. Le tempeste di sabbia che avevano colpito la forza d'invasione lasciavano un pesante residuo di polvere in ogni parte delle macchine e delle armi che si insediava negli angoli degli occhi e nelle pieghe del corpo e si insinuava tra gli abiti e la pelle. La frenetica tabella di marcia e la sabbia indebolivano la manutenzione meccanica, il benessere delle truppe e il grado di attenzione.

L'unità della Lynch agiva a sostegno della Terza divisione di fanteria meccanizzata, la principale forza di combattimento che aveva come obiettivo ultimo Baghdad. La 507esima non era un'unità di combattimento e non prevedeva di dover mai combattere. I riassunti dei servizi d'informazione resi pubblici dal Comando Centrale (CENTCOM), continuavano a riflettere le attese trionfalistiche di Donald Rumsfeld e le previsioni ottimistiche del suo consulente, il truffatore Ahmad Chalabi, che sosteneva che gli iracheni si sarebbero arresi a vista. Le truppe statunitensi avevano ordini di permettere ai soldati iracheni di conservare le armi, presumibilmente in modo che i loro stessi ufficiali li potessero controllare.

Il convoglio proseguì senza sosta per quarantotto massacranti ore, adoperando i fari agli infrarossi e gli occhiali con i visori notturni quando faceva buio. Avevano gli occhi pieni di polvere, le teste ciondolavano per il sonno, ed erano stanchi morti. Il camion della Lynch, come molti altri, vittima delle tempeste di sabbia e della tabella di marcia, morì e fu attaccato a un gigantesco veicolo di recupero. La Lynch fu messa sul Humvee del primo sergente della sua compagnia, dove poté sonnecchiare mentre un'altra giovane donna, di nome Lori Pietsewa, lottava contro il sonno dietro il volante.

A Nasiriyah

Avvicinandosi il 23 marzo alla periferia di Nasiriyah, le unità venivano incanalate su strade più strette e i convogli cominciavano a separarsi. Il sole non era ancora sorto quando il Humvee del primo sergente, in testa al convoglio della 507esima, incontrò un blocco stradale statunitense alla congiunzione tra l'Autostrada 1 - la principale direttiva dell'avanzata - e l'Autostrada 7 che andava dritto verso nord, in direzione del centro di Nasiriyah.

Nessuno è mai riuscito a capire esattamente chi ci fosse in quel blocco stradale, o quali comunicazioni aveva o quanto fosse stanco. Faceva buio. Erano sopraffatti dalla fatica. Il primo sergente e il comandante della 507esima, il capitano Troy King, avevano sistemi di navigazione GPS.

Si dice che fossero sprovvisti di mappe di riserva, utili nel caso in cui questi attrezzi ad alta tecnologia avessero mentito o si fossero guastati. Ma la verità è che nessuno nella 507esima si aspettava che ci sarebbe stato bisogno di usare sistemi di navigazione. Facevano parte di un rombante fiume di acciaio e diesel diretto verso nord, e questi posti di blocco servivano solo a dirigere un traffico obbediente.

Pietsewa e il primo sergente, Robert Dowdy, videro un anonimo agente della polizia militare alzare la mano verso l'Autostrada 7, indirizzando Jessica Lynch verso un futuro di terrore, spaesamento, iconografia cialtrone e guerra culturale patriarcale e intrise di problematiche razziali.

Il sole si alzò sopra la 507esima che strisciava lentamente lungo l'Autostrada 7. I suoi capi, confusi, cercavano scuse per le discrepanze nei sistemi GPS. Nessun capo militare ama ammettere di aver fatto un errore, soprattutto quando non è ancora sicuro di averlo commesso. Somigliano al padre orgoglioso al volante dell'auto di famiglia, non ancora disposto ad ammettere di essersi perso. Sicuramente quel giorno, mentre la 507esima si trovava ad attraversare altre unità che non appartenevano all'esercito ma ai Marines, il dubbio cresceva. Comunque stavano andando genericamente verso nord. Non avevano attraversato l'Eufrate, che restava lì come un grande fondale geografico. Il comandante tenne a freno le proprie incertezze mentre cercava di risolvere le contraddizioni tra le sue letture GPS e un ordine operativo confuso nella sua testa privata di sonno, e andò avanti.

Nella luce mattutina, entrarono a Nasiriyah con 33 soldati assonnati e 16 veicoli. Attorno a loro sorgevano edifici dove la maggior parte della popolazione sembrava dormire ancora. Poi davanti a loro si presentò un ponte.

Lo attraversarono, ma dopo un paio di chilometri si accorsero di aver attraversato il fiume Eufrate. Nella strada, cominciarono a vedere iracheni. Il capitano King ordinò al convoglio di tornare indietro. Si trovavano decisamente nel posto sbagliato.

L'incontro

Il traffico automobilistico cominciava a riempire la strada mentre il convoglio si impegnava nella difficile manovra di far girare 16 veicoli militari nelle strette strade del centro di Nasiriyah.

C'erano iracheni armati.

Cominciarono a passare carri armati iracheni con soldati a bordo.

Si scambiarono occhiate.

Ma il rapporto della CENTCOM diceva che gli iracheni sarebbero stati amichevoli o si sarebbero arresi, e la 507esima non era un'unità da combattimento. Il loro più grande desiderio adesso era di ritrovarsi in compagnia di una vera unità di combattimento. L'adrenalina cominciava a farsi strada, contro la loro profonda fatica muscolare.

Appena dopo le 7 di mattina, cominciarono a sentire un fitto scambio di colpi in lontananza. Dovevano essere i Marines che avevano passato poco prima. Qualcuno iniziò a chiedersi, se gli iracheni sparano sulla fanteria e sui carri armati dei Marines, non spareranno forse anche su questo gruppo di meccanici e impiegati?

