Manifestazione improbabile
 



di Miguel Martinez







Aprile 2004. I combattenti iracheni chiedono una grande manifestazione a Roma, per dimostrare che il popolo italiano, a differenza del governo, non vuole la guerra.

A prima vista, mi sembra una richiesta assurda: ovviamente tutti i politici diranno di no, e chi ha mai fatto nulla senza di loro? Infatti, il 27 aprile, Massimo Franco gongola sul Corriere della Sera:

"L’invito [iracheno] è già caduto in un vuoto ostile. E la veemenza con la quale governo e centrosinistra respingono il ricatto sottolinea una volontà unanime.Ma spiragli non ne concede nessuno. Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazione comunista, taglia corto: ai terroristi «non rispondiamo, non li sentiamo, non ci interessa sentirli». E Achille Occhetto rifiuta di cedere a «volgari criminali».

Ma se il diavolo fa le pentole, non sempre gli riescono i coperchi.

Infatti, da settimane, i media mettono in primo piano i "familiari degli ostaggi", cioè le famiglie Agliana, Cupertino e Stefio. È il meccanismo di un dominio consensuale e manipolatorio: lo spettacolo consacra tutti i luoghi comuni ufficiali e li benedice con le lacrime. Gli "islamici" fanno soffrire le "mamme", per non parlare delle cognate e di un padre che dice di avere tanta fiducia nel Santo Padre e nel Presidente del Consiglio. Impossibile distinguere quello che succede da una telenovela, che si basa sulla grande falsificazione implicita: sono solo gli occidentali ad avere mamme. Gli arabi, per definizione, non ne hanno.





Dal sito di Padre Benjamin

Ma le mamme (e le cognate) non sono per niente stupide, e sono più interessate al destino dei loro figli che a quello del Presidente del Consiglio. Loro, che avrebbero dovuto essere il simbolo del sano odio nazionale, aprono le porte a musulmani e musulmane, e giorno dopo giorno, iniziano a parlare in maniera sempre più critica della guerra.

E così, con una sorta di lucida ingenuità, queste involontarie potenze mediatiche decidono di indire una loro manifestazione. Chiamala umanitaria, qualunque cosa ciò possa significare; portala in processione a San Pietro… ma non ci sono dubbi. Fare una manifestazione entro quei cinque giorni concessi dalla resistenza irachena significa rifiutare il vero ricatto istituzionale, per cui la patria non deve mai cedere, nemmeno quando ha torto marcio.

I politici hanno un'infinita capace di recupero, almeno in televisione: è interessante notare che i giornali hanno offerto resoconti molto più onesti. Ciò che non si riesce ad annientare con le cattive deve essere riassorbito con le buone. La sera, Bruno Vespa, padrino dello "scontro di civiltà", racconterà a Porta a porta la sua versione dei fatti. Sotto il titolone "Liberateli nel nome di Dio!" e la faccia del Papa, egli spiega che alla manifestazione c'erano solo "bandiere della pace", e che i familiari sono stati ricevuti da Berlusconi. A commentare, i soliti personaggi, da Edward Luttwak a Marco Minniti (quello del Kosovo) per i DS.

Per rendere perfetto il quadro, Vespa tace il fatto che i familiari erano stati sì ricevuti da Berlusconi; ma che essi si erano abbassati a incontrare il miracolista di Arcore solo a patto che egli ricevesse anche Nour Dachan, il presidente dell'Unione delle Comunità e Organizzazioni Islamiche in Italia (UCOII), un signore di origine siriana che si era dedicato con ben più attenzione al loro caso di quanto avessero prestato i politici.

Per quanto riguarda la manifestazione, io c'ero e vi racconterò quello che Vespa non ha detto.

Avevo esitato ad andarci. Non è il mio mondo. Nelle case delle mamme d'Italia, ci sono poltrone, ninnoli, crocifissi, e sul divano una schiera compatta di zie, generi, suocere e nonne, tutti davanti a un televisore. Genitori a parte, il mio unico parente l'ho visto due volte in vita mia, il solo crocifisso in casa era uno straordinario oggetto nero e rosso messicano, su cui si rappresentava il dramma del cosmo intero, e non c'erano né divani né televisori.

Ma questa distanza, che fa sì che per me la casalinga di Voghera sia estranea quanto la pescatrice di perle di Taiwan, mi autorizza a disprezzare? In questo mi hanno insegnato un po' di tolleranza i Rom, che sono ancora più italiani degli italiani.

