6. La scuola del pensiero unico, del monoteismo di mercato e del modello
dell'impresa.
Dopo aver fatto questo richiamo storico-filosofico, possiamo finalmente
arrivare al 1999 ed alla riforma Berlinguer muniti di alcune ipotesi
interpretative di lungo periodo, e non solo schiacciate sui pettegolezzi
politici dell'attualità. È necessario tuttavia disfarsi ancora di due
pregiudizi tipici della cosiddetta cultura di sinistra politicamente corretta
(l'unica che ha accesso ai media rivolti a persone di una certa kual kultura),
che definiremo la sindrome Dario Fo e la sindrome Nanni Moretti.
La sindrome
Dario Fo consiste in ciò, che i vertici direzionali e decisori del capitalismo
vengono individuati in pescecani e paperoni alla Silvio Berlusconi, dotati di
dieci ville ai Caraibi, forchette d'oro, bevande di sangue umano proletario e
lavandini d'argento, per cui si pensa poi di essere contro il capitalismo se si
rifiuta il modello estetico di Berlusca.
La sindrome Nanni Moretti consiste in
ciò, che si continua a gridare "sinistra, sinistra!", a chiedere alla
sinistra di essere veramente di sinistra, a stupirsi se la sinistra non fa cose
di sinistra ma per caso fa cose di destra, a invocare la Vera Sinistra che non
si vede mai, ed infine a pensare che la comprensione del mondo sia direttamente
proporzionale al numero di volte in cui la parola sinistra è ossessivamente
evocata.
Ma le sindromi Dario Fo e Nanni Moretti sono solo il vischioso residuo
inerziale della situazione della Prima Repubblica Italiana (1946-1991), in cui i
poteri economico-politico e culturali erano ancora divisi, ed il potere
culturale stava all'opposizione.
Ma oggi, negli anni Novanta, non è più così.
Oggi i tre poteri economico, politico e culturale sono finalmente uniti, e per
questo sono molto più forti che in precedenza (ad esempio, possono affossare il
liceo europeo). Il cinico avvocato Agnelli di Torino lo ha del resto detto con
grande chiarezza, dichiarando che solo la sinistra può oggi fare cose che la
destra non riuscirebbe mai a fare, e solo confusionari cronici e recidivi come
Dario Fo e Nanni Moretti possono non avere ancora capito una cosa che è alla
portata persino del popolo del Gratta e Vinci e del Superenalotto.
La forma sociale ed economica dell'azienda e dell'impresa, cellula del moderno
capitalismo globalizzato, può essere infine portata in ambiti sociali in cui
fino ad oggi non aveva ancora potuto essere portata, ad esempio nel glorioso
liceo europeo protoborghese. Abbiamo detto che la cellula della produzione
capitalistica è l'azienda-impresa, non certo la fabbrica, come per decenni
hanno sostenuto in Italia gli operaisti confusionari, con il bel risultato di
non capirci nulla di quanto stava accadendo. Ed infatti non si tratta certo di
portare la forma-fabbrica nella scuola, quanto di portarci la forma
dell'azienda-impresa. Il personale politico post-comunista, nichilista e
ricattabile, è particolarmente adatto per questo passaggio storico.
Tutto ciò è visibile ad occhio nudo in mille particolari, ma è forse
l'esempio del nuovo preside-manager il più rivelatore e significativo. Per
quasi due secoli la figura del preside del liceo europeo è sempre oscillata fra
tipi umani assolutamente non-imprenditoriali, dal notabile di provincia di rango
simile a quello del farmacista o del medico condotto al vecchio umanista
paterno, dalla figura grottesca del caporale alla Totò che voleva esercitare la
sua autorità non solo su indifesi adolescenti ma anche su riluttanti colleghi
coetanei fino al profilo microprefettizio di burocrati vocazionali.
Ma oggi
questa figura non-imprenditoriale e microprefettizia deve essere assolutamente
sostituita, perché la scuola-impresa-azienda non saprebbe più che farsene.
Oggi è necessario produrre in modo professionale una figura di manager del
territorio, che si disputi con altri manager di questo tipo gli
studenti-clienti, attirandoli con offerte speciali, e nello stesso tempo
ricerchi con successo i finanziamenti e le sponsorizzazioni private presenti nel
territorio circostante.
Al modello moderno del tempo dell'educazione succede il
modello post-moderno dello spazio del territorio-risorsa da valorizzare (cfr.
gli studi di David Harvey, ma anche più provincialmente C. Preve, Il tempo
della ricerca, Milano 1993, p.171).
Il bando di gara per la formazione
manageriale dei presidi italiani del 6/10/1998 è stato concluso in tempi
manageriali, non nei tempi borbonici cui la burocrazia scolastica era
precedentemente abituata.
I privati, Confindustria in testa, hanno fatto la
parte del leone. Il preside Giorgio Rembado, presidente dell'associazione
nazionale presidi, è entusiasta di questa nuova via manageriale, anche perché
vi vede correttamente la possibilità per la sua categoria di accedere all'area
della dirigenza. E questo non deve stupire, se ci si ricorda dell'immagine
sociale di tipo gerarchico-livellatore precedentemente coltivata per mezzo
secolo dal ceto politico restato sostanzialmente stabile nelle sue tre fasi
metamorfiche successive veterocomunista, neocomunista e postcomunista.
La scuola del pensiero unico ultracapitalistico può finalmente assumere la
forma dell'azienda-impresa. Certo, mille attività ausiliarie erano già da
tempo svolte nella forma dell'azienda-impresa, dall'adozione dei libri di testo
propagandati dalle case editrici all'acquisto di attrezzature e computer, dai
viaggi scolastici d'istituto agli appalti per le imprese di pulizia, eccetera.
Ma il nucleo portante del liceo europeo sfuggiva ancora, nel suo modello
riproduttivo, al modello dell'azienda-impresa (così come, per altri aspetti, il
modello della riproduzione biologica umana, oggi sempre più affidato allo
scambio libero fra clienti aspiranti ed industria biotecnologica). È giunto il
momento per i sicari-maggiordomi, e per i loro padroni oligarchi finanziari, di
ovviare a questa spiacevole arretratezza.