La rabbia e l'orgoglio.
Il manifesto della crociata d'Occidente
 



Di Reds. Tratto dal sito aljazira.it.




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sabato, 15 maggio 2004
Depurato da preoccupazioni tattiche, da opportunismi politici, il razzismo occidentale e la sua volontà di potenza appaiono chiari nel pamphlet razzista di Oriana Fallaci pubblicato sul Corriere della Sera il 29 settembre 2001  ("La rabbia e l'orgoglio").

Il pamphlet razzista di Oriana Fallaci pubblicato sul Corriere della Sera il 29 settembre 2001 ("La rabbia e l'orgoglio") è uno scritto di straordinaria importanza. E ciò per varie ragioni. Innanzitutto esso ci dice in maniera chiara, più di qualsiasi altro documento o articolo sino ad ora pubblicato, più di qualsiasi teorizzazione, delle caratteristiche profonde della crociata in atto. Depurato da preoccupazioni tattiche, da opportunismi politici, il razzismo occidentale e la sua volontà di potenza appaiono qui in maniera manifesta, diremmo allo stato puro. Si dirà che cose simili chi ha stomaco può leggersele anche sulla Padania o in qualche opuscolo di estrema destra. Ma qui la differenza è cruciale. A questo documento il Corriere ha dedicato quattro pagine, iniziativa che crediamo non sia stata presa da anni nei confronti di nessuno. Inoltre il quotidiano ha sostenuto il delirio della Fallaci con una serie di interventi (i soddisfatti editoriali di Panebianco e Romano), un forum di discussione, ecc. dando al tutto un chiaro segno di "operazione politica". Estremamente significativo inoltre che il documento abbia goduto di una consistente simpatia di massa, con lettori e lettrici che asserivano di essersi visti "finalmente" rappresentati, perché ciò che pensavano ma non osavano dire ora se lo ritrovavano lì davanti agli occhi; non sono mancati consigli per fare dello scritto un testo di studio scolastico. Analizzeremo dunque lo scritto della Fallaci con molta attenzione, perché vi sono inclusi tutti i principali punti dell'odierna crociata antislamica.

Occidente, grande patria

Fallaci dedica parte consistente dello scritto ad una estasiata ammirazione nei confronti degli USA, chiamati ovviamente "America" (volutamente immaginiamo, giacché pensiamo che la Fallaci sappia che l'America è un continente e comprende una trentina di Paesi, gran parte dei quali non parlano inglese).

"Preferisco parlare dell'invulnerabilità che tanti, in Europa, attribuivano all'America. Invulnerabilità? Ma come invulnerabilità?!? Più una società è democratica e aperta, più è esposta al terrorismo. Più un paese è libero, non governato da un regime poliziesco, più subisce o rischia i dirottamenti o i massacri. [...] Ma la vulnerabilità dell'America nasce proprio dalla sua forza, dalla sua ricchezza, dalla sua potenza, dalla sua modernità. [...] Quando ci siamo incontrati t'ho visto quasi stupefatto dall'eroica efficienza e dall'ammirevole unità con cui gli americani hanno affrontato quest'Apocalisse. [...] Il fatto è che l'America è un paese speciale, caro mio. Un paese da invidiare, di cui esser gelosi, per cose che non hanno nulla a che fare con la ricchezza eccetera. Lo è perché è nato da un bisogno dell'anima, il bisogno d'avere una patria, e dall'idea più sublime che l'Uomo abbia mai concepito: l'idea della Libertà, anzi della libertà sposata all'idea di uguaglianza."

Le lodi sperticate nei confronti degli USA sono un leitmotiv della crociata in corso. Il filoamericanismo (condito da virulenti attacchi contro invisibili antiamericani) svolge una precisa funzione propagandistica: serve a far sì che anche gli europei si sentano minacciati dall'Islam e che considerino ogni attacco subito dagli USA come un attacco sferrato anche a loro:

"Alcuni non sono né contenti né scontenti. Se ne fregano e basta. Tanto l'America è lontana, tra l'Europa e l'America c'è un oceano... Eh, no, cari miei. No. C'è un filo d'acqua. Perché quando è in ballo il destino dell'Occidente, la sopravvivenza della nostra civiltà, New York siamo noi. L'America siamo noi. Noi italiani, noi francesi, noi inglesi, noi tedeschi, noi austriaci, noi ungheresi, noi slovacchi, noi polacchi, noi scandinavi, noi belgi, noi spagnoli, noi greci, noi portoghesi. Se crolla l'America, crolla l'Europa. Crolla l'Occidente, crolliamo noi. E non solo in senso finanziario cioè nel senso che, mi pare, vi preoccupa di più. [...] In tutti i sensi crolliamo, caro mio. E al posto delle campane ci ritroviamo i muezzin, al posto delle minigonne ci ritroviamo il chador, al posto del cognacchino il latte di cammella. Neanche questo capite, neanche questo volete capire!?!"

Non si tratta affatto di "sudditanza" europea verso gli USA, ma di una divisione dei compiti tra le grandi potenze che dominano il mondo: agli USA spetta quello, tra gli altri, di costituire il "braccio armato" che dovrebbe salvaguardare gli interessi globali del Nord del mondo contro il Sud. Quando gli USA si trovano in pericolo, l'Europa si trova improvvisamente disarmata, non perché è più buona (che non lo sia si spera che risulti chiaro dalla totale complicità dei leader europei nei confronti della guerra scatenata contro l'Afghanistan), ma perché ad essa sono spettati gli svantaggi e i vantaggi di non dovere sostenere il confronto armato con il blocco sovietico e con il Terzo mondo.