Ma c'è una domanda seria… possiamo manifestare per la liberazione di mercenari?

Chiarisco che mi sento molto più vicino a un mujahid iracheno che rischia la vita per difendere casa sua, che a qualcuno che va a cercare fortuna con le armi in un paese che non è suo. Non c'è dubbio che i prigionieri torturati a Baghdad dagli americani meritano un rispetto maggiore dei tre italiani.



Scontro di civiltà



Prigionieri degli iracheni


Prigioniero degli americani


Porre le cose in questi termini è banale, sappiamo che non esistono popoli buoni o cattivi. Ma questo è esattamente come loro pongono la questione tutti i giorni.



Ma proprio per questo, perché non sono semplicemente un pacifista che ha un orrore estetico per le armi "da qualunque parte siano", credo che ci sia anche un abisso morale tra il mercenario che va a rischiare la vita e l'imprenditore italiano che investe in Iraq senza rischiare nulla.

E poi tutti possono cambiare. Io quindici anni fa non mi rendevo conto di tante cose. Bisogna farne di strada per capire, come dice De Andrè, che non ci sono poteri buoni… Ma qualcuno ci riesce, e cosa può aiutare meglio di un'esperienza così forte?

Giro tra la folla, in gran parte costituita da persone molto semplici, pugliesi arrivati in pullman, pratesi della Misericordia con le loro ambulanze. Gente che mai avrebbe partecipato a una manifestazione politica, e che probabilmente capisce meglio le incolte esternazioni di un Berlusconi o di un Emilio Fede, che la retorica intellettuale di un Rutelli, figuriamoci le complesse astrazioni della sinistra antagonista.

Ascolto i loro discorsi. Sono luoghi comuni, certo, ma non sono per niente quelli soliti, alla Oriana Fallaci: "questa guerra la fanno per il petrolio", "non ci dicono la verità sui massacri che stanno facendo laggiù". Un certo numero di musulmani e musulmane sono in prima fila, le donne indossano orgogliosamente il hijab, il foulard o "velo" islamico.

Mi viene in mente quel fenomeno curioso, per cui più gli americani bombardavano l'Italia, meno gli italiani tifavano per Mussolini e meno odiavano i "bolscevichi". Non è un sentimento razionale e non è nemmeno la coraggiosa scelta delle mosche bianche che andarono a combattere contro Franco in Spagna. Ma è il sentimento potente e travolgente di chi non ne può più della mistificazione, e dice - ma perché mi avete coinvolto in questo disastro con cui non c'entro niente? Da oggi in poi, non vi seguo più. E solo questa coscienza, grezza quanto si vuole, può fermare la guerra infinita.

Certo, qui non si tratta oggi di città intere devastate, ma solo di tre avventurieri che sono andati a caccia di guai da soli. Però viviamo nel mondo mediatico, in cui cose prive di qualunque importanza diventano gigantesche.

L'importanza della manifestazione sta tutta qui. Non cambia certo il mondo, ma in questo clima di follia bellica e di islamofobia, è importante: si sa che gli italiani mugugnano contro la guerra, ma finché essere contro la guerra è solo roba di una "parte", di "quelli di sinistra", tutto tiene tranquillamente. Mentre, con questa manifestazione, viene meno la coesione simbolica, come se l'Italia coronata delle statue ottocentesche fosse scesa dal suo pilastro e si fosse messa a picchiare in testa chi voleva invadere l'Etiopia.

La manifestazione di queste poche decine di migliaia di persone pone un problema molto maggiore al governo di quello posto un mese prima da un milione di persone scese in piazza contro la guerra. Perché quella era scontata, questa no.

Bandiere della pace, tante. E per quanto rese innocue, indicano comunque il rifiuto della guerra.

Ma ci sono anche gli striscioni: per la liberazione dei "22 milioni di ostaggi", che sono gli iracheni, e poi quello dei miei amici del Campo Antimperialista: "con la resistenza in Iraq - per l'Intifada in Palestina". E dietro, qualcosa che non si era mai visto nelle piazze italiane: una ventina di bandiere irachene: in questa guerra non ci siamo solo noi, a chiederci dall'alto della nostra nobiltà morale se sia giusto o no fare guerre. No. C'è anche e soprattutto un altro popolo, che subisce l'aggressione e che resiste, quello iracheno.



