Invito ad una discussione radicale sul marxismo

I parte
 



Per agevolare la lettura, questo articolo di Costanzo Preve è stato diviso in sette parti.

Alla parte successiva




Un primo repertorio di temi

1. Prologo

Un invito all'apertura di una discussione radicale sul marxismo dovrebbe in teoria essere accolto con approvazione, piacere e gratitudine. Non è quasi mai così. La diffidenza è spesso la prima reazione. Si ha paura di una sorta di cavallo di Troia che vuole entrare con questo pretesto nelle mura delle nostre pigrizie e dei nostri pregiudizi, su cui abbiamo costruito un'identità, un'appartenenza, delle abitudini di militanza che crediamo stabili e che sono invece quasi sempre fragilissime e precarie. Eppure è ormai chiaro che le vecchie forme di marxismo costituitesi nel Novecento, non importa se maggioritarie o minoritarie, ortodosse o eretiche, ecc., non sono più in grado di rispondere alle nuove esigenze conoscitive ed interpretative di questo inizio di secolo XXI°, dalle nuove forme di potere capitalistico alle ragioni profonde del vergognoso crollo degli Stati e dei sistemi sociali del comunismo storico novecentesco, dalla cosiddetta globalizzazione alle nuove forme storico-antropologiche della soggettività individuale e collettiva, battezzata troppo spesso frettolosamente in termini di postmodernità. In estrema sintesi possiamo ricondurre queste difficoltà a tre ordini di ragioni, che voglio indicare subito in questo prologo.

In primo luogo, occorre vincere la tendenza distruttiva a tenere insieme la dipendenza della trattazione dei temi teorici, scientifici e filosofici del marxismo dal far politica quotidiano organizzato e dalle scelte politiche congiunturali che ne derivano. So benissimo che per molti a sinistra non esiste alcuna passione teorica, ma tutta la passione va a finire nelle decisioni cosiddette politico-militanti, se votare Bertinotti oppure non farlo, se appoggiare i noglobal moderati alla Agnoletto o i noglobal movimentisti alla Casarini, se bisogna appoggiare tatticamente l'Ulivo contro il miliardario Berlusconi oppure no, se dentro il partito della Rifondazione siano meglio i bertinottiani oppure i seguaci del vecchio togliattismo impropriamente scambiato per leninismo, ecc. Non nego che tutte queste scelte tattiche abbiano a che fare in ultima istanza e dopo molti passaggi con una teoria di riferimento, ma nego che da riferimenti teorici dottrinari si possano "dedurre" linearmente delle scelte politiche tattiche. Questa è l'illusione di tutte le sette a legittimazione metafisica dottrinaria, dal bordighismo al trotzkismo, che infatti sono poi condannate a frantumarsi in correnti antagonistiche. Chi vuole veramente aprire una discussione teorica sul marxismo deve invece sapere che essa non può essere limitata ai seguaci politici della propria linea politica tattica congiunturale, buona o cattiva che sia, ma che essa deve essere invece aperta ai punti di vista più diversi. E' infatti possibile concordare con persone che hanno opinioni politiche tattiche congiunturali diverse dalle nostre, mentre possiamo dissentire sul piano teorico da individui o gruppi che hanno la nostra stessa valutazione politica di ordine tattico o congiunturale.

In secondo luogo (ma questo secondo punto è legato al precedente) il marxismo non deve mai diventare una barriera identitaria di appartenenza militante, come peraltro avviene sempre con le sette di ogni tipo, ma deve essere sempre inteso come un luogo aperto e dialogico di interpretazione e di conoscenza. A costo di correggere amichevolmente il giovane Marx, è infatti impossibile trasformare il mondo in modo rivoluzionario, se prima non si è fatto lo sforzo di conoscerlo. Nei fatti, il marxismo identitario di appartenenza è il nemico principale del marxismo critico di conoscenza. Più di un secolo di storia del marxismo non lascia alcun dubbio in proposito. Il marxismo identitario di bandiera è una semplice risorsa ideologico-psicologica di coesione organizzativa. Mi rendo conto che per la riproduzione della setta la coesione organizzativa è un'esigenza primaria, ma questo avviene anche per la teologia dei testimoni di Geova.

In terzo luogo, e per concludere su questo punto, una discussione o è radicale ed a tutto campo o semplicemente non è. Una discussione non può avvenire con il presupposto che alla fine di essa non dovranno comunque essere messe in discussione le basi di partenza. Non possiamo discutere in astronomia sul sistema geocentrico con il presupposto che comunque alla fine saremo ancora geocentrici, perché la Chiesa lo vuole. Galileo non l'ha fatto. Molti marxisti inneggiano retoricamente a Galileo, ma poi si guardano bene per viltà e conformismo dal seguire il suo esempio. Le discussioni addomesticate non esistono.

Alla parte successiva




Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione
Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori




e-mail


Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le "sette" e i think tank della destra in Italia | La cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca | Kelebek il blog