L'identità della grande patria

I mass media stanno compiendo un grande sforzo per dare un qualche contenuto all'identità di questa grande patria, l'Occidente, che i più ben sanno fondarsi sostanzialmente sul privilegio del denaro. E' interessante notare che, per facilitare questo compito, perché non esiste identità senza passato, si cercano le ragioni dell'Occidente negli imperi del passato, quelli che con certezza avevano una connotazione "bianca", e avevano conquistato e soggiogato il mondo allora conosciuto. La chiamata alla difesa dell'Impero e dei suoi privilegi è, così, trasparente:

"Perché dietro la nostra civiltà c'è Omero, c'è Socrate, c'è Platone, c'è Aristotele, c'è Fidia, perdio. C'è l'antica Grecia col suo Partenone e la sua scoperta della Democrazia. C'è l'antica Roma con la sua grandezza, le sue leggi, il suo concetto della Legge. Le sue sculture, la sua letteratura, la sua architettura. I suoi palazzi e i suoi anfiteatri, i suoi acquedotti, i suoi ponti, le sue strade."

La civiltà occidentale ha prodotto nel giro di soli trent'anni due guerre mondiali che da sole hanno provocato più morti che tutte le guerre combattute sino ad allora dall'umanità, ma dato che l'identità delle nazioni dominatrici deve essere costruita sulla convinzione della propria superiorità, si espungono queste pagine, non solo perché imbarazzanti e di per sé esplicative del basso grado di "civiltà" che la nostra società possiede, ma anche perché furono guerre che, come quasi tutte quelle che le precedettero, divisero l'Occidente. Con l'eccezione delle crociate e della secolare opposizione medievale all'Islam, di cui siamo certi che a breve vivremo un revival (film, libri, ecc.). Il delirio crociato giunge a un tale grado di regressione, che dall'identità occidentale viene addirittura espulsa la Rivoluzione Francese, sia per i suoi contenuti un po' troppo progressisti per la nostra "civiltà", ma anche perché elemento costitutivo di una identità nazionale, quella francese, oggi percepita troppo debole nella crociata contro l'Islam:

"Ma hai idea di chi fossero i Padri Fondatori, i Benjamin Franklin e i Thomas Jefferson e i Thomas Paine e i John Adams e i George Washington eccetera? Altro che gli avvocaticchi (come giustamente li chiamava Vittorio Alfieri) della Rivoluzione Francese! Altro che i cupi e isterici boia del Terrore, i Marat e i Danton e i Saint Just e i Robespierre! Erano tipi, i Padri Fondatori, che il greco e il latino lo conoscevano come gli insegnanti italiani di greco e di latino (ammesso che ne esistano ancora) non lo conosceranno mai." Blair "è venuto qui e ha portato anzi rinnovato a Bush la solidarietà degli inglesi. Non una solidarietà espressa con le chiacchiere e i piagnistei: una solidarietà basata sulla caccia ai terroristi e sull'alleanza militare. Chirac, no. Come sai la scorsa settimana era qui in visita ufficiale. Una visita prevista da tempo, non una visita ad hoc. Ha visto le macerie delle due torri, ha saputo che i morti sono un numero incalcolabile anzi inconfessabile, ma non s'è sbilanciato. Durante l'intervista alla Cnn ben quattro volte la mia amica Cristiana Amanpour gli ha chiesto in qual modo e in qual misura intendesse schierarsi contro questa Jihad, e per quattro volte Chirac ha evitato una risposta."

La rivalutazione del cristianesimo

Dato che l'identità occidentale è assai fragile, essendo costituita in realtà sul privilegio materiale, la Fallaci compie il tentativo di fondarlo anche sul dato religioso. Essendo la contrapposizione proposta quella contro una religione (cioè contro i popoli che praticano quella religione), incorporare nell'identità occidentale il dato cristiano appare ai novelli crociati una tentazione assai gustosa anche per i paralleli storici che subito richiama . Ma la cristianità non può essere gettata nella mischia perché è lo stesso Vaticano a non volerlo: non può permettersi di appoggiare apertamente una crociata antislam. Verrebbero infatti definitivamente compromesse le sue speranze di espansione in quei Paesi, la sopravvivenza religiosa di alcuni milioni di fedeli (in Iraq, in Pakistan, in Palestina, ecc.), e il consenso di quella parte di fedeli che abita nel Terzo Mondo. Per questo la Fallaci in un passaggio se la prende pure con il Papa, per un suo presunto eccesso di tolleranza verso gli immigrati. Ma, affannosamente alla ricerca di elementi identitari che diano uno straccio di identità ad una grande patria in realtà fondata sul denaro, e volendosi contrapporre ad un'altra identità che trova proprio sul terreno religioso la sua forza identitaria, ecco l'atea Fallaci inneggiare a santi e campanili:

"L'Italia è un paese molto vecchio. La sua storia dura da almeno tremila anni. La sua identità culturale è quindi molto precisa e bando alle chiacchiere: non prescinde da una religione che si chiama religione cristiana e da una chiesa che si chiama Chiesa Cattolica. La gente come me ha un bel dire: io-con-la-chiesa-cattolica-non-c'entro. C'entro, ahimé c'entro. Che mi piaccia o no, c'entro. E come farei a non entrarci? Sono nata in un paesaggio di chiese, conventi, Cristi, Madonne, Santi. La prima musica che ho udito venendo al mondo è stata la musica della campane. Le campane di Santa Maria del Fiore che all'Epoca della Tenda la vociaccia sguaiata del muezzin soffocava. È in quella musica, in quel paesaggio, che sono cresciuta. È attraverso quella musica e quel paesaggio che ho imparato cos'è l'architettura, cos'è la scultura, cos'è la pittura, cos'è l'arte. È attraverso quella chiesa (poi rifiutata) che ho incominciato a chiedermi cos'è il Bene, cos'è il Male. [...] la musica delle campane mi piace tanto. Mi accarezza il cuore. Mi piacciono pure quei Cristi e quelle Madonne e quei Santi dipinti o scolpiti. Infatti ho la mania delle icone. Mi piacciono pure i monasteri e i conventi. Mi danno un senso di pace, a volte invidio chi ci sta. E poi ammettiamolo: le nostre cattedrali son più belle delle moschee e delle sinagoghe. Si o no?"