Un forte vento le fa sventolare lungo tutto il percorso. La gente si ferma per chiedere cosa sono, i fotografi arrivano a frotte, i cineoperatori le riprendono da ogni angolo. Ci sono anche Moreno Pasquinelli e Maria Grazia Ardizzone, appena usciti dal carcere, scarcerati per "mancanza di indizi" dopo un clamoroso arresto sparato sui media di mezzo mondo (digitando "Moreno Pasquinelli" su google, troverete articoli sul suo arresto anche in vietnamita).

Una signora attacca discorso con noi. "E' la prima volta in vita che vengo a una manifestazione… io sono nonna, ma questa volta non ce l'ho fatta più, stanno facendo stragi terribili in Iraq e nessuno fa niente. Io ho votato Berlusconi, sa, ma qualcosa è cambiato in me quando ho sentito Bush dire che dichiarava la guerra infinita.. ma come si fa a fare una guerra infinita? Ma voi chi siete, di qualche gruppo?"

Un altro manifestante le risponde, "siamo del Campo Antimperialista". "Ah, siete contro l'imperialismo, bravi… Io non ho detto a mio marito che venivo alla manifestazione".

Sorrido, immaginandomi i telegiornali che faranno vedere la signora in mezzo al gruppo più maledetto degli ultimi trent'anni di storia italiana, galeotti "terroristi islamonazicomunisti".

Ma credo che la signora non abbia avuto problemi al suo ritorno a casa: i telegiornali censureranno infatti accuratamente questo pezzo del corteo.

"Scemo, scemo!"

Le manifestazioni attirano sempre personaggi particolari. Filippo Bellissima di Livorno distribuisce un suo proclama: "Le più grandi scoperte del genere umano tramite la mia persona che danno la soluzione a tutti i problemi di ciascuna persona". Spiega al megafono, "questo mio testo il Papa ce l'ha e non da ieri!"

Un signore gira con un cartello al collo in cui si lamenta di essere stato internato in manicomio da medici cialtroni, e inveisce contro le "cooperative rosse".

A metà di via della Conciliazione, un uomo di mezza età, con un buffo maglione rosso e barba sfatta strilla con voce acuta: "Vergogna! Gli americani ci hanno liberati!" Mentre tutti sorridono al signore che inveisce contro i rossi, c'è qualcosa nello sguardo di questo individuo, tra il porcino e l'allucinato, che gli fa guadagnare un coro di "Scemo! scemo!" che, come commenta qualcuno, manco il Papa glielo potrà più togliere.

"Gementes et flentes..."

Il corteo è molto breve, va da Castel Sant'Angelo fino a San Pietro. La piazza viene aperta al corteo. Ci fermiamo tutti, poi un microfono ci porta un filo quasi incomprensibile di voce clericale, che forse sta leggendo un comunicato del Papa.

Più chiaro, il canto delle antiche parole:

"Ad te clamamus exsules filii Evæ,
ad te suspiramus gementes et flentes
in hac lacrimarum valle."

In questo scenario assurdo, con il cielo minaccioso, il vento che scuote le bandiere irachene, Di Pietro e Santoro che ci passano accanto velocemente, che si coglie qualcosa della straordinaria potenza di queste parole. Noi sospiriamo gementi e piangenti davvero, in una valle di lacrime… vero da sempre, come sempre, e forse è in questo che siamo straordinariamente vicini a secoli e secoli di persone che non ci sono più. Ci voleva l'atemporalità del latino per rendercene conto: i corpi di chi per prima cantò quell'inno sono polvere, eppure ci rimane la maniera in cui modulavano la loro voce.

Ecco perché tutto ciò che è italiano finisce in qualche modo qui. Non dentro il Vaticano, ma al centro della piazza, in un immenso buco nero, sotto quel tremendo obelisco egizio, cova un cuore di madre vergine, di sterile fantasia di dolcezza femminile tra braccia di uomini… cannibale, la Madre assorbe tutti i nostri desideri, i nostri terrori, l'assurdità della condizione umana; e qui, in qualche modo, devono passare tutti.

In quel momento, Moreno Pasquinelli ci dice che sta per succedere qualcosa di veramente importante. Pochi minuti dopo dopo vedo una torma di persone che lo assaltano. All'inizio penso a un'aggressione fisica, poi mi rendo conto che la folla agita telecamere, microfoni e blocchetti per gli appunti.

