Susan George*, da
"Le Monde Diplomatique - il manifesto " del Settembre 1996
Se i
neoliberali (1) e il pensiero
unico (2) sembrano oggi padroni
del campo ideologico, non è sempre stato così. Nei primi anni dopo la seconda
guerra mondiale il neoliberalismo era ovunque meno che minoritario. Negli Stati
uniti i suoi padri fondatori non disponevano, all'inizio, di molte carte
vincenti, ma in compenso avevano assimilato un principio essenziale: le idee
hanno conseguenze. Nel 1948 Richard Weaver aveva scelto questa massima come
titolo di un libro che avrebbe conosciuto una lunga carriera e suscitato una
vasta eco oltre Atlantico (3).
Non a caso, il libro era stato pubblicato dalla University
Press di Chicago: è infatti l'università di questa città (4) che ha costituito il nocciolo
duro del neoliberalismo nascente. Di August Friedrich von Hayek, economista e
filosofo austriaco in esilio, quest'editrice aveva pubblicato nel 1944 un libro
molto influente, La via della schiavitù (5); e ha inoltre fatto conoscere,
accanto ai lavori di vari astri nascenti del movimento, le opere di un altro
giovane e brillante economista, un certo Milton Friedman (6). La scuola di Chicago,
costituita da economisti familiarmente chiamati Chicago Boys, è divenuta
celebre, e i suoi membri ne hanno portato l'influenza in tutto il mondo, e in
particolare nel Cile del generale Augusto Pinochet. La sua dottrina economica, oltre
che filosofica e sociale, è insegnata urbi et orbi. I libri di Milton Friedman
ad esempio Capitalismo e libertà sono divenuti successi editoriali (7).
Per il neoliberale la libertà individuale non risulta affatto
dalla democrazia politica o dai diritti garantiti dallo stato: libertà
significa, al contrario, essere liberi dall'ingerenza dello stato, che deve
limitarsi a stabilire una cornice per consentire il libero gioco del mercato.
E' indispensabile la proprietà privata di tutti i mezzi di produzione, e dunque
la privatizzazione di tutti quelli appartenenti allo stato. Il mercato
ripartisce nel migliore dei modi le risorse, gli investimenti e il lavoro,
mentre la beneficenza e il volontariato privati devono sostituire la quasi
totalità dei programmi pubblici destinati ai gruppi socialmente meno favoriti.
L'individuo ridiventa così interamente responsabile della
propria sorte. Per mettere in pratica un programma del genere che è l'esatto
contrario del New Deal o della dottrina dello stato sociale i neoliberali hanno
sempre saputo che bisognava incominciare dalla trasformazione del paesaggio
intellettuale.
Prima di avere conseguenza per la vita dei cittadini e della
società, occorre infatti che le idee vengano propagate. Bisogna permettere a
chi le produce, le pubblica, le insegna e le diffonde di farlo in condizioni
favorevoli. Per questo, fin dal 1945 il movimento neoliberale non ha mai cessato
di reclutare pensatori e finanziatori, e di dotarsi di importanti mezzi
finanziari e istituzionali. Il suo arsenale si compone in parte da
"think-tanks", i più influenti dei quali hanno sede negli Stati
uniti. Non è superfluo ricordare qui ancora una volta (8) le attività di alcuni di essi.
La Hoover Institution on War, Revolution and Peace è stata
fondata nel 1919 dal futuro presidente Herbert Hoover, e ha la sua sede nel
campus dell'università di Stanford. E' celebre per le sue raccolte di documenti
sulle rivoluzioni russa e cinese.
Alla sua vocazione iniziale di combattente nella guerra
fredda (in particolare attraverso il suo annuario International Communist
Affairs) ha affiancato, a partire dal 1960, un settore economico. Grazie al suo
budget annuo di circa 17 milioni di dollari, quest'istituzione ha finanziato,
accanto a molti altri, anche i lavori di Edward Teller (uno dei padri della
bomba atomica, generalmente considerato come l'ispiratore del personaggio del
dottor Stranamore) e quelli di economisti quali George Stigler e Milton
Friedman, che fanno la spola tra Stanford e Chicago.