Il convoglio sbagliò strada varie volte dentro Nasiriyah, perdendo sempre di più il senso di orientamento, e la loro disorganizzazione divenne palese agli iracheni. Mentre cercavano di riorganizzarsi, divisi come erano in due strette stradine mentre si sforzavano di girare, un pickup iracheno si voltò e fece un giro di ispezione del convoglio. Due uomini dentro il pickup stavano chiaramente valutando la disorganizzata unità americana. In pochi minuti, un secondo pickup con una mitragliatrice in posizione passò accanto a loro e girò l'angolo. Una parte del convoglio era ancora nascosta alla vista dell'altra. I cuori battevano forte e le bocche erano secche. Cominciavano a rendersi conto di essere usciti da tutto ciò che conoscevano e per cui erano stati addestrati.

Erano prede, ed erano nei guai.

Alcuni colpi partirono dagli edifici su entrambi i lati della strada. Gli ordini furono gridati e inviati per radio: "uscite fuori!" Poi la pioggia si trasformò in tempesta.

Prima le pallottole, poi i colpi di RPG cominciarono a investire i veicoli. Mentre cercavano freneticamente di manovrare i loro veicoli, gli iracheni lanciarono pneumatici sulla strada per chiudere le vie di fuga. Su un'altra strada, un autobus veniva trascinato per bloccare quell'uscita. Dowdy saltò giù dal Humvee e cercò di indirizzare gli altri veicoli verso una parvenza di ordine, in modo da sfuggire all'imboscata. Alcuni minuti dopo, era morto. Due soldati i cui veicoli erano stati resi inutilizzabili saltarono su quello della Pietsewa.

Pietsewa, i due che erano saltati a bordo e la Lynch si mossero in maniera caotica lungo la strada, come se cercassero di sfuggire ai proiettili, poi la Pietsewa perse il controllo. Jessica Lynch si aggrappava come poteva dentro il veicolo che sbandava. L'Humvee si schiantò contro il gancio di traino di uno dei semitrattori distrutti del convoglio.

In ospedale

Jessica Lynch vide la Pietsewa e gli altri in maniera confusa, incapace di valutare la loro condizione o quella propria. Riuscì a scendere dall'Humvee, cadde in ginocchio e iniziò a pregare. Poi finì la giornata di Jessica Lynch. La concussione provocata da una ferita aperta sulla testa, dovuta all'impatto, le fece perdere coscienza. Qui troviamo una contraddizione che è rimasta irrisolta. Si dice che il suo fucile si sia inceppato e questo indicherebbe che avrebbe cercato di usarlo. Ma in questa serie di ipotesi, io presumo che la gravità delle ferite che aveva sofferto alla testa l'avessero messa in uno stato di choc in cui difficilmente avrebbe potuto adoperare un fucile d'assalto. Succede nei film, ma questo non era un film. Aveva la caviglia slogata. Il femore si era rotto e mandava il sangue nel muscolo della coscia. Il suo braccio era rotto e aveva un vasto strappo sulla testa che sanguinava pesantemente. Pietsewa, la sua migliore amica, una donna della Nazione Hopi, era già in stato di profondo choc.

Aiutata dai Marines, una parte del convoglio riuscì a scappare.

Una volta terminato l'assalto, le truppe irachene portarono la Lynch e la Pietsewa all'ospedale militare di Nasiriyah. Se non lo avessero fatto, sarebbe morta dissanguata. La Pietsewa morì a causa delle sue ferite.

I dottori Jamal Kadhim Shwail e Harith al-Houssona la esaminarono. Era in uno stato di choc, con la pressione del sangue pericolosamente bassa. Non conoscendo l'entità delle sue ferite muscoloscheletriche, né sapendo se la spina dorsale fosse stata danneggiata, non potevano permettersi di smuoverla per toglierle gli strati di strumenti da combattimento, divisa, armatura antiproiettile e materiali di comunicazione. Dovettero usare le forbici per toglierle l'attrezzatura e il vestito, che erano ancora fermamente saldati al corpo. Le fecero un'infusione endovenosa, comprese tre unità di sangue - due donate sul momento dal personale iracheno dell'ospedale - la cateterizzarono, , le misero una stecca, le suturarono la testa e la portarono all'ospedale Saddam, anch'esso a Nasiriyah, per operare la pericolosa frattura al femore.

Fu il dottor Mahdi Khafazi a eseguire l'intervento.

Al Jazeera pubblicò alcune foto prese a Nasiriyah, comprese quelle degli americani morti e prigionieri. L'esercito americano avrebbe poi attaccato gli uffici di al-Jazeera (come avevano già fatto in Afghanistan) per aver osato pubblicare il vero volto della guerra. Quelle foto mostravano i prigionieri catturati durante l'imboscata alla 507esima: lo specialista Edgar Adan Hernandez, 21 anni, di Mission nel Texas; lo specialista Joseph Neal Hudson, 23 anni, di Alamogordo nel Nuovo Messico; la specialista Shoshana Nyree Johnson, 30 anni di El Paso nel Texas; il soldato semplice di prima classe Patrick Wayne Miller, 23 anni, di Walter nel Kansas e il sergente James Joseph Riley, 31 anni, di Pennsauken nel New Jersey.

La paura e il dolore della specialista Johnson, una giovane afroamericana che aveva subito ferite da proiettile in entrambe le gambe prima della cattura, erano quasi tangibili nella fotografia. La storia di Shoshana Johnson si sarebbe incrociata di nuovo con quella di Jessica Lynch.

Quasi uccisa dagli americani

Durante la convalescenza della Lynch, il dottor Harith Houssona, un medico appena ventiquattrenne, e diverse infermiere fecero amicizia con la Lynch. I comandanti militari iracheni la ritenevano una prigioniera di guerra, ma vista la gravità delle ferite, concessero molta libertà e poca sorveglianza al personale dell'ospedale. Sette giorni dopo, la maggior parte dei militari iracheni se ne andò e Houssouna ordinò di riportare Jessica Lynch all'esercito americano. Un ufficiale iracheno e un guidatore di ambulanze di nome Sabah Khazaal cercarono di portare Lynch agli americani.

Sapevano che le ambulanze erano protette dalla convenzione di Ginevra e quindi pensavano che non li avrebbero colpiti. La cosa non funzionò. Quando l'ambulanza si trovava a circa 300 metri dal posto di blocco dell'esercito USA, i soldati americani cominciarono a sparare, quasi uccidendo Lynch, proprio mentre si avviava alla convalescenza e al rimpatrio negli USA.

