L’ultima transizione:

La tragicomica storia romanzata dei rapporti di Fausto Bertinotti con il comunismo ed i veri problemi che ci stanno dietro

II parte

 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve su Fausto Bertinotti e la "non violenza" è stato diviso in sette parti, più un'introduzione.

All'introduzione su Fausto Bertinotti e la non violenza

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2. Fausto Bertinotti, il Dilettante Culturale

Non sono un seguace della teoria meccanicistica di Plechanov, per cui la singola personalità non conta niente nella storia, ed i grandi processi sociali sono integralmente anonimi, ed i personaggi non sono che marionette. Balle ed ancora balle.

Nel grande e nel piccolo non è così. Se guardiamo il grande, vediamo che con Andropov e senza Gorbaciov magari l’Urss non si sarebbe sciolta come un gelato, ma si sarebbe forse riconvertita in una specie di Cina di Teng Hsiao Ping che usa caratteri cirillici anziché ideogrammi. Hitler era fissato con l’antisemitismo e con l’odio verso gli ebrei, ed un nazismo senza Hitler sarebbe stato probabilmente diverso. Mussolini era un dilettante tentato dall’azzardo, e sarebbe pienamente ipotizzabile un capo fascista diverso che nel 1940, facendo alcuni rapidi conti sul tonnellaggio italiano ed inglese, avesse tenuto l’Italia fuori dalla guerra (come d’altronde fecero Franco e Salazar). E potremmo continuare gli esempi tratti dai “grandi” della storia.


valeria marini fausto bertinotti patroni griffi Fausto e Lella Bertinotti con Valeria Marini e Patroni Griffi -
dal sito Dagospia


Questo vale anche per i piccoli della storia, come Bertinotti. La sua personalità culturale ed il suo profilo caratteriale sono dunque un fatto pubblico, non privato. Intendiamoci, non ho nulla di personale con Fausto Bertinotti. In tutta la mia vita l’ho visto una sola ed unica volta, nel luglio 1995, in una cena a casa dell’eurodeputato Luigi Vinci, ed è stato un convitato gentilissimo.

Non credo neppure di avere disturbi caratteriali minori dei suoi, ma i miei disturbi caratteriali riguardano venti persone al massimo fra parenti ed amici, perché io non sono un uomo pubblico, e non mi sono assunto il compito storico di guidare una “rifondazione comunista” in un momento storico in cui neppure Lenin e Gramsci riuscirebbero a farlo, perché le cose oggi sono molto più difficili di quanto lo fossero quando Lenin e Gramsci vissero. A quei tempi, infatti, si poteva legittimamente pensare che il capitalismo non fosse più capace di sviluppare le forze produttive, che la borghesia stesse trasformandosi in una classe parassitaria di redditieri pigri ed incapaci, che la classe operaia fosse il soggetto rivoluzionario della transizione al comunismo e che infine si sarebbe trovato il modo di impedire la formazione di una inedita classe sfruttatrice, sorta proprio sul terreno delle classi subalterne, che avrebbe poi guidato la restaurazione capitalistica dopo tre generazioni.

Ci vorrebbe dunque oggi qualcuno bravo almeno come Lenin e Gramsci. Ma questo qualcuno deve essere un laureato in medicina, non un signore che ha seguito un corso veloce di pronto soccorso. Ci vuole qualcuno che sappia distinguere fra strategia e tattica, e non qualcuno che crede che la strategia consista nelle manovre tattiche di galleggiamento mediatico ed elettorale.

Questo qualcuno non può essere Bertinotti. Come ho detto, niente di personale. Bertinotti mostra ad occhio nudo le tipiche nevrosi di insicurezza degli autodidatti e dei dilettanti poco secolarizzati, con conseguente scarsa capacità sia di autocritica (inesistente in Bertinotti, persino nel caso di errori marchiani e palesi) sia di ascolto collegiale reale. Bertinotti mostra di credere che la cultura politica consista nel piluccare un po’ di Ingrao e un po’ di Rossanda, un po’ di Marco Revelli e un po’ di Bellofiore, eccetera, allontanando via via dal cerchio dei suoi favoriti tutti coloro che lo contraddicono.

Questo tipo umano è il tipo umano del Dilettante Culturale (DC). In un momento in cui ci vorrebbero dei tipi umani alla Lenin e alla Gramsci abbiamo questo personaggio mediatico che scopre la non-violenza come risorsa elettorale, al di là del fatto poi che ne sia soggettivamente convinto, cosa che posso anche credere per benevolenza. La cosa più tragica, infatti, è che il problema che ha di fronte Bertinotti è pienamente legittimo e reale, e cioè che il comunismo, ammesso che sia possibile rilanciarlo e sia opportuno farlo (cosa su cui personalmente consento, come dirò più avanti), non può più essere rilanciato sulle sue vecchie basi. In questo senso, e solo in questo senso, e voglio dirlo molto chiaramente, Bertinotti non è affatto peggiore sia del gruppo Grassi-Sorini sia del gruppo Ferrando-Grisolia, che non sono in alcun modo un’alternativa preferibile. Il gruppo Grassi-Sorini ha in testa Stalin o al massimo Togliatti, e non ne fa mistero. Si tratta di cossuttiani esterni, ideologicamente indistinguibili dai cossuttiani interni. Il gruppo Ferrando-Grisolia vuole riformare per l’ennesima volta (forse la quindicesima, per cui sarà la Quindicesima Internazionale) una mitica direzione unificata della rivoluzione mondiale. Chi pensa di opporsi a Bertinotti agitandogli contro Stalin e/o Trotsky (perché di questo si tratta, con tutti gli ovvi aggiornamenti più di facciata che di sostanza) mi sembra un bambino che vuole svuotare il mare con un secchiello.

E’ ovvio che certe volte il gruppo Sorini-Grassi e Ferrando-Grisolia sono meno dilettanteschi ed irritanti di Bertinotti. Ad esempio questo avviene per la difesa delle sacrosante teorie dell’imperialismo e dell’indipendenza nazionale, mentre il circo dei dilettanti bertinottiani sostiene in realtà una versione moderata e politicamente spendibile delle teorie di Negri e di Hardt sulle moltitudini denazionalizzate in lotta contro un mondo già globalizzato, il cui unico male starebbe nell’intreccio metafisico terrorismo/guerra. Per anni ho scritto su riviste parasoriniane e paragrassiane che difendevano correttamente la teoria leniniana dell’imperialismo, e non me ne vergogno certamente, ma deve essere ben chiaro che dal simil-stalinismo e dal simil-trotzkismo non può venir fuori nulla al di fuori di campagne di solidarietà contingenti (Cuba, ecc.). Dirò addirittura di più: il bertinottismo, sia pure dilettantesco e penoso, è un interessante oggetto di polemica con cui vale la pena di confrontarsi, mentre il simil-stalinismo ed il simil-trotzkismo sono solo reperti archeologici di un periodo ormai sostanzialmente trascorso.

Questo non cambia nulla delle responsabilità di questo Dilettante Culturale (DC). Costui si rivolge ai tempi nuovi con in testa una sorta di minestrone-PSIUP, un misto di sindacalismo sociologico e di illusioni parakeynesiane, un pizzico di “Manifesto” e di foto promozionali con Massimo D’Alema, il bombardatore del Kosovo, l’uomo con cui un vecchio socialista avrebbe al massimo scambiato un cenno di saluto senza parlare.

In sintesi: i dilettanti culturali (DC) sono pericolosi, e mi ricordano gli artificieri incompetenti. Giocano con il fuoco, e non solo si bruciano, ma fanno anche bruciare gli altri.


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