Anche l'American Enterprise Institute (Aei) è un'istituzione
di vecchia data: è stata infatti fondata nel 1943 da alcuni uomini d'affari, in
contrapposizione a vari aspetti del New Deal. L'Aei, che ha la sua sede a
Washington, si distingue per il suo senso delle pubbliche relazioni
intellettuali e del marketing delle idee, e lavora a diretto contatto con i
membri del Congresso, la burocrazia federale e i media. Negli anni 80
l'Istituto aveva alle sue dipendenze circa 150 persone, delle quali una
cinquantina esclusivamente dedite alla ricerca, alla produzione di libri e di
rapporti e all'elaborazione di analisi e raccomandazioni politiche ed
economiche. Il suo budget annuo, che riflette il declino relativo della sua
influenza, era di 12,8 milioni di dollari nel 1993, un po' inferiore a quello
raggiunto dieci anni prima. La Heritage Foundation è la più nota, in quanto più
strettamente associata alla presidenza di Ronald Reagan. In attività dal 1973,
dispone di un budget annuo che si aggira sui 25 milioni di dollari e produce
annualmente circa 200 documenti. Particolarmente attiva presso i media, è la più
citata tra tutte le istituzioni, e pubblica tra l'altro un annuario degli
esperti in materia di politica pubblica (public policy), contenente i nomi di
1500 ricercatori ed esperti neoliberali, repertoriati sotto settanta voci. Una
vera pacchia per i giornalisti frettolosi, che possono ricorrere al loro avallo
"scientifico" citandone le enunciazioni a sostegno dei loro articoli.
Vanno menzionati inoltre due centri intellettuali: il Cato Institute, in piena
ascesa, sostenitore del "governo minimalista" e specializzato in studi
sulla privatizzazione, e il Manhattan Institute for Policy Research, fondato
nel 1978 da William Casey, futuro direttore della Cia, che ha esercitato una
grande influenza con le sue critiche ai programmi governativi di
redistribuzione dei redditi. Questi due "think-tanks" raccomandano
invariabilmente il mercato come soluzione di tutti i problemi sociali. Tra i
"think tanks" e il governo esiste un sistema di vasi comunicanti che
ha permesso agli ex combattenti della presidenza Nixon di trovare rifugio durante
l'interregno di James Carter; e lo stesso avviene per quelli del periodo
Reagan-Bush sotto l'attuale presidenza Clinton. Fuori dagli Stati uniti, la
rete delle istituzioni intellettuali neoliberali è meno fitta. Nel Regno unito,
i "commandos di Mrs.
Thatcher", come volentieri si definiscono, hanno
tuttavia segnato importanti punti a proprio vantaggio nella lotta ideologica.
Vanno menzionati il Centre for Policy Studies, l'Institute of Economic Affairs,
l'elenco delle cui pubblicazioni si legge come un Whos Who degli economisti
conservatori, e soprattutto l'Adam Smith Institute di Londra che, a detta di
Brandon Martin, esperto in materia, (9)
"ha fatto più di qualsiasi altro gruppo di pressione in seno alla nuova
destra per promuovere nel mondo intero la dottrina della privatizzazione".
