2. L’impossibilità di un
“ritorno al vero Marx”
Nel 1983 era già chiaro che un
“ritorno a Marx” di tipo salvifico era impossibile, ed era inoltre una parola
d’ordine religiosa, come se Marx fosse stato il fondatore di una nuova
religione ateo-umanistica e non uno studioso comunista della realtà
capitalistica. Ogni “ritorno a Marx” è sempre e solo una interpretazione di
Marx storicamente determinata, ed il “marxismo” vive esclusivamente nella forma
del conflitto fra formazioni ideologiche marxiste in competizione. Certo, è
possibile un serio accertamento filologico di ciò che Marx ha veramente
scritto, ma questo prezioso accertamento filologico non risolve il problema
della dinamica di sviluppo delle conoscenze e delle azioni intraprese alla luce
del pensiero di Marx.
L’ortodossia è qualcosa di
impossibile sia sul piano dei contenuti che sul piano del metodo. Sul piano dei
contenuti perché è chiaro che il modello astratto (e relativamente costante)
del modo di produzione capitalistico si specifica storicamente in società
capitalistiche diversissime, e lo stesso Marx nel 2003 non potrebbe dire le
stesse cose che ha detto nel 1863. In questo senso i settari fondamentalisti di
tipo bordighista sono i più lontani
dallo stesso Marx. Ma anche sul piano del metodo è impossibile
concordare su quale esattamente sia il “metodo”, e questo non solo per i
disaccordi metodologici fra marxisti (metodo anti-hegeliano per Della Volpe e
Althusser, metodo filo-hegeliano in Bloch e Lukács, ecc.), ma anche per una
ragione ancora più importante, e cioè per il fatto che ad ogni variazione
“contenutistica” della società capitalistica deve variare anche il metodo per
analizzarla, data la profonda omogeneità fra forma e contenuto.
L’impossibilità di una ortodossia
del “vero Marx” non significa però neppure arbitrarietà assoluta
nell’interpretazione, per cui, per dirla alla Feyerabend, everything goes,
tutto va bene. Non è così. Marx non è una casa arredata in cui si possa andare
ad abitare godendoci tutto il mobilio già messo a posto, ma un cantiere in
costruzione. Questo cantiere è stato a sua volta costruito per cambiare casa e
progettare un insieme di nuove abitazioni, fuor di metafora per non abitare più
nel capitalismo ed andare ad abitare nel comunismo. Non è dunque convincente la
posizione di chi pensa che la “scienza marxista”, o meglio l’uso dei suoi concetti
portanti (modo di produzione, forze produttive, rapporti di produzione,
ideologia) possa essere esercitata anche da chi non è comunista, ed accetta
cioè l’orizzonte economico, politico e morale del capitalismo.
Non c’è dunque marxismo senza
comunismo, anche se ovviamente il problema è sempre “quale marxismo” e “quale
comunismo”. Questa può sembrare un’ovvietà, ma non lo è per nulla. Esiste un
“marxismo della cattedra” da più di un secolo che vive programmaticamente sulla
scissione fra l’applicazione “pura” della teoria marxista (o presunta tale) ed
eventuale adesione sentimentale o etica al comunismo. Questo presunto
“marxismo” è quasi sempre una forma di scientismo, perché si basa sull’assunto
che come si può praticare la stessa fisica e la stessa chimica anche se si è di
destra, centro o sinistra, nello stesso modo si può praticare la scienza
marxista sia se si è antimperialisti sia se si è favorevoli all’impero
globalizzato americano.
Ritorno a Marx vuole allora dire
questo: le categorie “scientifiche” che noi usiamo non vengono dal nulla o da
una operazione di astrattizzazione priva di intenzionalità politica, sociale ed
etica, ma vengono costruite in un contesto teorico condizionato da queste
intenzionalità. Traducendo quanto ho appena detto nel linguaggio della storia
recente della filosofia occidentale ne risulta che l’impostazione della
fenomenologia di Husserl (che tiene conto dell’intenzionalità) è migliore
dell’impostazione del positivismo di Comte e dei suoi successori (che non tiene
invece volutamente conto della intenzionalità).
Con questo il problema non è
certamente risolto, ma almeno è impostato evitando la trappola dell’illusione
scientistica che sogna un marxismo che abbia lo stesso statuto epistemologico
delle scienze della natura moderne (Galileo) oppure delle scienze sociali
moderne avalutative (Max Weber). Il marxismo non può avere né uno statuto di
scienza naturale né uno statuto di scienza sociale avalutativa. Solo in questo
può consistere un ragionevole ritorno a Marx, e solo da questa consapevolezza
possiamo aspettarci una comprensione di fondo della storia conflittuale del
marxismo successivo.
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