I confini della grande patria

Dato che il nucleo fondante dell'identità occidentale sono i soldi, risulta molto difficile per gli aspiranti cittadini di tale novella nazione, essere accettati. Occorrono varie credenziali, tra le quali un pingue portafoglio. Vi sono così Paesi in bilico. Anche la Fallaci lo è: annoverando nell'Occidente anche i polacchi e gli slovacchi dà ad intendere che può anche arrivare a considerare occidentali degli slavi, ma solo se non appartenenti all'ortodossia: non menziona infatti bulgari o ucraini. Lo scontro tra mondo slavo-ortodosso e Occidente (guerra del Kosovo) è troppo recente per poter includere costoro nella grande patria, e poi, sono un po' troppo poveri. Ma la tentazione è forte. Se il conflitto con l'Islam dovesse proseguire certo anche gli slavo-ortodossi verrebbero rapidamente rivalutati e sarebbe loro consegnata la cittadinanza occidentale, così come la cittadinanza dell'Impero Romano veniva a mano a mano assegnata a diverse sue popolazioni quando lo scontro con il resto del mondo esigeva una forte unità interna. Gli sforzi di Putin sono tutti concentrati in questa direzione: vuole anche lui la cittadinanza romana. Così la Fallaci mentre non inserisce ancora i russi nella nazione d'Occidente, dà comunque loro una qualche credenziale, e proprio sul terreno della lotta all'Islam. Così del comunismo realmente esistito dice peste e corna, con una eccezione, sentiamola:

"Non per nulla i paesi non democratici, governati da un regime poliziesco, hanno sempre ospitato e finanziato e aiutano i terroristi. L'Unione Sovietica, i paesi satelliti dell'Unione Sovietica e la Cina Popolare, ad esempio." La Carta dei Diritti dell'Uomo statunitense "trasforma i sudditi in cittadini. Perché trasforma la plebe in Popolo. Perché la invita anzi le ordina di governarsi, d'esprimere le proprie individualità, di cercare la propria felicità. Tutto il contrario di ciò che il comunismo faceva proibendo alla gente di ribellarsi, governarsi, esprimersi, arricchirsi, e mettendo Sua Maestà lo Stato al posto dei soliti re."

Ricorda che il suo papà (sono frequentissimi i richiami ai suoi famigliari e antenati, anche questo segno inconfondibile della sete di guerra etnica/nazionale: anche le antiche tribù cercavano la propria unità nell'adorazione di comuni antenati):

"Diceva anche che invece di riscattare la plebe il comunismo trasformava tutti in plebe. Rendeva tutti morti di fame."

Ma quando i sovietici invasero l'Afghanistan:

"Li ricordi quei barbuti con la sottana e il turbante che prima di sparare il mortaio, anzi a ciascun colpo di mortaio, berciavano le lodi del Signore? "Allah akbar! Allah akbar!". Io li ricordo bene. E a veder accoppiare la parola Dio al colpo di mortaio, mi venivano i brividi. Mi pareva d'essere nel Medioevo, e dicevo: "I sovietici sono quello che sono. Però bisogna ammettere che a far quella guerra proteggono anche noi. E li ringrazio".

Chissà perché gli USA, così perfetti, li foraggiavano.

Italia piccola patria

L'Occidente è la grande patria, ma i suoi cittadini rischiano di fare un po' di confusione con tutte le identità che ultimamente si è tentato di appiccicare loro addosso. Sino a non molto tempo fa ci riempivano le orecchie con i discorsi sull'Europa, indulgendo anche in una certa contrapposizione con gli USA (Corriere compreso). E allora Fallaci ci propone un patriottismo un po' più vicino e casareccio, quello per l'Italia, rafforzando così la campagna propagandistica patriottarda che ha la sua punta più avanzata in Ciampi e il suo interessato amore per bandiere, sfilate militari e inni italici.

"E detto ciò lasciami spiegare da che cosa nasce la capacità di unirsi che caratterizza gli americani. Nasce dal loro patriottismo. Io non so se in Italia avete visto e capito quel che è successo a New York quando Bush è andato a ringraziar gli operai (e le operaie) che scavando nelle macerie delle due torri cercano di salvare qualche superstite ma non tiran fuori che qualche naso o qualche dito. Senza cedere, tuttavia. [...] Tutti. Giovani, giovanissimi, vecchi, di mezz'età. Bianchi, neri, gialli, marroni, viola... L'avete visti o no? Mentre Bush li ringraziava non facevano che sventolare le bandierine americane, alzare il pugno chiuso, ruggire: "Iuessè! Iuessè! Iuessè! Usa! Usa! Usa!". [...] Oggi la bandiera italiana la vedi soltanto alle Olimpiadi se per caso vinci una medaglia. Peggio: la vedi soltanto negli stadi, quando c'è una partita internazionale di calcio. Unica occasione, peraltro, in cui riesci a udire il grido Italia-Italia. Eh! C'è una bella differenza tra un paese nel quale la bandiera della Patria viene sventolata dai teppisti negli stadi e basta, e un paese nel quale viene sventolata dal popolo intero."