La palma dell'anzianità e dell'influenza a lungo termine
spetta però alla Société du Mont Pèlerin. Nell'aprile 1947, una quarantina di
personalità americane ed europee si sono incontrate, su invito del professor
Friedrich von Hayek, per un colloquio di dieci giorni nel villaggio svizzero di
Mont Pèlerin, nei pressi di Montreux. Dopo aver sottolineato la gravità del
momento "i valori fondamentali della civiltà sono in pericolo" , il
gruppo dichiarò che la libertà era minacciata dal "declino delle idee
favorevoli alla proprietà privata e al mercato concorrenziale; infatti, senza
la diffusione del potere e dell'iniziativa che queste istituzioni consentono, è
difficile immaginare una società in cui la libertà possa essere effettivamente
preservata (10)". Tra il
1947 e il 1994, la Società di Mont Pèlerin ha svolto 26 colloqui, tutti della
durata di una settimana, in città sempre diverse. Nel 1994 è stata la volta di
Cannes. Nel settembre prossimo i suoi membri, il cui numero è passato da 40 a
oltre 450, torneranno alle origini austriache di Hayek riunendosi a Vienna. La
società vanta volentieri i sei premi Nobel per l'economia usciti dai suoi
ranghi, ma è più reticente per quanto riguarda l'elenco dei suoi membri, tutti
aderenti a titolo personale: preferisce evitare "la pubblicità e la
mediatizzazione". (11) Da
molti anni, centinaia di milioni di dollari vengono spesi per la produzione e
la diffusione dell'ideologia neoliberale. Da dove viene questo denaro? Nella
fase iniziale, negli anni tra il 1940 e il 1950, il William Volker Fund ha
giocato un ruolo centrale. Al suo intervento si deve il salvataggio di riviste
traballanti, il finanziamento di numerosi libri pubblicati a Chicago, il
pagamento delle cambiali scoperte dell'influente Foundation for Economic
Education, o l'organizzazione di colloqui in varie università americane. Sempre
il Volker Fund ha finanziato la partecipazione degli esponenti americani alla
prima riunione della Società di Mont Pèlerin.
Già negli anni 60 i neoliberali non erano più del tutto
marginali. Numerose fondazioni di grandi famiglie americane hanno iniziato
allora a sostenerli, e non hanno mai cessato di finanziare le loro istituzioni.
La Fondazione Ford, vero e proprio "elefante" della munificenza,
aveva dischiuso le porte di molte altre fonti di centro-destra e di centro
concedendo 300.
000 dollari di sovvenzioni all'American Enterprise Institute.
La Fondazione Bradley (28 milioni di dollari erogati nel 1994) finanzia tra
l'altro la Heritage Foundation, l'American Enterprise Institute e varie riviste
e pubblicazioni (12). Così, tra
il 1990 e il 1993, quattro riviste neoliberali tra le più importanti (The
National Interest, The Public Interest, New Criterion, American Spectator)
hanno ricevuto da varie fonti 27 milioni di dollari. A titolo comparativo, le
sole quattro riviste progressiste americane di diffusione nazionale (The
Nation, The Progressive, In These Times, Mother Jones) hanno beneficiato
collettivamente, durante lo stesso periodo, di un totale di contributi
volontari di soli 269.000 dollari (13).
Alcune fondazioni che poggiano su grandi e antichi patrimoni
industriali americani, quali la Coors (birra), la Scaife e la Mellon (acciaio)
e soprattutto la Olin (prodotti chimici) finanziano anche alcune cattedre
presso le più prestigiose università statunitensi. Si tratta di
"rafforzare le istituzioni economiche, politiche e culturali sulle quali
si basa l'impresa privata", secondo l'opuscolo della Fondazione Olin, che
già nel 1988 aveva stanziato per questo obiettivo 55 milioni di dollari. E'
ovvio che con importi simili il generoso donatore ha il diritto di nominare i
professori che occuperanno le cattedre, e di dirigere i centri studi (14). Esistono ormai cattedre Olin
di diritto e di economia presso le università di Harvard, Yale, Stanford e in
numerose altre, tra cui ovviamente quella di Chicago (15). Lo storico francese François
Furet, che ha ricevuto 470.000 dollari in quanto direttore del programma John
M. Olin di storia della cultura politica all'università di Chicago, è uno degli
illustri beneficiari di queste liberalità.
Il denaro permette così di organizzare la notorietà e il
"campo" nel quale si svolgeranno i dibattiti, costruiti di sana
pianta.
Nel 1988 Allan Bloom, direttore del centro Olin per lo studio
della teoria e della prassi della democrazia all'università di Chicago (che
percepisce annualmente dalla Fondazione Olin 36 milioni di dollari) invita un
oscuro funzionario del dipartimento di stato a pronunciare una conferenza.