Un'improbabile "missione speciale"

È probabilmente un caso che si sia scelta la data del primo aprile per mandare un distaccamento di SEALs e di Rangers in una missione "speciale". C'erano in effetti diverse cose speciali a proposito di questa missione.

Innanzitutto, le squadre speciali di questo tipo vengono in genere utilizzate per missioni sensibili, con tattiche e tecniche considerate segrete.

In secondo luogo, le squadre speciali, viste le tattiche e le tecniche segrete che adoperano, non portano con sé un cameraman civile che registrerebbe tecniche segrete e sarebbe di impedimento all'operazione.

In terzo luogo, non esisteva alcuna minaccia per questa missione segreta e speciale tale da giustificare l'uso di tali tattiche e tecniche segrete.

L'intelligence militare americana sapeva perfettamente, mentre veniva pianificato il cosiddetto salvataggio di Jessica Lynch, che l'esercito iracheno stava abbandonando Nasiriyah, ritenuta ormai tatticamente indifendibile. I civili si spostavano liberamente tra Nasiriyah e le posizioni americane alla periferia della città. Tra questi c'erano anche astuti opportunisti, come l'avvocato Mohammed al-Rehaief. La versione ufficiale è che al-Rehaief avrebbe riferito la "prigionia" della Lynch agli americani, e che CENTCOM avrebbe quindi organizzato una missione speciale di salvataggio.

Dato quello che sappiamo, compreso il fatto che al-Rehaief oggi è diventato ricco e vive negli Stati Uniti, sembra che sua moglie, che lavorava all'ospedale, gli avesse parlato della Lynch. Si recò dagli americani, che iniziarono a interrogarlo.

La guerra stava andando molto male in quel momento per le forze americane, con l'inefficace nuova dottrina di Rumsfeld e la sua incessante e controproducente microgestione. Nella coscienza anestetizzata dell'America, iniziavano a sorgere dubbi, e per mantenere addormentato il paziente, il Dipartimento di Guerra aveva bisogno di un colpo pubblicitario.

Ad Al-Rehaief fu offerto un viaggio gratis di andata per gli Stati Uniti, assieme alla sua famiglia, e una vita di fama e di adulazione in cambio di un minimo di collaborazione.

Fu rimandato all'ospedale per raccogliere informazioni specifiche sulla dislocazione dei piani e delle porte, mentre l'unità "speciale" iniziò il salvataggio del soldato Lynch. Il Responsabile per gli affari pubblici del CENTCOM fu allertato, mentre tutto l'ufficio Wag-the-Dog [4] del Dipartimento di difesa entrò in azione, compresa la Rendon Group.

Entra in scena la Rendon Group

La Rendon Group è stata attiva tanto sotto Clinton quanto sotto Bush II. Non si tratta dell'unica struttura di pubbliche relazioni che si nutre di soldi pubblici per offrire castronerie al pubblico che firma i suoi assegni. Ma il caso Rendon è altamente simbolico.

La Rendon ha gestito la scenografia di buona parte della preparazione dell'attuale impaludamento in Iraq. È in gran parte responsabile per aver organizzato il nuovo regime dei quisling iracheni, che la Rendon ha battezzato come il "Congresso nazionale iracheno", diretto dal truffatore pregiudicato, Ahmad Chalabi. In un momento di anonima franchezza, un responsabile del Dipartimento di Stato ha detto che "se non fosse stato per la Rendon, nessuno avrebbe mai sentito parlare del gruppo Chalabi ."

Né avrebbe mai sentito parlare del salvataggio di Jessica Lynch, perché senza la Rendon non sarebbe mai avvenuto. Si è trattata di un'operazione militare… recitata per i media di intrattenimento pubblico, allo scopo di infondere un po' di ottimismo nella coscienza di massa degli americani. Non c'è mai stato alcun salvataggio. Si è trattato semplicemente di un telefilm.

La Rendon ha ripreso il lavoro nel punto in cui la Hill & Knowlton, che gestì la percezione della prima guerra del Golfo, lo ha lasciato. Qualcuno ricorderà come la Hill & Knowlton, su contratto con il governo USA, abbia partorito la storia dei "bambini kuwaitiani buttati fuori dalle incubatrici dai soldati iracheni", una storia che mobilitò un massiccio sostegno della stampa e del pubblico all'invasione di Bush I. La storia era ovviamente una totale fabbricazione, ma i suoi effetti perdurarono, tanto che un film della HBO uscito l'anno scorso riguardante la prima guerra del Golfo la ripeteva come un fatto. Non dovrebbe quindi sorprendere nessuno il fatto che Torie Clarke, portavoce del Pentagon durante l'altalenante blitz dell'inizio dell'ultima invasione, sia un'ex-impiegata della Hill & Knowlton.

Sempre di più, la destra tende a mettere le donne sotto i riflettori come portavoce delle sue politiche.

La Rendon Group è stata fondata da un ex-maneggione del partito democratico, John Rendon. La Rendon Group ha collaborato con la Hill & Knowlton durante la prima guerra del Golfo, all'interno del Kuwait, dove hanno imparato presto la maniera di trasformare l'incoscienza consumista dell'America in una miniera.

La Rendon è arrivata a vantarsene con il National Security Council, dicendo

"se qualcuno di voi ha mai preso parte alla liberazione di Kuwait City ... o se l'avete vista in televisione, avrete notato centinaia di kuwaitiani che agitavano piccole bandiere americane. Vi siete mai soffermati a chiedervi come sia possibile che la gente di Kuwait City, dopo essere stata tenuta in ostaggio per sette lunghi e dolorosi mesi, potesse avere in mano bandierine americane? E non solo, anche le bandierine di altri paesi della coalizione? Beh, adesso conoscete la risposta. Quello ero uno dei miei compiti."

Vi siete mai soffermati a chiedervi...

