Nel novembre del 2000 - quasi un anno prima dell'attacco al Centro Mondiale del Commercio e al Pentagono - i vescovi dell'Emilia Romagna, guidati dal Cardinale Biffi, hanno approvato un documento di quaranta pagine che rimarrà nella storia. Il documento, scritto materialmente da un certo Don Davide Righi, fa seguito ad altri testi in cui il Cardinale Biffi ha invitato lo Stato italiano, laico fino a prova contraria, a discriminare gli immigrati in base alla loro fede religiosa. È arrivato addirittura a proporre il principio di "reciprocità" in base a cui lo Stato italiano deve permettere a un battista statunitense di aprire una propria chiesa, ma vietare a un musulmano italiano o del Marocco di pregare perché il governo dell'Arabia Saudita non permette sul proprio suolo l'erezione di chiese cattoliche. Il gravissimo documento dei vescovi emilioromagnoli rievoca con entusiasmo vari tragici bagni di sangue, tra cui, immancabile, la battaglia di Poitiers nel 732. Un'epoca talmente lontana, ricordiamo, che i Vichinghi - all'epoca pagani e poligami - non si erano ancora messi in moto. Ma per forza che si deve risalire a tale data: infatti la realtà è che gli scontri importanti tra musulmani e cristiani sono stati pochi nella storia rispetto agli scontri intercristiani o interislamici. Il documento passa poi a sostenere che:
Potete leggere la presentazione del documento dei vescovi, come lo abbiamo prelevato da un sito di sedicenti "nazionalcristiani". Comunque, su questa stessa pagina presentiamo un ottimo commento di Gigi Padovani, tratto da La Stampa. Fonte: articolo di Gigi
Padovani, La Stampa 16 dicembre 2000.
Cardinale Biffi e sosia in una curiosa immagine. Non dimenticate le lezioni della storia», dicono i vescovi dell'Emilia-Romagna ai loro fedeli, quando dovete confrontarvi con gli immigrati musulmani. E perché nessuno possa sbagliarsi, ricordano le tappe più significative della cristianità che si è difesa con le armi dall'assedio islamico: «la battaglia di Poitiers del 732», quella di Lepanto nel 1571, l'assedio di Vienna nel 1683, fino ai più recenti massacri di Timor Est. L'incontro con l'Islam è stato anche «a livello politico-militare», spiegano i presuli: dunque un approccio soltanto culturale verso la religione di Maometto sarebbe sbagliato, anche perché il cristianesimo è talmente superiore da essere «semplicemente imparagonabile». Con un documento della Conferenza episcopale dell'Emilia-Romana, che da oggi sarà diffuso tra sacerdoti, diaconi e credenti, anche le gerarchie ecclesiastiche prendono così posizione a fianco del cardinale di Bologna, l'arcivescovo Giacomo Biffi. Prima con la nota pastorale diffusa il 13 settembre scorso, quindi due settimane dopo intervenendo ad un convegno della Caritas, il cardinale Biffi si era schierato in modo molto netto sui temi dell'immigrazione, creando non poche polemiche. Non soltanto con la richiesta allo Stato di favorire i cattolici nell'accogliere gli stranieri, ma anche con un giudizio etico: «Gli islamici vengono da noi risoluti a restare estranei alla nostra umanità», aveva detto. Ora il documento su «Islam e Cristianesimo», scritto da don Davide Righi con la diretta supervisione di Biffi, fa apparire superate le interpretazioni di chi aveva visto una Chiesa divisa, nell'atteggiamento verso i musulmani, tra fautori del dialogo (in particolare il cardinale Martini di Milano e il patriarca di Venezia, Cè) e «picconatori» intransigenti (oltre a Biffi, il vescovo di Como, Maggiolini, e Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede). Infatti è chiaro che anche la Curia romana è allineata sulle posizioni più chiuse, mentre oltre Tevere sia il segretario di Stato, Angelo Sodano, sia il presidente della Cei, Camillo Ruini, non hanno affatto preso le distanze dal cardinale Biffi. Sempre più isolate sembrano le posizioni di tre vescovi disposti a dialogare: Riccardo Fontana di Spoleto, Vincenzo Paglia a Terni e Francesco Cacucci di Bari. Il decalogo sui doveri del perfetto cristiano preparato a Bologna si apre con un appello agli immigrati a «conoscere le convenzioni, gli usi, la mentalità della popolazione nella quale chiedono di inserirsi». Altrimenti, li si potrebbe accusare di «insensibilità» e «arroganza» verso «il Paese ospitante», che «da più parti sono state rimproverate ad un certo tipo di colonialismo del passato». Dopo aver ricordato che «il cristiano non è affatto tentato
dall'Islam» - e questo non perché «il Cristianesimo sia una religione
migliore dell'Islamismo: è semplicemente imparagonabile» -, i vescovi
ricordano che «non ci si deve limitare a un approccio puramente
culturale dell'Islam». Il documento si propone di rispondere punto per
punto, mettendo tutti in guardia rispetto ai comportamenti degli
stranieri fedeli a Maometto: «La loro durezza nell'esigere che ci si
adegui alle loro norme di vita, la loro sostanziale intolleranza
religiosa quale è ampiamente documentabile per molti Paesi, le loro
intenzioni di conquista, delle quali non fanno alcun mistero».
Vengono poi ricordate tutte le più evidenti incompatibilità tra le due
fedi: dalla rivelazione, al concetto di «dogma» e di «persona», fino
alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (accettata
totalmente soltanto dalla Chiesa cattolica). Sotto accusa è invece il
«principio della non scindibilità di religione e Stato», mentre il
Concilio Vaticano II ha riconosciuto che «la missione propria che
Cristo ha affidato alla sua Chiesa non è di ordine politico, economico
e sociale».
Nella parte finale del documento, gli attacchi più forti. Prima i vescovi si chiedono «se l'Islam, soprattutto attraverso l'immigrazione e una natalità superiore alla media, non stia invadendo a poco a poco l'Europa per trasformarla in "terra d'Islam"». Poi stigmatizzano le comunità ecclesiali che abbiano concesso loro «luoghi per la preghiera musulmana», perché in realtà «ci stiamo trovando di fronte a gruppi sociali che non hanno nessuna intenzione di "integrarsi" nel sistema sociale italiano in quanto non ne condividono la "cultura"». Di qui, l'allarme verso i matrimoni misti, dai quali bisogna dissuadere i cattolici. Che fare dunque, in una «Europa sedicente cristiana ma in realtà
secolarizzata» e in un'Italia dove l'istruzione «à stata gestita in
gran parte da forze anti-clericali che hanno potuto pianificare la
loro istruzione anti-cattolica»? Il documento teologico si conclude
con il brano del Vangelo in cui Gesù incontra la samaritana. Il
messaggio à esplicito: non conta l'appartenenza, purché alla fine vi
sia la conversione.
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