Nella confusione, mi arriva la notizia incredibile: Moreno ha appena ricevuto una telefonata da Jabbar al-Kubaysi, dirigente dell'Alleanza Patriottica Irachena: gli ostaggi verranno liberati, ma non saranno consegnati al governo o ad altre istituzioni italiane. Saranno consegnati a una delegazione di pacifisti italiani, scelta dal Campo Antimperialista.

Scoppio in una risata incontrollabile. Le bandiere irachene, con la scritta islamica, Allahu akbar, contro lo sfondo di San Pietro, forse la prima volta nella storia; i parenti degli ostaggi che mi chiedono a chi possono consegnare un messaggio, scritto a mano, per Moreno, le telecamere, il cielo al tramonto, la turba giornalistica in fibrillazione.

Penso a tutto quello che ho vissuto in questi pochi mesi che conosco queste persone, quasi mio malgrado. Il sole d'autunno tra gli ulivi ad Assisi al Campo Antimperialista, i quotidiani che giorno dopo giorno li riempivano di insulti, gli attacchi su Indymedia che arrivavano alle minacce fisiche, le menzogne incredibili che sono state riversate su questo piccolo movimento da un coro che va dal padre della Nuova Destra americana, Paul Weyrich, a Magdi Allam, da Fulvio Grimaldi agli scecalli (non è un refuso) di Libero, le minacce di Rifondazione contro chiunque avesse a che fare con loro, Carlo Taormina, Lucio Malan e Massimo Introvigne che chiedono che vengano messi in carcere.

La mattina in cui un mio amico mi telefona per dire che hanno arrestato Moreno, Maria Grazia e Alessia, poi la notizia che erano liberi.

Ed ecco che, in un momento cruciale, sono proprio loro a rappresentare l'Italia, alla faccia di tutti. Un giornalista chiede a Moreno, "avete avvertito le autorità?" "No, io sono uscito dal carcere tre giorni fa".

Mentre metto in rete questo articolo, non sappiamo come andrà a finire: in queste ore (ma tra poco potrebbe cambiare tutto), mi sembra che il governo stia facendo le capriole per trovare un altro titolo di coda per questo psicodramma: "gli ostaggi furono rilasciati grazie alla Croce Rossa Italiana, fulgido esempio della Bontà Nazionale".

Però, chissà, l'improbabile è già successo. Perché non potrebbe succedere l'impossibile?




Nota: Il commento migliore a tutta la vicenda viene da Paolo Guzzanti, in un editoriale sul Giornale del 30 aprile, intitolato "Sequestro elettorale".

Guzzanti mente sapendo di mentire, quando confonde il Campo con la sinistra di Rutelli (il rilascio in mano ai pacifisti sarebbe "una vittoria da far sfruttare alla sinistra in prossimità della campagna elettorale"). Mente sapendo di mentire quando accusa la sinistra di costituire una rete di "intelligence qui in casa nostra" al servizio della resistenza irachena: gli iracheni sono perfettamente in grado di inventarsi una strategia da soli. Compie poi un errore comprensibile riguardo alle bandiere irachene: le telecamere le hanno riprese e come, sono state però censurate dopo.

Fatta questa premessa, ascoltiamo Guzzanti:

"Che il piano fosse quello, si era capito fin dal momento in cui alla manifestazione si sono presentati uomini con le bandiere dell'Irak di Saddam, in aggiunta a quelle cosiddette pacifiste, cioè antiamericane e antisraeliane […]. Che ci facevano quelle bandiere? E perché le telecamere facevano acrobazie per non riprenderle e talvolta gli speaker a spacciarle per bandiere 'palestinesi'? La risposta a questa domanda è semplice: la manifestazione di ieri [….] era in realtà una manifestazione irachena. […] I terroristi non sono intelligenti, sono geniali".

 


Gli articoli apparsi originariamente su questo sito possono essere riprodotti liberamente,
sia in formato elettronico che su carta, a condizione che
non si cambi nulla, che si specifichi la fonte - il sito web Kelebek http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione
Per gli articoli ripresi da altre fonti, si consultino i rispettivi siti o autori




e-mail


Visitate anche il blog di Kelebek

Home | Il curatore del sito | Oriente, occidente, scontro di civiltà | Le "sette" e i think tank della destra in Italia | La cacciata dei Rom o "zingari" dal Kosovo | Il Prodotto Oriana Fallaci | Antologia sui neoconservatori | Testi di Costanzo Preve | Motore di ricerca