In effetti, no. Noi non ci chiediamo niente. Ecco perché continuiamo a firmare gli assegni per i gangster con poco cervello che fingono di essere statisti. La Hill & Knowlton ha anche pubblicato un mucchio di menzogne sotto la parvenza di un libro intitolato The Rape of Kuwait ("Lo stupro del Kuwait"), mandato direttamente ai soldati prima del lancio dell'operazione Tempesta nel deserto, presumibilmente per cancellare le loro inibizioni e instillare in loro il giusto spirito di combattivo, disumanizzando il loro nuovo nemico.

Lo Stupro del Kuwait offre un'interessante scelta di termini. Lo stupro compare continuamente nella guerra. Da una parte, come un'orribile realtà, dall'altra come parte di un racconto educativo patriarcale, come vedremo più avanti.

Far "perdurare" una storia

Il mutevole e fittizio racconto di quello che successe a Jessica Lynch fu probabilmente un'impostura nata nell'Ufficio per le comunicazioni globali della Casa Bianca, un ufficio praticamente in mano alla gente della Rendon. La Responsabile per le finanze della Rendon è Sandy Libby, la moglie di I. Lewis "Scooter" Libby, capo dello staff del vicepresidente Dick Cheney. Hanno generato storie giornalistiche che venivano poi rese pubbliche dal CENTCOM e da altri, a una velocità maggiore di quella con cui la stessa stampa poteva digerirle. In questo modo la corsa a pubblicare in tempo e la concorrenza impedivano ai media di controllare i fatti. Le storie cascavano poi a pezzi, a volte nel giro di pochi giorni o addirittura di poche ore, ma le fabbricazioni continuavano a "perdurare" senza commenti.

"Perdurare" [linger] è un termine che fa parte dell'industria che abbiamo visto all'opera in Sesso e potere, ed è un concetto adoperato nelle operazioni psicologiche militari (Psyops).

Questa tattica si associa a un controllo del linguaggio e del messaggio. Capiamo così perché una spacconata maschile del tipo, "Gli americani non sono gente che scappa" ("Americans are not the running kind") possa comparire in due diversi discorsi tenuti lo stesso giorno da diversi membri dell'amministrazione. Questo controllo ridefinisce ogni opposizione alle azioni USA come terrorismo e costruisce false associazioni tramite la ripetizione, riecheggiando altri termini prodotti industrialmente. Quante volte abbiamo sentito citare "l'11 settembre", "terroristi" e "Saddam Hussein" nella stessa frase? Si tratta di una tecnica da Psyops, un metodo per "costruire la memoria". Il "pubblico target" non è il nemico, e nemmeno la "popolazione indigena". Siamo noi.

Quando vengono colti con le mani nel sacco, riconfigurano la storia con l'utilizzo di un linguaggio ellittico, o se vogliamo ottuso, e poi lo lasciano perdurare un altro po'. Le armi di distruzione di massa diventano un "programma di armamenti", una "ricerca" di armi di distruzione di massa. La CIA di George Tenet CIA "ha qualche domanda" da fare a proposito del falso, scusate, del dossier inglese. Una volta che questo dubbio viene pubblicato, chi si ricorderà la favola di Jessica Lynch, o se ne preoccuperà più?

Alcuni di questi racconti costruiti sono talmente sensazionali da sfidare l'immaginazione, se ne gente ne avesse.

Ma la stampa americana, sempre un bastione di sano scetticismo e pensiero critico, ha mandato giù la favola di Jessica Lynch come un bassotto affamato. La storia prefabbricata era già pronta per i giornalisti alla sede CENTCOM nel Qatar, e questi hanno obbedientemente rimandato in giro per il mondo un dramma sacro dello sciovinismo, nazionale e poi maschile.

Il copione

La bella, coraggiosa soldatessa bianca americana respinge gli assalti dei degenerati iracheni, assetati di sangue, vili (cioè femminilizzati) e subumani, svuotando il suo caricatore nei corpi di diversi malfattori, finché - colpita più volte con proiettili e poi con un coltello - viene sopraffatta e presa prigioniera. Il CENTCOM ha solennemente dichiarato che la questione dell'aggressione sessuale era una domanda aperta, in modo che l'immaginazione pubblica potesse fantasticare liberamente. I malvagi interrogatori fedayin l'avrebbero poi picchiata in ospedale.

Poi, la quintessenza di virilità americana, gli uomini delle Special Operations, entra in scena per salvare la nostra eroina, caduta sotto gli assalti di questi poco maschili arabi, riaffermando così i ruoli degli americani, maschi e femmine e pienamente umani. La grande catena dell'essere viene così ricostruita in tutte le sue giuste gerarchie.

Possiamo rifarci a Susan Jeffords nel suo saggio, "Telling the War Story": in un momento in cui la resistenza irachena pone in dubbio l'invincibilità militare americana, una mostra di potenza maschile eroica e militarizzata può fornire una "identità nazionale compensativa."

Prossima inquadratura.

Il sottotitolo scorre sullo schermo: "Non sopravalutate mai l'intelligenza del pubblico generale."--P. T. Barnum

Resistenza pari a zero

Il 10 aprile, Susan Schmidt e Vernon Leob del Washington Post gongolavano mentre rigurgitavano la notizia "trapelata" della lotta mortale di Jessica Lynch contro i perversi iracheni e il suo successivo salvataggio, con tanto di sottotitoli come "Lotta mortale", "Questo sì che è coraggio" e "Classica operazione speciale."

Quest'ultimo era un riferimento alla "audace incursione degli uomini delle forze speciali" che avrebbe "salvato" la Lynch.

Questa storia è stata riecheggiata in maniera eccitata attraverso le onde radio e le pagine di riviste e quotidiani che si presentavano come rispettabili. La memoria pubblica veniva "costruita" attraverso la ripetizione. Anche se cominciavano a sorgevano dubbi, si permetteva alla storia di "perdurare."

IL 15 maggio, The Guardian diceva,

"il suo salvataggio resterà nella storia come uno dei più sensazionali casi di manipolazione delle notizie mai ideati. Fornisce una visione notevole della vera influenza che i produttori di Hollywood hanno sui controllori dei media al Pentagono e ha prodotto uno stampo che l'America spera di poter adoperare nelle sue guerre future".