E non poteva mancare, dopo le lacrime versate a sentire quattro campane, lo straziante inno alla bandiera:

"Quando ascolto l'Inno di Mameli mi commuovo. Che a udire quel Fratelli-d'Italia, l'Italia-s'è-desta, parapà-parapà-parapà, mi viene il nodo alla gola. Non mi accorgo nemmeno che come inno è bruttino. Penso solo: è l'inno della mia Patria. Del resto il nodo alla gola mi vien pure a guardare la bandiera bianca rossa e verde che sventola. Teppisti degli stadi a parte, s'intende. Io ho una bandiera bianca rossa e verde dell'Ottocento. Tutta piena di macchie, macchie di sangue, tutta rosa dai topi. [...] La custodisco come un gioiello. Siamo morti per quel tricolore, Cristo!"

Tralasciando i dettagli grotteschi (le macchie che, con fiuto da XFiles, a duecento anni di distanza la Fallaci riconosce come "sangue"), ci domandiamo: a che pro tanto spreco di lacrime? Perché, come in tutte le guerre, una nazione per combatterne un'altra ha bisogno dell'unità di tutte le sue classi sociali e di tutte le sue forze politiche per combattere il nemico comune. La Fallaci invidia agli USA la presenza di un Clinton che subito solidarizza con Bush, invidia cioè l'inesistenza di una opposizione sociale e politica. E' una invidia tutta europea, dove i singoli stati, chi più chi meno, devono fare i conti con sinistra e sindacati:

"È un Paese così diviso, l'Italia. Così fazioso, così avvelenato dalle sue meschinerie tribali!" "Io sono assolutamente convinta che, se Usama Bin Laden facesse saltare in aria la Torre di Giotto o la Torre di Pisa, l'opposizione darebbe la colpa al governo. E il governo darebbe la colpa all'opposizione. I capoccia del governo e i capoccia dell'opposizione, ai propri compagni e ai propri camerati."

Ma la ragione di fondo dell'attrazione feticistica verso una bandiera sdrucita è di natura classista. E' significativo che, in un brano riportato più sopra, la Fallaci parlando dei soccorritori delle Twin Towers li chiami "operai", quando invece i pompieri non lo sono affatto. Ma definirli così serve a mettere all'ordine i nostri, di operai, troppo occupati a difendersi dagli assalti di Confindustria:

"Ah! Io mi son tanto commossa a vedere quegli operai che stringendo il pugno e sventolando la bandiera ruggivano Iuessè-Iuessè-Iuessè, senza che nessuno glielo ordinasse. E ho provato una specie di umiliazione. Perché gli operai italiani che sventolano il tricolore e ruggiscono Italia-Italia io non li so immaginare. Nei cortei e nei comizi gli ho visto sventolare tante bandiere rosse. Fiumi, laghi, di bandiere rosse. Ma di bandiere tricolori gliene ho sempre viste sventolar pochine. Anzi nessuna. Mal guidati o tiranneggiati da una sinistra arrogante e devota all'Unione Sovietica, le bandiere tricolori le hanno sempre lasciate agli avversari."

Alla crociata alla crociata!

La Fallaci può permettersi di dire ciò che né i governanti né i direttori di giornali possono affermare per ragioni eminentemente tattiche: per sconfiggere l'Islam hanno bisogno di dividerlo. Ma l'essenza della guerra in atto non ha solo un contenuto di classe cioè la continuazione del dominio economico del Nord sul Sud del mondo, ma anche nazionale, etnico. La guerra contro l'Islam è parte della più generale lotta del Nord contro il Sud del mondo. Una lotta che ha per posta la continuazione dello sfruttamento del Terzo mondo e il mantenimento e l'estensione dei privilegi del Primo. E allora la minaccia incombente di questa massa di diseredati che premono sui confini della Metropoli, prende oggi la forma di una minaccia di invasione che può sommergere noi e tutte le nostre ricchezze.

"Abituati come siete al doppio gioco, accecati come siete dalla miopia, non capite o non volete capire che qui è in atto una guerra di religione. Voluta e dichiarata da una frangia di quella religione, forse, comunque una guerra di religione. Una guerra che essi chiamano Jihad. Guerra Santa. Una guerra che non mira alla conquista del nostro territorio, forse, ma che certamente mira alla conquista delle nostre anime. Alla scomparsa della nostra libertà e della nostra civiltà. All'annientamento del nostro modo di vivere e di morire, del nostro modo di pregare o non pregare, del nostro modo di mangiare e bere e vestirci e divertirci e informarci. Non capite o non volete capire che se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà. E distruggerà il mondo che bene o male siamo riusciti a costruire, a cambiare, a migliorare, a rendere un po' più intelligente cioè meno bigotto o addirittura non bigotto. E con quello distruggerà la nostra cultura, la nostra arte, la nostra scienza, la nostra morale, i nostri valori, i nostri piaceri..."

Il richiamo è antico, tribale, è un tasto che esercita un richiamo fortissimo su tutti i popoli dominatori: la paura di essere invasi, di essere detronizzati, di perdere la propria posizione. Non certo i propri "valori", valori che leggendo il volgare libello della Fallaci, non riusciremmo ad individuare nemmeno col microscopio. Ma le guerre condotte per opprimere altri popoli devono nutrirsi della convinzione della superiorità della propria civiltà (i nazisti parlavano di razza, ma il concetto è lo stesso). Questo era l'atteggiamento di Romani e Greci verso i popoli "barbari", degli spagnoli verso le popolazioni indigene americane, degli inglesi verso indiani e africani, ecc. La superiorità tecnica ed economica di queste nazioni era in effetti indiscutibile, tant'è che hanno vinto. Ma la cosa curiosa è che questi imperi hanno sempre avuto bisogno di affermare, dall'alto di cumuli di cadaveri, anche la propria superiorità "morale".