L'oratore si esibisce proclamando la vittoria totale dell'Occidente e dei
valori neoliberali come risultato della guerra fredda. La sua conferenza è immediatamente
ripresa sotto forma di articolo da The National Interest (rivista che riceve un
milione di dollari di sovvenzioni Olin) il cui direttore è un notissimo
neoliberale, Irving Kristol, finanziato all'epoca a un livello di 326.000
dollari dalla Fondazione Olin in quanto professore alla Business School della
New York University. Irving Kristol invita Bloom, insieme a un altro rinomato
intellettuale di destra, Samuel Huntington (direttore dell'Istituto Olin di
studi strategici a Harvard, creato grazie a un finanziamento Olin di 14 milioni
di dollari) a "commentare" quest'articolo sullo stesso numero della
rivista. A sua volta, Kristol interviene con un suo "commento".
Il "dibattito", così lanciato da quattro
beneficiari di fondi Olin, a proposito di una conferenza Olin su una rivista
Olin, è riprodotto subito dopo sulle pagine del New York Times, del Washington
Post e del Time. Oggi, tutti hanno sentito parlare di Francis Fukuyama e della
Fine della storia, divenuto un bestseller in varie lingue! Il cerchio
ideologico si chiude quando si arriva a occupare le pagine dedicate ai
dibattiti sui grandi quotidiani, la radiodiffusione e gli schermi. Questo
trionfo è stato ottenuto praticamente senza colpo ferire. Se non si crede che
le idee abbiano conseguenze, si finisce per subirle.
note:
* Direttore associato, Transnational Institute, Amsterdam;
autrice, tra l'altro (con Fabrizio Sabelli) di Crediti senza frontiere, Ediz.
Gruppo Abele, 1994.
(1) La terminologia
può prestarsi a confusione. Negli Stati uniti i neoliberal si definiscono
neoconservatori (o neocon), dato che qui essere liberal vuol dire essere
piuttosto di sinistra, e comunque votare per i democratici.
(2) Il
"pensiero unico" è stato identificato, definito e denunciato per la
prima volta da Ignacio Ramonet nel suo editoriale de le Monde diplomatique del
gennaio 1995.
(3) Richard Weaver, Ideas Have
Consequences, University of Chicago Press, Chicago, 1948.
(4) Leggere Serge Halimi,
"L'universita di Chicago, un angolo di paradiso ben difeso", le Monde
diplomatique/il manifesto, aprile 1994.
(5) August
Friedrich von Hayek, La via della schiavitù, Rusconi, 1995.
(6) Ad esempio, Russell Kirk
(The Conservative Mind, 1953), Leo Strauss, (Natural Right and History, 1953).
(7) Milton Friedman, Capitalismo e
libertà. Studio Tesi, 1995.
Il testo originale, Capitalism and Freedom, era stato
pubblicato nel 1962.
(8) Leggere
l'inchiesta di Serge Halimi, "Dove nascono le idee della destra
americana", le Monde diplomatique/il manifesto, marzo 1995. Sullo
stesso tema, James Allen Smith, The Idea Brokers: Think-Tanks and the Rise of
the New Policy Elites, The Free Press, New York, 1991; e George H. Nash, The
Conservative Intellectual Movement since 1945, Basic Books, New York 1976.
(9) Brandan Martin, In the
Public Interest?, Zed Books, Londra, 1993, p. 49.
(10) Statement of Aims, Mont Pèlerin
Society, adottato l'8 aprile 1947, citato da George Nash, op. cit., p. 26.
(11) Queste
indicazioni sulle attività intellettuali della Société du Mont Pèlerin ci sono
state cortesemente fornite dal suo attuale presidente, Pascal Salin, docente
all'università Paris-Dauphine e consulente molto vicino a Alain Madelin.
(12) Leggere Beth Schulman,
"Foundations for a Movement: How the Right Wing Subsidises its
Press", Extra!, Fairness and Accuracy in Reporting (FAIR) New York,
marzo-aprile 1995.
(13) Leggere David Callahan,
"Liberal Policy's Weak Foundations", The Nation, 13 novembre 1995.
(14) Jon Weiner, "Dollars
for Neocon Scholars", The Nation, 1 gennaio 1990.
(15) Jon Weiner, ibid.
(Traduzione
di P.M.)
questo articolo è tratto da un elenco di documenti presenti sul sito di Fisica/Mente. Non rispecchia quindi necessariamente l'opinione del curatore del sito Kelebek. Fare clic qui per la pagina principale di questa parte del sito, dedicata ai neoconservatori.
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