Gli americani non leggono The Guardian. Credono ancora alla finzione del salvataggio.

In realtà, l'incursione degli uomini delle Operazioni speciali si scontrò con una resistenza pari a zero; infatti, erano perfettamente al corrente del fatto che i combattenti iracheni si erano già ritirati. Ma per dare un tocco di autenticità, tagliarono la corrente all'ospedale, mettendo in pericolo tutti i pazienti, usarono esplosivi per far saltare porte che il personale dell'ospedale avrebbe aperto loro volentieri e addirittura ammanettarono due impiegati dell'ospedale, portandone via uno come prigioniero per alcuni giorni, e due pazienti, uno dei quali con un'infusione endovenosa attaccata al braccio.

Quest'ultimo particolare è stato censurato nella versione cinematografica.

Poi cominciò a sgonfiarsi la storia della lotta mortale della Lynch e quindi arrivò un discorso ellittico di copertura. Quello che era veramente successo alla Lynch "era ancora in corso di analisi", disse il CENTCOM. I fatti erano oscurati dalla "foschia di guerra", una foschia generate dall'Ufficio per le comunicazioni globali della Casa Bianca.

La proliferazione immaginaria di Jessica Lynch

I maestri della Rendon presero l'esempio da Hollywood, un luogo in cui gli uomini seguono goffamente le tendenze sociali come il femminismo surrogato e consumistico. I rendoniani costruirono il racconto di una grintosa soldatessa, una specie di fusione tra Soldato Jane e Il coraggio della verità. Facendo così, si trovarono davanti a un'inattesa risposta reazionaria. Una donna in divisa era la manifestazione di qualcosa che veniva chiamato "femminismo radicale", un termine che indica qualunque cosa sappia anche lontanamente di femminismo. Lynch, l'ex-eroina simbolo dell'imperialismo si scontrò faccia a faccia con Lynch, la violatrice del primitivo tabù patriarcale delle armi. America bella perché varia!

Il patriarcato non assegna un copione unico alle donne; i copioni sono molti, ognuno costruito però all'interno di una costruzione fallocentrica della sessualità.

In Disciplining Female Bodies for Khaki ("Disciplinare i corpi femminili per la divisa"), Zillah Eisenstein nota come il patriarcato capitalista, in una costante rinegoziazione della sessualità, pluralizzi le femminilità in rapporto ai corrispondenti e dominanti poli maschili, anch'essi in costante evoluzione.

La Lynch era stata sfruttata in maniera grottesca dall'Ufficio affari pubblici dell'esercito, ma doveva adesso subire molteplici trasformazioni. Come le donne in ogni situazione, si trattava di un unico corpo femminile che adesso sarebbe stato definito in maniera plurale contro una pluralità di mascolinità in funzione di diversi interessi. La sua subordinazione come donna, la sua femminilità, non è stata abolita. È stata diversificata, come una linea di prodotti che inizia a perdere una quota di mercato.

Non appena fu resa pubblica la storia - poi rivelatasi falsa - della lotta mortale ingaggiata da Jessica Lynch, le femministe progressiste si fecero avanti cogliendola come la prova che le donne erano in grado di combattere. Lei era il Soldato Jane. Si trattò di un boomerang: a mano a mano che si sfilacciava la storia del combattimento, i progressisti furono messi a tacere dai misogini che sostenevano che le donne non erano in grado di combattere.

[Si tratta di una discussione fasulla da entrambe le parti, che viene condotta con arsenali di affermazioni empiriche riguardanti la forza toracica e altre cose assai poco significative, visto che non esiste una sola abilità nel combattimento che non abbia un corollario in attività non militari e che non sia stata praticata dalle donne sin dall'inizio dei tempi. Harriet Tubman condusse tante incursioni dietro le linee confederate durante la Guerra di secessione da meritarsi il soprannome di Generale Tubman. Decine di migliaia di partigiane jugoslave combatterono coraggiosamente contro gli ustascia, i cetnici e poi i nazisti. Le donne sovietiche pilotavano aerei da combattimento, ed erano tra i migliori cecchini dell'Armata Rossa durante la guerra contro Hitler; un'insegnante sovietica da sola mandò ben 93 guerrieri ariani della Wehrmacht nel Valhalla. Sono solo alcuni esempi. È fuori discussione che le donne possono combattere. La storia ha già risposto in maniera decisiva a questa domanda, ancora un motivo per capire perché la storia sia così pericolosa e debba essere sostituita dalla mitologia.]

Mobilitare il femminismo a sostegno dell'imperialismo

Jessica Lynch, la persona, fu tenuta nascosta, mentre venivano inscenate le sue definizioni.

Perché la stampa non si è occupata degli uomini che morirono combattendo? Perché Jessica Lynch ha ricevuto la Stella di bronzo? Perché nessuno ha sottolineato il fatto che la Pietsewa, una donna, "ha perso il controllo" sotto il fuoco? Domande interessate di questo tipo si sono moltiplicate a dismisura.

Il sesso e la guerra sono tasti caldi.

Coloro che hanno cercato di difendere Jessica Lynch da quest'ultimo attacco l'hanno spesso ridotta a una ragazza sfortunata e vittimizzata, mentre c'è del vero anche in un altro copione. Non si scappa: Jessica Lynch fu scelta perché era una soldatessa bianca, e la questione divenne scottante per lo stesso motivo.

Chi possiede il potere di definizione (perception management), nel creare la storia della lotta mortale avevano cercato di mobilitare le simpatie "femministe" a sostegno della guerra. Ora avevano messo in luce - se solo ci fossimo messi a guardare - la maniera in cui la società patriarcale deve ridurre le donne per mantenere il controllo egemonico maschile su quell'istituzione chiave che è l'esercito.

Il padre di un soldato maschio, che avrebbe combattuto furiosamente prima di farsi uccidere, attaccò violentemente la Lynch quando firmò il contratto per il suo libro. Adesso era diventata una cacciatrice di soldi, una donna che sfruttava spietatamente la morte di coraggiosi soldati maschi per arricchirsi.