"Perché vogliamo farlo questo discorso su ciò che tu chiami Contrasto-fra-le-Due-Culture? Bè, se vuoi proprio saperlo, a me dà fastidio perfino parlare di due culture: metterle sullo stesso piano come se fossero due realtà parallele, di uguale peso e di uguale misura. [...] E poi dietro la nostra civiltà c'è il Rinascimento. C'è Leonardo da Vinci, c'è Michelangelo, c'è Raffaello, c'è la musica di Bach e di Mozart e di Beethoven. Su su fino a Rossini e Donizetti e Verdi and Company. Quella musica senza la quale noi non sappiamo vivere e che nella loro cultura o supposta cultura è proibita. Guai se fischi una canzonetta o mugoli il coro del Nabucco. E infine c'è la Scienza, perdio. Una scienza che ha capito parecchie malattie e le cura. Io sono ancora viva, per ora, grazie alla nostra scienza: non quella di Maometto. Una scienza che ha inventato macchine meravigliose. Il treno, l'automobile, l'aereo, le astronavi con cui siamo andati sulla Luna e su Marte e presto andremo chissàddove. Una scienza che ha cambiato la faccia di questo pianeta con l'elettricità, la radio, il telefono, la televisione, [...] Ed ora ecco la fatale domanda: dietro all'altra cultura che c'è? Boh! Cerca cerca, io non ci trovo che Maometto col suo Corano e Averroè coi suoi meriti di studioso."

Il brano che segue stupirà per la totale ignoranza che dimostra: si confonde la Bibbia col Corano, le leggi dei talebani con le prescrizioni del Profeta, la situazione dell'Afghanistan con quella di tutti i Paesi musulmani. Attenzione però: si tratta di una voluta operazione di disinformazione, necessaria alla demonizzazione del nemico. Ciò che propone la Fallaci infatti è una guerra tra popoli, se si riconoscono al popolo che si vuol combattere luci e ombre, buoni e cattivi, cade il castello della guerra etnica, totale, contro tutta una cultura, e dunque tutto un popolo:

"E ora vediamo quali sono i pregi che distinguono questo Corano. Davvero pregi? Dacché i figli di Allah hanno semidistrutto New York, gli esperti dell'Islam non fanno che cantarmi le lodi di Maometto: spiegarmi che il Corano predica la pace e la fratellanza e la giustizia. [...] Ma allora come la mettiamo con la storia dell'Occhio-per-Occhio-Dente-per-Dente? Come la mettiamo con la faccenda del chador anzi del velo che copre il volto delle musulmane, sicché per dare una sbirciata al prossimo quelle infelici devono guardare attraverso una fitta rete posta all'altezza degli occhi? Come la mettiamo con la poligamia e col principio che le donne debbano contare meno dei cammelli, che non debbano andare a scuola, non debbano andare dal dottore, non debbano farsi fotografare eccetera? Come la mettiamo col veto degli alcolici e la pena di morte per chi li beve? Anche questo sta nel Corano. E non mi sembra mica tanto giusto, tanto fraterno, tanto pacifico."

Perché la guerra sia percepita come totale, occorre dunque ideologicamente sbarazzarsi di coloro che tra gli islamici agli occhi di molti in Occidente sono considerati "vittime": i palestinesi. La Fallaci non ha invece bisogno di affrontare l'embargo all'Iraq, perché del fatto che ogni mese questo provochi più morti che il crollo delle Twin Towers, in Occidente non frega nulla a nessuno. Se la piglia così con Arafat, cercando di associarlo al terrorismo e ricordando una sua intervista quando parlandole "berciava e sputacchiava" (lo ripete due volte):

"Illustre Signor Arafat, i martiri sono i passeggeri dei quattro aerei dirottati e trasformati in bombe umane. Tra di loro la bambina di quattro anni che si è disintegrata dentro la seconda torre. Illustre Signor Arafat, i martiri sono gli impiegati che lavoravano nelle due torri e al Pentagono. Illustre Signor Arafat, i martiri sono i pompieri morti per tentar di salvarli. E lo sa chi sono gli eroi? Sono i passeggeri del volo che doveva buttarsi sulla Casa Bianca e che invece si è schiantato in un bosco della Pennsylvania perché loro si son ribellati! Per loro sì che ci vorrebbe il Paradiso, illustre Signor Arafat. Il guaio è che ora fa Lei il capo di Stato ad perpetuum. Fa il monarca. Rende visita al Papa, afferma che il terrorismo non le piace, manda le condoglianze a Bush. E nella sua camaleontica abilità di smentirsi, sarebbe capace di rispondermi che ho ragione."

L'inno alla pulizia etnica

Poi c'è la parte più sconvolgente dello scritto, quello dove la Fallaci chiede la pulizia etnica nei confronti della popolazione immigrata. Si tratta di uno scivolone? Macché. E' la parte centrale dello scritto. E si tratta della logica conseguenza dello spirito di crociata. Infatti: se la guerra è contro l'Islam (tutto, ma proprio tutto l'Islam), allora dobbiamo guardarci proprio da quelli che sono riusciti a "infiltrarsi" tra noi. La logica e la prosa è del tutto simile a quella di Hitler nei confronti degli ebrei. Spesso i più giovani leggendo le cronache dell'indifferenza del popolo tedesco di fronte alla persecuzione degli ebrei si sono domandati: ma come era possibile dire, scrivere e fare quelle cose senza che nessuno reagisse? Ebbene: questa è una replica, con i marocchini al posto degli ebrei. Il pubblico è lo stesso: l'indifferente platea del sazio Occidente. Ecco qui di seguito un ricco campionario, che evitiamo di commentare:

"Malgrado la paura della guerra, in ogni paese d'Europa è stato individuato e arrestato qualche complice di Usama Bin Laden. In Francia, in Germania, in Inghilterra, in Spagna... Ma in Italia dove le moschee di Milano e di Torino e di Roma traboccano di mascalzoni che inneggiano a Usama Bin Laden, di terroristi in attesa di far saltare in aria la Cupola di San Pietro, nessuno. Zero. Nulla. Nessuno. Mi spieghi, signor cavaliere: son così incapaci i Suoi poliziotti e carabinieri? Son così coglioni i Suoi servizi segreti? Son così scemi i Suoi funzionari? E son tutti stinchi di santo, tutti estranei a ciò che è successo e succede, i figli di Allah che ospitiamo?"
"Però la cosa non si risolve, non si esaurisce, con la morte di Usama Bin Laden. Perché gli Usama Bin Laden sono decine di migliaia, ormai, e non stanno soltanto in Afghanistan o negli altri paesi arabi. Stanno dappertutto, e i più agguerriti stanno proprio in Occidente. Nelle nostre città, nelle nostre strade, nelle nostre università, nei gangli della tecnologia. [...] Trattare con loro è impossibile. Ragionarci, impensabile. Trattarli con indulgenza o tolleranza o speranza, un suicidio. E chi crede il contrario è un illuso. Te lo dice una che quel tipo di fanatismo lo ha conosciuto abbastanza bene in Iran, in Pakistan, in Bangladesh, in Arabia Saudita, in Kuwait, in Libia, in Giordania, in Libano, e a casa sua. Cioè in Italia."
"I soli coi quali abbia avuto un rapporto civile restano il povero Alì Bhutto cioè il primo ministro del Pakistan, morto impiccato perché troppo amico dell'Occidente, e il bravissimo re di Giordania: re Hussein. Ma quei due erano musulmani quanto io son cattolica."

(si noti che gli unici due "figli di Allah" decenti, le uniche due eccezioni, per la Fallaci non sono musulmani)


"Io non vado a rizzare tende alla Mecca. Io non vado a cantar Paternostri e Avemarie dinanzi alla tomba di Maometto. Io non vado a fare pipì sui marmi delle loro moschee, non vado a fare la cacca ai piedi dei loro minareti."
"A volte invece di quelle vedevo l'immagine per me simbolica (quindi infuriante) della gran tenda con cui un'estate fa i mussulmani somali sfregiarono e smerdarono e oltraggiarono per tre mesi piazza del Duomo a Firenze. La mia città. Una tenda rizzata per biasimare condannare insultare il governo italiano che li ospitava ma non gli concedeva le carte necessarie a scorrazzare per l'Europa e non gli lasciava portare in Italia le orde dei loro parenti. Mamme, babbi, fratelli, sorelle, zii, zie, cugini, cognate incinte, e magari i parenti dei parenti. Una tenda situata accanto al bel palazzo dell'Arcivescovado sul cui marciapiede tenevano le scarpe o le ciabatte che nei loro paesi allineano fuori dalle moschee. E insieme alle scarpe o le ciabatte, le bottiglie vuote dell'acqua con cui si lavavano i piedi prima della preghiera. Una tenda posta di fronte alla cattedrale con la cupola del Brunelleschi, e a lato del Battistero con le porte d'oro del Ghiberti. Una tenda, infine, arredata come un rozzo appartamentino: sedie, tavolini, chaise-longues, materassi per dormire e per scopare, fornelli per cuocere il cibo e appestare la piazza col fumo e col puzzo. E, grazie alla consueta incoscienza dell'Enel che alle nostre opere d'arte tiene quanto tiene al nostro paesaggio, fornita di luce elettrica. Grazie a un radio-registratore, arricchita dalla vociaccia sguaiata d'un muezzin che puntualmente esortava i fedeli, assordava gli infedeli, e soffocava il suono delle campane. Insieme a tutto ciò, le gialle strisciate di urina che profanavano i marmi del Battistero."

