L'esistenzialismo e Jean-Paul Sartre


I parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve, apparso per la prima volta sulla rivista Praxis è stato diviso in cinque parti.

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1. Iniziata a partire dagli ormai lontani anni Venti e Trenta del Novecento, la dialettica dei rapporti fra esistenzialismo e marxismo, che ha ormai circa ottant'anni di vita, è giunta ad un punto di paradossale rovesciamento dei suoi presupposti essenziali. Nella sua variante francese, rappresentata soprattutto da Jean-Paul Sartre, ha prima prodotto la figura del moderno intellettuale impegnato, del compagno di strada critico del movimento comunista e del pensatore anticapitalista indipendente, e si è poi dissolta vergognosamente (senza peraltro alcuna responsabilità personale di Sartre) nell'ideologia interventista dei diritti umani dell'ultimo sciagurato decennio. Nella sua variante tedesca, rappresentata soprattutto da Martin Heidegger, la coraggiosa analitica esistenziale è infine sfociata in una critica globale del pensiero occidentale ed in una nozione di Tecnica che ha rappresentato la base di una distruzione sia della nota distinzione fra Sinistra e Destra (in nome dei parametri polarmente opposti del Progresso e della Conservazione), sia dell'idea di padroneggiamento rivoluzionario della storia negata sia dal post-moderno sia dal moderno nichilismo.

L'esame dei rapporti fra il marxismo e queste due dinamiche sorte sul terreno dell'esistenzialismo è estremamente utile per indagare il più ampio problema del rapporto tra conoscenza filosofica e pratica ideologica, due dimensioni che occorre sempre tenere rigorosamente distinte.

2. Prima di entrare nel merito di questa ricostruzione, voglio ricordare che questo è il mio settimo contributo consecutivo per la rivista Praxis, e che tutti questi contributi fanno parte di un solo ed unico discorso organico e coerente, teso a dare un'immagine del rapporto fra conoscenza filosofica e pratica ideologica alternativo a quello della stragrande maggioranza delle correnti della tradizione marxista, sia ortodossa che eterodossa. Si tratta di una prima intervista filosofica complessiva (cfr. Praxis n. 18), di un intervento su Lucio Colletti (cfr. Praxis n. 19), di un breve saggio su etica, marxismo e scienza (cfr. Praxis n. 20), di un intervento su Louis Althusser (cfr. Praxis n. 21), di un intervento su György Lukács (cfr. Praxis n. 22) ed infine di un intervento su Ludovico Geymonat (cfr. Praxis n. 23). Ricordo questo non solo contro la sciagurata strategia dell'oblio e dell'irrilevanza, che la tradizione marxista troppo spesso dedica ai contributi filosofici e teorici, ma anche contro l'idea fuorviante che un pezzo teorico sia una sorta di pezzo di bravura destinato ad accompagnare i pezzi sull'attualità politica. So per lunghissima esperienza che i pezzi teorici vengono consumati gastronomicamente come una specie di dessert, e non vengono quasi mai intesi per quello che sono, e cioè un invito per l'apertura di un dibattito collettivo che dovrebbe portare, quando è necessario (ed oggi lo è) ad un mutamento qualitativo nella cultura politica di chi si richiama alla rivoluzione ed alla lotta al capitalismo. Questo dibattito collettivo è in realtà il grande assente, il convitato di pietra, il fantasma dell'opera. Lo si auspica, e poi non avviene mai. Le ragioni di questa assenza devono essere assolutamente indagate.

3. Vi è però una premessa da fare. L'apertura di un dibattito presuppone l'esistenza di un lettore competente, critico ed attivo. Un lettore competente è un lettore che conosce i termini essenziali della discussione in campo marxiano e marxista dell'ultimo secolo e mezzo. Un lettore critico è un lettore in grado di interagire dialogicamente con le tesi che legge, ed eventualmente di rispondervi non con semplici brontolii, ma con tesi alternative, organiche e coerenti. Infine, un lettore attivo è colui che si da la pena di aprire un dibattito e la fatica di scrivere, spedire, eccetera, e si da questa pena appunto perché capisce che non è mai una questione personale, ma è una questione di interesse comune e di rilevanza pubblica.

4. Ebbene, il problema sta proprio in ciò, che questo lettore competente, critico ed attivo si sta riducendo in modo demograficamente allarmante, per una serie di ragioni che si possono brevemente indicare. Primo, i dipartimenti universitari di filosofia, economia e scienze politiche e sociali stanno facendo scomparire l'informazione sul dibattito marxista, ritenuto evidentemente un "cane morto" sprofondato insieme con il discredito del crollo del comunismo storico novecentesco (1917-1991) ed assimilato ad un volgare imbonimento ideologico, e questo tende fatalmente ad interrompere la comunicazione critica fra le tre generazioni degli anziani, delle persone di mezza età e dei giovani. Secondo, i ceti politici che stanno gestendo la la transizione fra il vecchio operaismo partitico ed economicistico ed il nuovo look no-global non sono minimamente interessati alla conservazione della memoria di questo dibattito, non solo perché ossessionati dalle scadenze elettorali o di "movimento" (cioè di manifestazione presenzialista), ma anche soprattutto perché ogni educazione al dibattito critico è incompatibile con i loro bruschi passaggi ideologici al perenne inseguimento dell'attualità. Terzo, perché appunto la confusione fra i tre distinti livelli della conoscenza scientifica, della conoscenza filosofica e della pratica ideologica, confusione che caratterizza strutturalmente ed in modo assolutamente incurabile gli apparati politici e sindacali professionali, rende impossibile una corretta distinzione fra ambiti diversi che seguono logiche estremamente differenziate.

5. Questi rilievi sommari erano necessari per inquadrare meglio le osservazioni che seguiranno sui complessi rapporti fra il marxismo e l'esistenzialismo novecentesco (perché non parliamo qui ovviamente di Pascal o di Kierkegaard). Questi rapporti sono ormai giunti alla fine di un intero ciclo, ed è appunto possibile ricostruirli proprio perché ormai sono già finiti e sono puramente oggetto di ricostruzione storica. La ricostruzione che proporrò è ovviamente discutibile, opinabile e criticabile, ma è ispirata ad un filo conduttore storiografico e teoretico che cercherò di rendere il più chiaro e comprensibile che potrò.



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