Rick Bragg - un uomo bianco - era stato licenziato dal New York Times per aver ampiamente plagiato i materiali di un giornalista indipendente, fingendo di scrivere sul posto mentre era palesemente altrove.

Bragg fece un contratto per un milione di dollari con la casa editrice Knopf per scrivere la biografia "autorizzata" della Lynch. Nasce il sospetto che abbia ingannato la Lynch, facendole firmare un contratto in cui cedeva il controllo sul prodotto finito. O forse no. Io non voglio idealizzare né la Lynch né nessun altro. Un milione di dollari sono parecchi soldi da rifiutare per una famiglia povera di Palestine, West Virginia. Un milione di dollari sono semplicemente tanti soldi.

Il libro, I Am a Soldier, Too: The Jessica Lynch Story ("Anch'io sono un soldato: la storia di Jessica Lynch") metteva insieme tutti i dettagli che Bragg era riuscito a racimolare, poi aggiunse un tocco per aumentare le vendite. Jessica Lynch, si sostiene, sarebbe stata violentata dai suoi custodi.

"Violentata"

Violentata. Questa affermazione non è sostenuta da alcuna prova. La bambola di Jessica Lynch (cioè l'insieme di vari interessi che adesso agivano come suo surrogato pubblico), secondo i media, avrebbe avuto un nuovo momento di amnesia riguardo al presunto stupro. I medici all'ospedale di Nasiriyah che l'hanno esaminata in gran dettaglio, arrivando a metterle un catetere, hanno detto (1) che non vi era alcuna traccia di violenza sessuale, (2) i suoi vestiti erano ancora abbottonati e le chiusure lampo sigillate quando arrivò all'ospedale e (3) le sue condizioni erano talmente gravi che una violenza sessuale l'avrebbe uccisa.

A parte vendere più libri, perché tirare in ballo lo stupro? La risposta ci porterà attraverso un terreno in cui genere e razza vanno a braccetto nel panorama della psiche americana.



nave da guerra


Una significativa immagine della nave da guerra Abraham Lincoln

Gli stupri esistono, ed esistono in guerra come in pace. Gli uomini stuprano le donne. La sessualità maschile è costruita socialmente, capita e accettata come aggressione. "L'hanno fottuto" è ancora una metafora per definire un'aggressione subita. Gli uomini ancora si vantano delle loro imprese sessuali, sostenendo di "aver fatto a pezzi quella figa". Non si tratta di aberrazioni, si tratta della norma. Fin qui nulla di nuovo.

La frequenza dello stupro viene aumentata dalla guerra, ma ciò è possibile perché la cultura patriarcale è una cultura di stupro. La mascolinità associata alla violenza che definisce il soggetto sessuale (maschile) come aggressivo e descrive il sesso come aggressione necessariamente definisce l'oggetto sessuale (femminile) come oggetto di aggressione (sessuale).

Le donne, la natura e le società dei popoli dalla pelle scura vengono "naturalizzate" nella cosmologia cartesiana imperiale come gli oggetti della soggettività maschile, gli oggetti della conquista (spesso definita la "penetrazione") e del controllo. Quando un imperium esige una guerra per poter continuare le sue attività di sfruttamento, l'esercito (mascolinizzato) in quanto istituzione assume un ruolo più centrale, trascinando con sé il resto della società perché militarizza ancora di più la mascolinità. Quando avvengono guerre settoriali, questa dialettica di militarismo e mascolinità si esaspera, e aumenta la frequenza degli stupri.

La fusione di violenza e sessualità, già presente sotto innumerevoli forme, si libera improvvisamente dagli obblighi legittimanti del vivere civile, e gli uomini colgono l'occasione per stuprare, per recitare il sesso come aggressione e l'aggressione come sesso, mettendo così in atto la propria mascolinità.

Lo stupro come propaganda

Ma lo stupro ha anche valore propagandistico e qui dobbiamo stare molto attenti. Proprio come dobbiamo affrontare il complesso problema di separare l'antisemitismo dall'antisionismo, dobbiamo separare la negazione della cultura dello stupro, che giustamente suscita lo sdegno e l'attivismo delle donne e dei loro alleati uomini, dall'identificazione di vere e proprie falsificazioni riguardanti lo stupro. Si tratta di una sfida estremamente importante, anzi decisiva, a mano a mano che il patriarcato imperialista diventa sempre più abile e sofisticato nel ritenere la propria egemonia ideologica.

Nel libro Maneuvers, Cynthia Enloe, commentando il disfacimento della Jugoslavia, dice:

"Lo stupro è stato adoperato come metodo per terrorizzare le popolazioni civili nei villaggi e per costringere gruppi etnici ad andarsene [secondo il rapporto "Indagine sugli stupri in Bosnia" dell'ONU, pubblicato nel 1993]. ... Le unità paramilitari serbe erano solite entrare in un villaggio. Stupravano diverse donne davanti alle altre in modo che la voce si diffondesse in tutto il villaggio e si generasse un clima di paura. ... Gli abitanti maschi che volevano restare decidevano quindi di andarsene assieme alle loro donne e ai loro figli per proteggerli dallo stupro. ... Spesso, gli uomini erano stati deportati oppure erano fuggiti. Le donne venivano frequentemente stuprate poi nelle loro case oppure portate altrove perché venissero stuprate ... (p. 140)."

Questo è un esempio di collaborazione non intenzionale con una forma di patriarcato, e con l'imperialismo, che avviene quando si cercano le "prove" per sostenere il proprio punto di vista su un'unica questione. In questo caso, abbiamo la caratterizzazione dell'esercito come una cosa in sé, destoricizzata, senza chiedersi di quale esercito e di quali circostanze stiamo parlando. Il fatto è che in alcuni eserciti lo stupro non è stato tollerato. Né si può accettare ogni resoconto di stupro in maniera acritica.

Un'attenta analisi della dissoluzione della Jugoslavia ci rivela molto presto che gran parte dei racconti sensazionali di stupri di massa e di "campi per stupri" (rape camps) non erano veri. Queste storie venivano usate quasi esclusivamente contro i combattenti serbi e venivano sfruttate per mobilitare lo sdegno femminista occidentale, ma anche - e ciò mi sembra ancora più significativo - lo sdegno paternalistico degli uomini in quanto padri/protettori delle donne.