A Firenze si trovano

"Gli altri arrogantissimi ospiti della città: gli albanesi, i sudanesi, i bengalesi, i tunisini, gli algerini, i pakistani, i nigeriani che con tanto fervore contribuiscono al commercio della droga e della prostituzione a quanto pare non proibito dal Corano. Eh, sì: sono tutti dov'erano prima che il mio poliziotto togliesse la tenda. Dentro il piazzale degli Uffizi, ai piedi della Torre di Giotto. Dinanzi alla Loggia dell'Orcagna, intorno alle Logge del Porcellino. Di faccia alla Biblioteca Nazionale, all'entrata dei musei. Sul Ponte Vecchio dove ogni tanto si pigliano a coltellate o a revolverate. Sui Lungarni dove hanno preteso e ottenuto che il Municipio li finanziasse (Sissignori, li finanziasse). Sul sagrato della Chiesa di San Lorenzo dove si ubriacano col vino e la birra e i liquori, razza di ipocriti, e dove dicono oscenità alle donne."
"Guai se un Vigile Urbano gli si avvicina, azzarda: "Signor figlio di Allah, Eccellenza, le dispiacerebbe spostarsi un capellino e lasciar passare la gente?". Se lo mangiano vivo. Lo aggrediscono col coltello. Come minimo, gli insultano la mamma e la progenie. "Razzista, razzista!". E la gente sopporta, rassegnata."
"Succede anche nelle altre città, lo so. A Torino, per esempio. Quella Torino che fece l'Italia e che ormai non sembra nemmeno una città italiana. Sembra Algeri, Dacca, Nairobi, Damasco, Beirut. A Venezia. Quella Venezia dove i piccioni di piazza San Marco sono stati sostituiti dai tappetini con la "merce" e perfino Otello si sentirebbe a disagio. A Genova. Quella Genova dove i meravigliosi palazzi che Rubens ammirava tanto sono stati sequestrati da loro e deperiscono come belle donne stuprate. A Roma. Quella Roma dove il cinismo della politica d'ogni menzogna e d'ogni colore li corteggia nella speranza d'ottenerne il futuro voto, e dove a proteggerli c'è lo stesso Papa."
"Anziché figli-di-Allah in Italia li chiamano "lavoratori stranieri". Oppure "mano-d'opera-di-cui-v'è-bisogno". E sul fatto che alcuni di loro lavorino, non ho alcun dubbio. Gli italiani son diventati talmente signorini. Vanno in vacanza alle Seychelles, vengon a New York per comprare i lenzuoli da Bloomingdale's. Si vergognano a fare gli operai e i contadini, e non puoi più associarli col proletariato. Ma quelli di cui parlo, che lavoratori sono? Che lavoro fanno? In che modo suppliscono al bisogno della mano d'opera che l'ex proletariato italiano non fornisce più? Bivaccando nella città col pretesto della merce-da-vendere? Bighellonando e deturpando i nostri monumenti? Pregando cinque volte al giorno? E poi c'è un'altra cosa che non capisco. Se davvero son tanto poveri, chi glieli dà i soldi per il viaggio sulla nave o sul gommone che li porta in Italia?"
"Chi glieli dà i dieci milioni a testa (come minimo dieci milioni) necessari a comprarsi il biglietto? Non glieli darà mica Usama Bin Laden allo scopo d'avviare una conquista che non è solo una conquista di anime, è anche una conquista di territorio? Bè, anche se non glieli dà, questa faccenda non mi convince. Anche se i nostri ospiti sono assolutamente innocenti, anche se fra loro non c'è nessuno che vuole distruggermi la Torre di Pisa o la Torre di Giotto, nessuno che vuol mettermi il chador, nessuno che vuol bruciarmi sul rogo di una nuova Inquisizione, la loro presenza mi allarma. Mi incute disagio. E sbaglia chi questa faccenda la prende alla leggera o con ottimismo."
"Da noi ci sono venuti di propria iniziativa, coi maledetti gommoni e in barba ai finanzieri che cercavano di rimandarli indietro. Più che d'una emigrazione s'è trattato dunque d'una invasione condotta all'insegna della clandestinità. Una clandestinità che disturba perché non è mite e dolorosa. È arrogante e protetta dal cinismo dei politici che chiudono un occhio e magari tutti e due. Io non dimenticherò mai i comizi con cui l'anno scorso i clandestini riempiron le piazze d'Italia per ottenere i permessi di soggiorno. Quei volti distorti, cattivi. Quei pugni alzati, minacciosi. Quelle voci irose che mi riportavano alla Teheran di Khomeini."

La signora è impazzita? Ma no, si tratta del campionario tipico del perfetto razzista. Come si vede c'è di tutto. Dal grido del borghese contro "gli italiani che non vogliono più fare certi mestieri" (quei mestieri che loro si guardano bene dal far praticare ai propri figli), all'associazione dello straniero con feci, urine, sporcizia, ecc. I volti degli immigrati sono "cattivi", quelli che arrivano in gommone non sono dei disgraziati, ma parte consapevole di un disegno invasore che si trama nell'ombra. Si noterà una certa contraddizione tra la maniera in cui gli USA trattano l'immigrazione (sostanzialmente incoraggiandola, anche se entro certi limiti) e il becerume italico che aveva come suo massimo esponente, prima che la Fallaci aprisse la bocca, Umberto Bossi. Ed è la stessa ragione per cui la destra negli USA prende la forma del neoliberismo spinto di Bush o di Reagan, e qui da noi quella di Bossi, Fini e Berlusconi. Negli USA il capitalismo è sufficientemente forte da imporre i propri interessi su quello della nazione dominante (bianca, anglosassone, protestante), ma in Italia, dove invece il movimento operaio e la sinistra sono più forti, la classe dominante è costretta per reggersi a far ricorso al razzismo ed ai partiti che almeno in parte ne sono espressione.

"Sto dicendoti che noi italiani non siamo nelle condizioni degli americani: mosaico di gruppi etnici e religiosi, guazzabuglio di mille culture, nel medesimo tempo aperti ad ogni invasione e capaci di respingerla. Sto dicendoti che, proprio perché è definita da molti secoli e molto precisa, la nostra identità culturale non può sopportare un'ondata migratoria composta da persone che in un modo o nell'altro vogliono cambiare il nostro sistema di vita. I nostri valori. Sto dicendoti che da noi non c'è posto per i muezzin, per i minareti, per i falsi astemi, per il loro fottuto Medioevo, per il loro fottuto chador."

Fuori le palle!

Dato che quello della Fallaci è un inno alla guerra e alla pulizia etnica, non può mancare anche l'appello ai maschi a "tirare fuori i coglioni". Alla fin dei conti la guerra devono farla loro. Il maschilismo vergognoso non deve stupire per il fatto che viene da una donna (il nome Thatcher vi ricorda qualcosa?), anzi, per la mentalità dominante tra gli uomini, la richiesta di "tirare fuori gli attributi" se viene da una donna si fa ancora più pressante:

"[Rudolph Giuliani] sembrava un generale che partecipa di persona alla battaglia. Un soldato che si lancia all'attacco con la baionetta. "Forza, gente, forzaaa! Tiriamoci su le maniche, sveltiii!" Ma poteva farlo perché quella gente era, è, come lui. Gente senza boria e senza pigrizia, avrebbe detto mio padre, e con le palle."
"Il comunismo è un regime monarchico, una monarchia di vecchio stampo. In quanto tale taglia le palle agli uomini. E quando a un uomo gli tagli le palle non è più un uomo, diceva mio padre."