Ci furono stupri in Jugoslavia, e furono commessi da tutte le parti. Ma questo non costituisce un "campo per stupri."

La demonizzazione dei serbi

Yoshie Furuhashie, una studiosa femminista con cui corrispondo occasionalmente da circa quattro anni, ha avuto l'ardire di scrivere su una mailing list femminista (che fu presto presa in mano da uomini) che queste storie erano dubbie. Un maschio sulla lista ha risposto con prontezza, "Che prove hai che i serbi non abbiano utilizzato lo stupro di massa come un'intenzionale politica di genocidio e terrore in Bosnia e in Kosovo?"

Si noti la struttura della sua argomentazione.

Innanzitutto, troviamo un'argomentazione basata sull'intimidazione. Non solo chiede a Yoshie di dimostrare l'inesistenza di qualcosa (dimostrami che Dio non esiste), ma lancia la sua sfida con uno sdegno arrogante che implica che ogni messa in discussione della veridicità dell'accusa riguardante i campi per lo stupro equivalga alla negazione dell'olocausto.

Yoshie ha risposto citando numerose fonti che dimostravano che si trattava di invenzioni demonizzanti, mirate al pubblico delle femministe occidentali, per mobilitare il loro sostegno a una guerra imperiale. Una guerra che aveva lo scopo di dividere ancora di più la Jugoslavia, sotto la maschera di una guerra contro i demoniaci serbi.

La demonizzazione operata contro i serbi con questa strategia differisce di poco dalla simile demonizzazione degli afroamericani e degli ebrei tedeschi, anch'essi sistematicamente ed efficacemente dipinti come predatori sessuali subumani. Adesso è arrivato il turno dei serbi.

Prima della Rendon ecco la Ruder Finn Inc.

Diane Johnstone, ex-direttrice europea di In These Times ("Seeing Yugoslavia Through a Dark Glass: Politics, Media, and the Ideology of Globalization", 1999) e Karen Talbot, di Covert Action Quarterly ("Backing Up Globalization with Military Might", 1999), entrambe giornaliste molto sospettose quando le avventure imperialiste coincidono così elegantemente con storie sconvolgenti di donne vittime pubblicate dalla stampa imperiale e dominata dai maschi, hanno analizzato le storie dei "campi di stupro", scoprendo che centinaia di queste sembravano provenire da un'unica fonte: la Ruder Finn, Inc., un'altra azienda di pubbliche relazioni, stile Rendon Group e Hill & Knowlton, che lavorava per il governo statunitense attraverso intermediari in Bosnia e Croazia.

La Ruder Finn convinse il mondo dell'esistenza dei campi serbi per lo stupro, una cosa smentita da Martin Lettmayer, un giornalista tedesco che passò mesi alla vana ricerca di qualche prova dell'esistenza di tali campi. Nick Mamatas ("The Public Relations Firms of Dictators", 2001) descrive un colpo di pubbliche relazioni portato a termine dalla Ruder Finn:

"Le fotografie possono ingannare il mondo, come dimostra un caso recente. Nel 1992, un'équipe della Independent Television News guidata dal giornalista Penny Marshall riprese un gruppo di uomini che guardavano fuori, da dietro una rete di filo spinato. Erano prigionieri bosniaci in un campo di concentramento serbo, spiegò l'ITN. L'immagine era profondamente ingannevole: i fotografi dell'ITN si trovavano in realtà all'interno del recinto, mentre gli uomini fotografati erano all'esterno e guardavano verso l'interno. LM, una rivista libertaria fondata da alcuni ex-marxisti dissidenti, fece notare la cosa, e fu immediatamente costretta a chiudere a causa dei costi in un processo, grazie alle severe leggi inglesi sulla diffamazione."

Il presidente della Ruder Finn, Jim Harff, non ha certo pensato di chiedere scusa. Anzi, si è vantato in interviste pubbliche, sostenendo che la sua azienda mirava al pubblico dei progressisti, delle femministe e degli ebrei, scommettendo sulla generale ignoranza della storia balcanica, allo scopo di ottenere un intervento euroamericano nei Balcani .

Catherine Sameh, in un articolo su Against the Current, "The Rebel Girl: The War, The Women, The West," ha risposto agli analoghi tentativi del governo Bush di fare appello alle femministe per ottenere sostegno nella guerra contro l'Afghanistan:

"Sia chiaro che io NON sostengo in alcun modo il regime talibano come difensore dell'Afghanistan contro il dominio necoloniale, né approverei il silenzio della sinistra su questa questione. Condanno con forza l'oppressione esercitata dai talibani contro le donne e contro tutti i cittadini afgani, e credo che un riflessivo movimento antiguerra e a sostegno della giustizia globale dovrebbe farlo.

"Ma mi oppongo a una discussione decontestualizzata ed esclusivamente occidentale sulle donne sotto i talibani oppure sulla condizione della donna in Medio Oriente (come se si trattasse di un'unica condizione). Da Oprah a "Frontline" alla fondazione Feminist Majority, la discussione verte su una visione sensazionalista e assolutamente fuori contesto delle società islamiche e dei musulmani, che rafforza contemporaneamente la tendenza da parte dei fondamentalisti islamici di presentare i propri regimi come l'unico vero Islam, e la raffigurazione da parte degli orientalisti delle società arabe e islamiche che azzittisce ancora di più le voci e l'attivismo delle donne."

Questa tattica si mostra vincente in molte situazioni, e il paradosso è che mentre si tratta di una tattica rivolta alle femministe, fa anche appello a un anacronistico protezionismo patriarcale che spesso definisce le donne come proprietà sentimentalizzata.

Jessica Lynch è stata di nuovo ridefinita dall'accusa del tutto priva di fondamento, lanciata da Bragg, di stupro. Lo stupro da parte di un nemico costituisce un'usurpazione dei privilegi maschili da parte di un subumano, e occorre vendicarlo per ricostituire lo status della vittima agli occhi del padre-marito. Lo stupro diventa un simbolo del nemico.