A lei gli statunitensi piacciono per questo: così rudi, così maschi...:

"Rozzi, maleducati. Lo vedi subito che non hanno mai letto Monsignor della Casa, che non hanno mai avuto nulla a che fare con la raffinatezza e il buon gusto e la sophistication. Nonostante i soldi che sprecano nel vestirsi, ad esempio, son così ineleganti che in paragone la regina d'Inghilterra sembra chic. Però sono riscattati, perdio. E a questo mondo non c'è nulla di più forte, di più potente, della plebe riscattata." Invece con "i figli di Allah la faccenda sarà dura. Molto lunga e molto dura. Ammenoché il resto dell'Occidente non smetta di farsela addosso."
"E se in alcuni paesi le donne sono così stupide da accettare il chador anzi il velo da cui si guarda attraverso una fitta rete posta all'altezza degli occhi, peggio per loro. Se son così scimunite da accettar di non andare a scuola, non andar dal dottore, non farsi fotografare eccetera, peggio per loro. Se son così minchione da sposare uno stronzo che vuole quattro mogli, peggio per loro."

Gli affari sono affari

La Fallaci, da buona figlia di gente coi soldi, infarcisce il suo scritto di deliri egocentrici. Ci fa sapere che ha passato innumerevoli guerre, che nella strage di Mexico City si beccò "un bel po' di pallottole" e "quando credendomi morta mi scaraventarono nell'obitorio, i cadaveri che presto mi ritrovai intorno e addosso mi sembrarono un diluvio."

Immagina che Arafat tra le migliaia di giornalisti che ha incontrato solo di lei abbia un ricordo indelebile:

"Sai, tra me e lui non corre buon sangue. Non mi ha mai perdonato né le roventi differenze di opinione che avemmo durante quell'incontro né il giudizio che su di lui espressi nel mio libro Intervista con la storia. Quanto a me, non gli ho mai perdonato nulla. Incluso il fatto che un giornalista italiano imprudentemente presentatosi a lui come mio amico, si sia ritrovato con una rivoltella puntata contro il cuore."

Sogna di essere stata al centro delle preoccupazione di Khomeini:

"che dopo l'intervista tenne un comizio a Qom per dichiarare che io lo accusavo di tagliare i seni alle donne. Da tale comizio ricavò un video che per mesi venne trasmesso alla televisione di Teheran sicché, quando l'anno successivo tornai a Teheran, venni arrestata appena scesa dall'aereo."

Fallaci, il terrore dell'Islam, tutto da sola:

"potrei parlarti di quel Mujib Rahman che, sempre a Dacca, aveva ordinato ai suoi guerriglieri di eliminarmi in quanto europea pericolosa, e meno male che a rischio della propria vita un colonnello inglese mi salvò."

Si noti il dettaglio che fa tanto romantico-ottocento-coloniale-esotico del colonnello (inglese, of course) che la salva rischiando la pelle. Ci fa sapere più in là che, quando vuole, può telefonare al Ministro degli Esteri e questo se la fila pure. Infine, non lo sapevamo, ma fu la Fallaci - a sentir lei - che risolse la protesta degli immigrati a Firenze:

"Chiamai un simpatico poliziotto che dirige l'ufficio-sicurezza e gli dissi: "Caro poliziotto, io non sono un politico. Quando dico di fare una cosa, la faccio. Inoltre conosco la guerra e di certe cose me ne intendo. Se entro domani non levate la fottuta tenda, io la brucio. Giuro sul mio onore che la brucio, che neanche un reggimento di carabinieri riuscirebbe a impedirmelo, e per questo voglio essere arrestata. Portata in galera con le manette. Così finisco su tutti i giornali". Bè, essendo più intelligente degli altri, nel giro di poche ore lui la levò. Al posto della tenda rimase soltanto un'immensa e disgustosa macchia di sudiciume."

Apprendiamo poi che fu anche la più giovane partigiana della storia d'Italia:

"Per quel tricolore la mia intera famiglia fece la Resistenza e l'ho fatta anch'io. Nelle file di Giustizia e Libertà, col nome di battaglia Emilia. Avevo quattordici anni."

C'è da ridere? No, c'è da essere preoccupati, perché questa signora, che dal suo appartamento di Manhattan (sì, perché non vive in Italia), fa prediche sull'orgoglio patriottico italico è della specie dei Karadzic, degli Sharon, e dei Goebbels.

"E sono molto, molto, molto arrabbiata. Arrabbiata d'una rabbia fredda, lucida, razionale. Una rabbia che elimina ogni distacco, ogni indulgenza. Che mi ordina di rispondergli e anzitutto di sputargli addosso. Io gli sputo addosso."

La Fallaci ha costruito il suo documento sotto la forma dell'invettiva "accorata", "indignata" e "appassionata", tutti aggettivi che traiamo dai suoi ammiratori. Ma l'Occidente è Occidente. Per giorni abbiamo cercato di scaricare l'articolo dal sito del Corriere, ma una scritta ci informava che l'"indignato" pezzo della Fallaci dove straparla dei valori dell'Occidente non era disponibile perché questi erano gli accordi di "copyright"; del resto, continuava l'avviso, la Fallaci sta già pensando ad un libro, che si preannuncia un "nuovo best seller". Poi l'articolo, dato che comunque circolava su internet senza permesso, si sono decisi a metterlo in linea, precisando che era già stato "venduto" in vari Paesi. Gli affari sono affari. La vera, autentica, identità dell'Occidente.

Tratto da REDS, novembre 2001





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