Lo spauracchio dello stupro nel conflitto razziale

Gli uomini devono "proteggere" le donne e, assai spesso, le "nostre" donne. Questa idea sta alla base dello stereotipo dello stupratore nero utilizzato per porre fine alla Reconstruction, il processo di ricostruzione interrazziale nel sud alla fine della Guerra di secessione, e per imporre le leggi e la mentalità "Jim Crow".

Andrea Dworkin scrive a proposito del linciaggio,

"il maschio nero, cacciato di notte nel sud per essere castrato e/o linciato, negli Stati Uniti razzisti diventa il portatore di un pericolo, il portatore dello stupro. L'utilizzo di un tipo di maschio razzialmente disprezzato come capro espiatorio, una figura simbolica che incarna la sessualità di tutti gli uomini, è una strategia frequentemente adoperata dai sostenitori della supremazia maschile. E quindi anche tra le donne, la notte è il tempo del sesso e della razza: lo sfruttamento razziale e lo sfruttamento sessuale sono fusi insieme, indivisibili. Notte e nero; sesso e razza, gli uomini neri vengono accusati per ciò che tutti gli uomini fanno..."

Democracy Betrayed: The Wilmington Race Riot of 1898 and its Legacy, a cura di David Cecelski (UNC Press, 1998) racconta il colpo di stato che ebbe luogo nella Carolina del Nord contro il governo di coalizione tra i repubblicani neri e i populisti bianchi e che fu l'ultimo chiodo nella bara della Reconstruction. Il libro spiega, con innumerevoli esempi, come il punto centrale della propaganda democratica bianca, per raccogliere e mobilitare milizie bianche contro il "governo nero", fosse lo spettro dello Stupratore Nero. Come dice la Dworkin, si tratta di una "strategia frequentemente adoperata dai sostenitori della supremazia maschile."

Il Mito delle Origini - che si basa fondamentalmente sulla supremazia bianca - si è affermato nelle menti dei populisti bianchi. Potendo scegliere tra neri della loro stessa classe e il ceto dominante bianco, hanno scelto il secondo. Questa è una lezione che non dobbiamo dimenticare a proposito di ogni forma di populismo americano.

Questa creazione di sdegno è essenziale per poter mandare i soldati in battaglia, nelle imprese imperiali. Mentre le guerra per difendere la propria casa o per difendere se stessi contro l'annientamento è chiara e priva di ambiguità per i combattenti, le guerre offensive richiedono in genere il carburante emotivo di una storia moraleggiante. Non è nemmeno necessario che la credibilità della storia sopravviva più di tanto nel tempo.

Quando mi trovavo ad Haiti, la mia squadra si lasciava andare a sentimenti di sdegno per i pestaggi a colpo di manganello dei civili compiuti dalle forze armate haitiane. A quei tempi, la missione era ancora definita come una missione in cui era possibile che si dovesse combattere. Una volta passata la probabilità di dover combattere, però, e cioè entro un mese, diversi miei sottoposti cominciarono a provare nostalgia dei manganellatori delle forze armate haitiane, e anzi avrebbero picchiato con gioia le rumorose folle di agitati corpi neri.

Donna nera, donna bianca, donna nativa americana

Questo ci riporta a Shoshana Johnson,. Nera, figlia di un immigrato panamense, una dei prigionieri presi durante l'imboscata alla 507esima. Non c'è mai stato alcun riferimento, nemmeno indiretto, alla possibilità che Shoshana Johnson fosse stata violentata, come succedeva con Jessica Lynch prima ancora che il CENTCOM fosse venuto a sapere di ciò che le era successo. Infatti, la questione dello stupro delle donne nere è estremamente pericolosa negli Stati Uniti perché tocca troppo da vicino la secolare tradizione americana di padroni bianchi che stuprano le loro schiave. Questo non fa parte del Mito delle Origini degli Stati Uniti, anzi.

Si parla molto, e a ragione, del trattamento impari che hanno avuto Jessica Lynch e Shoshana Johnson, ma pochi notano quello che unisce entrambe nella coscienza comune.

Sono entrambe donne. La questione della supremazia bianca è stata esclusa da entrambe le parti nella discussione sulla razza riguardante la Johnson e la Lynch, che si dice fossero simpatiche l'una all'altra. Almeno così sembra, a giudicare dallo sdegno di una parte e dall'atteggiamento difensivo dell'altra.

La questione della disuguaglianza razziale è scottante, e verrà discussa in altre sedi. Io sto con Shoshana Johnson nella sua richiesta di ricevere un uguale trattamento, e ritengo che siano responsabili, non Jessica Lynch, ma l'esercito e la supremazia bianca come sistemi.

Ma forse è più importante sottolineare qui quello che avevano in comune, includendo Lori Pitsewa: una donna dell'Appalachia, una donna afroamericana e una donna Hopi. Tutte nell'esercito e tutte doppiamente colonizzate e definite pluralmente dal patriarcato capitalista.

Lynch e Johnson dovranno apparire sulla copertina del numero di dicembre della rivista Glamour come "Donne dell'anno". Pensateci bene, se volete capire con quanta abilità venga mercificato ogni seme di sovversione! Questa è l'ultima trasformazione, l'ultimo racconto - due guerriere sorridenti, sale e pepe come nei film con amiconi di due razze che gli americani trovano così consolanti, sullo sfondo le bandiere americane e i nastri gialli, il nostro progresso sociale (militarizzato) ben in vista in ogni supermercato.

Quanto ci dicono queste molte narrazioni su di loro come individui, e quanto invece sul patriarcato capitalista negli Stati Uniti?


NOTE

[1] "Jim Crow" era una macchietta dell'Ottocento che derideva i neri; il termine si riferisce all'istituzionalizzazione della segregazione nel sud degli Stati Uniti dal 1890 circa.

[2] Un'organizzazione non governativa che si occupa in chiave progressista dei problemi del sud degli Stati Uniti.

[3] Goff in realtà dice leftist, "uomo di sinistra". Nel contesto americano questo termine ha una valenza molto più radicale che da noi.

[4] Il titolo originale in inglese del film Sesso e potere.



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